Con il fisco non c’è più partita per i contribuenti

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Sempre più poteri ad Agenzia e Gdf e sempre meno tutele ai cittadini e alle imprese. Così la lotta all’evasione demolisce le Pmi (e i soldi veri fuggono a Londra, soprattutto dopo la Brexit). Questa la strada sulla quale si è incamminato il paese in modo sempre più convinto grazie alla legge di bilancio 2020

Un fisco sempre più occhiuto, onnipresente, ambiguo. È la strada sulla quale si è incamminato il paese in modo sempre più convinto grazie alla legge di Bilancio 2020 che fa della lotta all'evasione il suo emblema e il suo baluardo. A pagarne il costo saranno i contribuenti, in termini di maggiori adempimenti, riduzione degli spazi di libertà economica, azzeramento della privacy, minor potere contrattuale in caso di contestazioni o contenzioso.

Di fatto la legge di Bilancio e il decreto collegato riprendono, in materia fiscale, il documento programmatico del 30 aprile del ministro economia che tracciava le linee guida per la lotta all'evasione per il triennio 2019-2021. Il problema fondamentale per il responsabile dei conti pubblici è quello di invertire la tendenza, che si manifesta da qualche anno, alla riduzione della MIA, la maggiore imposta accertata media. Per fare ciò si è dotata l'amministrazione finanziaria di una serie di strumenti che finiscono per metterla in una posizione di netta superiorità nei confronti del contribuente: non si combatte più ad armi pari, ma al gatto con il topo.

Si è innanzitutto puntato a migliorare la fase di selezione, basandosi soprattutto sui dati della fatturazione elettronica che, secondo le indicazione del garante privacy, avrebbero dovuto essere anonimizzabili su richiesta del contribuente e che invece ora finiranno nelle gigantesche banche dati dell'amministrazione finanziaria e verranno usate integralmente dal fisco (anche i dati non strettamente fiscali). Alla faccia della privacy.

Si introduce poi una sorta di fedina penale del contribuente: sulla base di alcune anomalie che saranno segnalate dalla enorme disponibilità di dati in possesso dell'amministrazione. Per esempio l'esercente perde punti se non sarà disponibile a partecipare alla lotteria fiscale, oppure per un basso rating attribuito dagli indicatori sintetici di affidabilità fiscale (Isa) o se le sue disponibilità finanziarie non sono congruenti con i redditi dichiarati (una sorta di risparmiometro, ora codificato al livello normativo).

Naturalmente, come è consuetudine da diversi anni, la maggior parte dei nuovi adempimenti finalizzati al contrasto all'evasione viene scaricato sulle spalle dei contribuenti, imprenditori e lavoratori autonomi in primo piano: in materia di appalti si introducono adempimenti e responsabilità aggiuntive oltre all'estensione del reverse charge, si introduce una lotteria degli scontrini che avrà come risultato principale quello di allungare le code alle casse, si impone la tracciabilità dei pagamenti che danno luogo a detrazioni, si riduce progressivamente l'uso del contante e così via. Con un effetto sicuro: aumentare la complessità e l'aleatorietà del sistema e ridurne la produttività.

Poi c'è tutto il fronte del penale, con sanzioni inasprite che poi, nella pratica quotidiana, diventano uno strumento per aumentare il potere intimidatorio degli accertatori nei confronti del contribuente, che avrà sempre minori spazi di manovra per gestire la propria posizione.

Paradossalmente, mentre il sistema economico è costretto a subire continui giri di vite in nome della lotta all'evasione, si scopre che le società multinazionali che operano in Italia trasferiscono nei paradisi fiscali 25 miliardi di dollari all'anno, di cui almeno l'80% in paesi dell'Unione europea - con una perdita di gettito per il fisco italiano stimato in 8 miliardi di dollari, il 19% del gettito totale incassato dalle società.

Insomma, chi può scappa dal Belpaese, in tutti i modi, tanto che l'elusione internazionale diventa un'emergenza sempre più grave. Infatti se nel 2010 gli investimenti fantasma all'estero erano il 31% del totale degli investimenti esteri, nel 2017 hanno raggiunto il 38%. Sono anche cambiati i paesi di destinazione, in particolare la quota del Regno Unito è passata dal 3% nel 2009 al 18% nel 2017. E dopo la Brexit è molto probabile che Londra si trasformi in un vero e proprio centro internazionale off shore in grado di attirare altre decine di miliardi di redditi prodotti in Italia. Altro che lotteria degli scontrini e manette agli evasori.

Fonte:https://www.italiaoggi.it/news/con-il-fisco-non-c-e-piu-partita-per-i-contribuenti-2413024


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