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05/08/2014
Qual è la vera storia della Amatriciana? L’amatriciana (in romanesco matriciana a causa dell’aferesi) è un condimento per la pastasciutta, tipico delle osterie e trattorie romane. Gli ingredienti sono: guanciale, pecorino e pommidoro. Prende il nome da Amatrice, una cittadina in provincia di Rieti. Nell’800, nel rione Ponte (zona di piazza Navona area ponte Sant’Angelo), esisteva un vicolo chiamato de’ Matriciani (dopo il 1870 vicolo degli Amatriciani) e una piazza (oggi Piazza Lancellotti) dove i Grici (Sabini) tenevano mercato, vendendo pane, salumi e formaggi dei monti Sibillini; sostavano poi nei pressi di una locanda chiamata L’Amatriciano.
Questo sugo è figlio quindi della gricia (o griscia), piatto di spaghetti o maccheroni conditi con olio, pepe e barbozzo o guanciale, nato in un paese reatino di nome Grisciano. Cosa certa è che l’aggiunta della salsa di pomodoro risale alla fine del diciassettesimo secolo. La prima testimonianza scritta dell’uso del sugo all’amatriciana per condire la pasta la si trova nel manuale di cucina del cuoco romano Francesco Leonardi, che la servì alla corte del Papa. Fu un colpo di alta classe: alla maniera dei matriciani Leonardi impose un piatto popolare a un banchetto al Quirinale in onore di Francesco I Imperatore d’Austria, organizzato da Papa Pio VII nell’aprile del 1816. Romano di nascita, Leonardi aveva lavorato nelle corti in Francia con Richelieu, oltre che in Polonia, Turchia, Germania e Inghilterra, fino ad arrivare, con il ruolo di cuoco, alla corte di Caterina II di Russia. Nel 1790 scrive un’enciclopedia di cucina in 7 volumi, L’Apicio Moderno ossia l’arte di apprestare ogni sorta di vivande.
L’apicio moderno di Francesco Leonardi
Leonardi, che voleva essere illuminista e moderno (nel senso di dare un aspetto scientifico al suo lavoro) rivaleggia con Carême (con cui si scontra nei pranzi durante il Trattato di Vienna) e Alexandre Dumas, stilando un elenco di 3000 ricette con storie e suggerimenti. Fu il primo cuoco a usare stabilmente i pomodori e vanta come propria l’invenzione della classica combinazione napoletana della pasta al pomodoro. Il suo sugo, ottenuto con pomodori privi di semi e fatti sobbollire aggiungendo cipolle, sedano, aglio, basilico, è tutt’oggi immutato. Di certo rese merito all’amatriciana, trasformando un piatto popolano come la gricia in un piatto alla moda. La sua versione prevede i maccaroni, il guanciale di Amatrice, pommidori, cipolla e pecorino. Da allora e sino all’inizio del ’900, la popolarità di questo piatto era indiscussa a Roma, tanto che parecchi osti presero l’appellativo di matriciani per indicarne la professione. È un piatto talmente famoso che nel 2002 persino lo chef Ferran Adrià lo ha incluso nel menu di El Bulli.
Pizza all’amatriciana
L’amatriciana esiste in diverse varianti, dipendenti anche dalla disponibilità di ingredienti: tutto dipende dalla qualità del grasso del guanciale e dai suoi aromi, dalla salatura del pecorino e dai pomodori utilizzati. Tutti concordano sull’uso del guanciale, mentre differiscono le opinioni sul pomodoro, che può essere fresco, in scatola o concentrato. La cipolla non è usata ad Amatrice, ma è presente nella ricette del Leonardi e in tutti i manuali di cucina classici romani. Sebbene nelle ricette più vecchie non venga indicato alcun grasso di cottura, alcuni sono usi aggiungere l’olio di oliva. Tra le opzioni aromatiche figura anche l’aglio soffritto, mentre come formaggio può essere usato sia il pecorino romano, sia quello di Amatrice, proveniente dai monti Sibillini e meno salato. L’uso di pepe o peperoncino è attestato, anche se a rigor di logica si deve considerare che, se si usa la cotica del Barbozzo, non andrebbe aggiunto. È consuetudine condire con l’amatriciana bucatini, spaghetti, vermicelli o rigatoni; esistono comunque fantasiose versioni di pizze, risotti e supplì. L’amatriciana è presente anche nella cucina giudaico-romana, anche se con una variante: non si mette il pecorino, si aggiunge olio di oliva e, al posto del guanciale, si usa la carne secca di manzo.
L’amatriciana secondo angelo troiani
Di ricetta ne ho presa in prestito una a firma di Angelo Troiani de Il Convivio, un’amatriciana spuria. Lo chef consiglia di preparare la salsa espressa, per non perdere le note speziate di guanciale e pomodoro; cipolla e aglio non devono mancare. Per 4 persone le dosi sono le seguenti: 500 g di vermicelli; 150 g di guanciale stagionato e tagliato a strisce; 2 pomodori freschi; 300 g di pomodorini pelati; 50 g di cipolla; 1 spicchio di aglio; aceto balsamico; 100 g di pecorino romano; sale, pepe e peperoncino. Rosolate a fuoco basso una parte di guanciale finché non diventa croccante. Lasciate appassire la cipolla e l’aglio. Dorate il guanciale rimanente e sfumatelo con l’aceto balsamico. Aggiungete quindi i pomodori e aggiustate di sale, pepe e peperoncino; lasciate cuocere per circa 7 minuti a fuoco dolce. Scolate i vermicelli al dente e saltateli in padella con la salsa; completate con il pecorino e il guanciale croccante tenuto da parte. Servite subito.
Ada Boni, al centro
Per amore e simpatia riporto anche la ricetta di Ada Boni da La Cucina Regionale Italiana (1959): per 4 persone servono 400 g di spaghetti, 1 cucchiaio di strutto, 1 cipolla, 100 g di guanciale, 400 g di pomodori, sale pepe e peperoncino quanto basta. La preparazione: “Mettete in una padella lo strutto e una cipolla finemente tritata; portate la padella su fuoco debolissimo e quando la cipolla si sarà leggermente appassita, aggiungete il guanciale ritagliato in piccoli pezzi e fate rosolare qualche minuto. Poi aggiungete i pomodori privati della pelle e dei semi. Condite con un pizzico di sale e di pepe e fate cuocere la salsa per un quarto d’ora. Lessate gli spaghetti in abbondante acqua leggermente salata, scolateli piuttosto al dente e conditeli con la salsa preparata, ultimandoli con il pecorino grattugiato“.
La base dell’amatriciana è il grasso, il bianco rosato del guanciale. Si aggiunge un sapore forte e pungente da dare al condimento: cipolla o aglio, pepe e peperoncino se non sono presenti spezie sul guanciale; serve poi una parte dolce e una acidula, ossia il pomodoro. Come legante si usa il pecorino, che apporta anche il sapido. L’acidulo può essere sfumato da un goccio di vino bianco, mentre il pomodoro fresco accetta una punta di zucchero. Ho un dubbio sulla fondatezza della provenienza originaria di questo piatto da Amatrice: non me ne vogliano i locali ma l’uso del pomodoro è di origine campana e giunge a Roma con la restaurazione, mentre è indiscussa la loro produzione del guanciale. Pertanto, se voleste preparare una buona amatriciana, abbiate la cura di trovare una guancia ben asciutta e ben fatta, con un grasso dalle sfumature rosate; usate tranquillamente pomodori freschi, tagliati a filetti e senza semi. Questo piatto credo sia la volontà del Leonardi di utilizzare al massimo i prodotti locali, in risposta al pranzo del Trattato di Vienna in cui Carême utilizza i maccheroni. Ma questa è solo una mia ipotesi.