Franchising, retail, business
26/11/2014
Senza. Quando un prodotto è senza qualcosa ci inibisce sempre un po’. Senza grassi, senza zuccheri, senza oli vegetali, senza glutine. Usare il senza è sempre togliere un elemento, per rendere un prodotto più idoneo a una categoria di persone che ha la necessità dell’eliminazione.
Ma quando questo senza lo ritroviamo nella birra, di certo si resta un po’ spiazzati: alla dicitura senza alcol, volenti o nolenti, ci siamo abituati, ma quando troviamo una birra senza glutine, magari artigianale, cosa dobbiamo aspettarci?
Niente paura, ci aspettiamo qualità. Il concorso organizzato da Nonsologlutine – svolto lo scorso 15 Novembre – ci ha infatti dimostrato come senza non sempre vuol dire che manchi qualcosa.
Lo possono affermare, assieme a me, anche Andrea Camaschella, Flavio Boero, Marco Giannasso, Eduardo Villegas, Simone Cantoni, Eugenio Pellicciari e Alessandra Agrestini che hanno formato la giuria intervenuta al concorso, e che del glutine non hanno sentito la mancanza durante le degustazioni; anzi hanno verificato come produzioni di alto valore organolettico e gustativo non dipendono affatto dalla presenza o meno di questa proteina.
Due concorsi, uno mondiale dedicato alle birre già dichiarate in etichetta senza glutine, e uno dedicato esclusivamente alle produzioni italiane inconsapevolmente senza glutine (come dichiarato spesso dal presidente dell’associazione e organizzatore del concorso, nonché collaboratore di Slow Beer, Alfonso Del Forno).
Circa 100 etichette in gara tra i due concorsi, per oltre 50 birrifici che hanno sottoposto le loro birre alle analisi di laboratorio del Conal per la valutazione del glutine e all’analisi qualitativa della giuria.
I risultati hanno sorpreso positivamente tutti: nel concorso mondiale trionfano al primo e terzo posto due nuove produzioni provenienti dall’Oregon del birrificio Omission, una american lager e una pale ale. Secondo posto e menzione per due grandi classici del senza glutine, rispettivamente a Green’s Dark e Schintzer Brau German Hirse Premium.
Nel concorso italiano, la sfida era doppia. Le birre sono state, infatti, sottoposte all’analisi di laboratorio, acquisendo un voto da 0 a 10 in crescendo con il diminuire del glutine (le birre sotto i 20ppm hanno ottenuto il massimo punteggio, quelle oltre i 100ppm una valutazione di 0), e una votazione da 0 a 50 per la correttezza qualitativa e piacevolezza gustativa.
Sul podio, dopo una animata e soprattutto appassionata discussione della giuria, sono giunte tre birre e una menzione d’onore. E se al primo posto si piazza una birra già nota, di un birrificio già noto per le sue produzioni a basso contenuto di glutine, la H del Birrificio Birrone (sotto i 20ppm), al secondo posto sorprende in positivo il posizionamento de L’Equilibrista di Birrificio del Borgo, birra affinata con metodo champenoise (con tanto di remuage sui lieviti), una ibrida con mosto di Sangiovese di ben 11 gradi alcolici, anch’essa sotto i 20ppm di glutine. Terzo posto per la Delia di Birrificio Italiano (basso contenuto di glutine, sotto i 100 ppm), mentre la menzione d’onore è andata alla Bastarda Rossa di Birrificio Amiata, altra produzione di identità tutta italiana con l’uso dell’omonima castagna toscana, anch’essa risultata senza glutine (sotto i 20 ppm).
Se il podio ben esprime l’andamento generale del concorso, c’è da dire che le produzioni in gara, oltre ad essersela giocata sulla buona qualità, si sono rivelate nella maggior parte con un contenuto di glutine inconsapevolmente basso.
Tecniche ed accortezze di produzione, attenzione nelle fase di lavorazione, ma anche e soprattutto la dedizione con cui i birrai italiani producono le loro birre, hanno dato vita a questa nuova tendenza della produzione brassicola nostrana, che, oltre a confermare il valore organolettico, strizzano l’occhio al mondo del senza glutine, permettendo così alla birra artigianale di diventare sempre di più un prodotto accessibile ad un pubblico ancor più vasto.