Franchising, retail, business
22/09/2014
Conteggia svelta resti e scontrini, Milano ha fretta, la stessa fretta che ha lei di indossare il camice bianco. Chiude i conti, sfreccia a casa, salta su un treno, direzione Varese, facoltà di medicina. Questa è la storia di Carlotta: la dottoressa cassiera.
Un racconto di straordinaria modernità, verrebbe da dire. E lei, in effetti, ammette: «Non ne ho conosciuti molti di colleghi universitari con una vita come la mia. Anzi, se devo essere onesta: nessuno portava avanti la facoltà di medicina e un impegno professionale costante come ho fatto io».
Sì, perché Carlotta, ogni fine settimana, negli ultimi sette anni, è stata lì: alla cassa del supermercato Esselunga di via Solari, prima, di Porta Vittoria, poi, e oggi, a 27 anni, stringe tra le mani la laurea tanto ambita.
«Ho provato i test di ingresso a medicina per ben due volte a Milano, ma la competizione era inaudita: 3mila richieste per 300 posti! Così mi sono spostata a Varese, dove ho avuto più fortuna. Le selezioni, purtroppo, sono un terno al lotto, si pretende che i candidati conoscano cose che studieranno solo nei successivi anni universitari. Meglio il modello francese, a questo punto, per il quale tutti entrano e poi, dopo il primo anno, solo i migliori vanno avanti» – spiega lei, che la migliore lo è stata per davvero, tanto che la sua mamma ne ha elogiato tenacia e determinazione, scrivendo alla rubrica curata da Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della Sera.
La strana girandola del destino ha fatto sì che con l’ingresso all’università, per Carlotta arrivasse anche la promozione a tempo indeterminato nel supermercato in cui lavorava già da un anno e mezzo.] La strana girandola del destino ha fatto sì che con l’ingresso all’università, per Carlotta arrivasse anche la promozione a tempo indeterminato nel supermercato in cui lavorava già da un anno e mezzo.
«L’azienda – giura– ha capito perfettamente i miei bisogni. Mi ha aiutata a crescere, concretamente e non solo a parole, offrendomi la possibilità di lavorare solo il sabato e la domenica e di gestire i turni in maniera flessibile, così da poter portare avanti il doppio impegno. Sono andata finanche in Erasmus a Dublino, città in cui mi piacerebbe tornare, magari dopo l’abilitazione professionale».
E della vita in cassa racconta: «Le etichette sociali esistono ed eliminarle non è cosa semplice. Il supermercato è un punto di osservazione sorprendente sulla società. C’è la signora, stanca e nervosa, che esordisce dicendoti che avresti fatto meglio a studiare, piuttosto che accontentarti di un lavoro in un supermercato. Ma c’è anche chi ti supporta, è un’esperienza che consiglio ai ragazzi e, perché no, anche a tanti professionisti che si sentono in qualche modo arrivati, dimenticando cos’è la vita reale».
Lei, intanto, resta fedele al suo percorso e a quel dualismo che ormai la contraddistingue, in previsione l’esame di stato e poi, chissà. Ma una cosa è certa: «Fino a che non avrò uno stipendio come dottoressa, resterò a battere scontrini. Oggi, un lavoro, non rifiuta!».
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