Franchising, retail, business
23/09/2014
Oltre 500mila occupati in meno dal 2008 al 2012, soprattutto artigiani e operai specializzati. Innovazione e aggiornamento scarsi. Insicurezza massima tra gli addetti ai call center, minima tra lavoratori dell'università, magistrati, ambasciatori e forze dell'ordine. È uno spaccato che dice molto sull'Italia di oggi quello restituito dall'indagine sulle professioni condotta da Istat e Isfol con l'obiettivo di tratteggiare il mercato del lavoro privilegiando il punto di vista dei lavoratori.
Occupazione a picco per artigiani e imprenditori
Il primo dato che balza agli occhi è l'erosione dell'occupazione: nei quattro anni della crisi artigiani e operai hanno perso 555mila occupati. Non sono gli unici, ovviamente: dirigenti e imprenditori sono calati di 449mila (-42,6%), di cui quasi 100mila soltanto nell'ultimo anno. Un annus horribilis per le imprese, il 2012, se - come denuncia il rapporto - gli imprenditori e direttori delle grandi industrie sono diminuiti di 54mila unità, quelli delle piccole di 40mila.
Aumentano i posti non qualificati
A fare da contraltare è il forte aumento nelle professioni non qualificate (cresciute di 358mila unità) e in quelle dedite a commercio e servizi (+372mila). Nel solo 2012 si rileva un miglioramento (+2,1%, pari a 62mila unità) dell'occupazione nelle professioni a elevata specializzazione che invece nel trienno precedente erano scese di quasi 100mila unità. «Si potrebbe trattare di un segnale positivo - notano Istat e Isfol - considerando che all'interno di questo grande gruppo si collocano le figure tradizionalmente ritenute protagoniste nei settori contraddistinti da importanti innovazioni di prodotto e di processo».
Donne, meno lavoro e meno qualificato
L'occupazione femminile ha registrato un calo evidente: -12,5%, in particolare tra le professioni tecniche (-231mila occupate, una diminuzione doppia di quella degli uomini). Ma le donne aumentano più dei maschi soprattutto nelle professioni a bassa qualificazione (+24,9%, il doppio degli uomini) e nei servizi (+14,1%, quattro volte più dei maschi).
Innovazione al palo ma la Pa fa ben sperare
Se progettare e immettere sul mercato nuovi prodotti e sviluppare nuovi metodi e sistemi di produzione sono la cartina di tornasole per la competitività di un Paese, l'Italia della crisi sembra al palo. Sono appena il 26,1% del totale le professioni in cui la maggioranza degli intervistati (il 60%) dice di aver riscontrato un cambiamento nella modalità di svolgimento del lavoro. A sorpresa, i segnali di evoluzione più evidenti arrivano dalla pubblica amministrazione, dove si trovano i profili più dinamici per i quali oltre il 70% degli interpellati ha segnalato una trasformazione: direttori, dirigenti ed equiparati, docenti universitari e dirigenti della magistratura. Ma va sottolineato in generale che il grosso dei cambiamenti segnalati riguarda le norme più che innovazioni di prodotto.