Franchising, retail, business
17/12/2014
Il mercato europeo del mattone viaggia a due velocità, tra nord che corre lontano dalla crisi e sud ancora impigliato nelle maglie della recessione. Ma oggi ampie differenze emergono anche tra i Paesi del sud Europa, in particolare tra Spagna e Italia.
Non solo. Anche l'Irlanda, fino a non molti mesi fa nel gruppo dei Paesi in crisi, ha cambiato decisamente percorso. Irlanda, Spagna e Italia allora a che punto della ripresa si trovano e quali sono le prospettive per il prossimo anno? Spicca l'attuazione delle riforme messe a punto in Spagna e Irlanda, a differenza dell'Italia, per favorire la ripresa.
Iter che ha portato gli investitori a essere più fiduciosi sulla futura ripresa della domanda in questi Paesi. In particolare in Irlanda e Spagna è stata creata una Bad Bank che è stata capitalizzata da tutti gli Stati europei, Italia compresa.
Nel secondo quarter 2014 in Spagna i volumi degli scambi nel real estate “commercial” hanno sfiorato i due miliardi di euro, in Italia ci si è fermati a meno di un milione e in Portogallo a circa 300 milioni. Irlanda e Spagna si avviano a una chiusura eccezionale quest'anno, superiore al livello record raggiunto nel precedente picco. In un panorama europeo in cui la crescita del mercato real estate continua in maniera sostenuta. Secondo Cbre nel terzo quarter 2014 i volumi hanno raggiunto quota 50,8 miliardi di euro, +35% rispetto alla performance dello stesso periodo di un anno prima. Inutile dire che migliori performer sono state proprio Spagna e Irlanda: i volumi di 3,5 miliardi realizzati in Spagna segnano un aumento 173% sullo stesso periodo di un anno prima, in Irlanda il valore di 1,6 miliardi del terzo quarter è superiore del 240% rispetto al terzo trimestre del 2013. Portogallo, Italia e Olanda hanno visto una corposa crescita ma non agli stessi livelli.
La Spagna si avvia a una chiusura d'anno con 9 miliardi di volumi nel real estate
“Dalla metà del 2013 la Spagna ha fatto uno scatto in avanti rispetto all'Italia grazie ad alcuni fattori che si sono rivelati determinanti –dice Patricio Palomar Murillo, director Cbre a Madrid - . L'incertezza nella nostra economia è andata scemando e la domanda degli investitori è salita molto. Dai 2,4 miliardi di euro di volumi complessivi nel 2012 si è passati ai 4,9 miliardi dell'anno scorso e le stime propendono per una chiusura del 2014 a quota 9,3 miliardi. Raddoppieremo i volumi che a fine 2014 si registreranno in Italia”. Quali i motivi di questo netto e repentino miglioramento? “Una buona politica – dice l'intervistato -. Il governo ha creato nuovi veicoli di investimento, con tasse efficienti. Le Socimi, molto simili ai Reit inglesi e americani, hanno attirato l'interesse di molti investitori e sono state un successo. In Spagna è più facile investire adesso per investitori value added e core plus, oltre agli opportunistici che sono stati i primi ad arrivare. Secondo il consensus l'attesa di canoni in crescita per le locazioni nel settore commerciale (tutto ciò che non è residenziale) vede Madrid seconda solo a Dublino, seguita poi da Londra (London west end) e da Barcellona”. Ed è atteso un grande aumento tra il 2018 e il 2019. “In sostanza la Spagna ha messo in atto una serie di politiche per attrarre capitali – dice Murillo -, dalla Bad Bank (di qualche giorno fa la notizia del deal da 40 miliardi di euro) alle vendite pubbliche, dall'introduzione della Golden visa a una legislazione più semplice”. E i prezzi poi avevano raggiunto il punto di minimo.
Nel segmento uffici la domanda sostenuta (soprattutto per relocation) e i prezzi che hanno toccato il fondo hanno spinto gli investitori ad assumere posizioni aggressive. “Spagna e Irlanda negli anni della crisi immobiliare hanno fermato tutti i cantieri, l'Italia no – dice Murillo -. Per cui da noi la domanda ha messo sotto pressione il mercato”. Anche il retail in Spagna va bene. Sta migliorando l'occupazione e salgono i consumi del 7% sul 2013. Arrivano quindi investitori specializzati come Unibail, Corio, Sonae e il segmento registrerà volumi pari a 3,5 miliardi a fine 2014. Molte le grandi transazioni: Marinedda city per 260 milioni di euro e Islad azul acquistato da TH Real estate (che gestisce 900 milioni di euro nella penisola iberica) per 230 milioni di euro. “Grande differenza con l'Italia è che il nostro governo ha venduto proprietà in sale and leaseback, razionalizzando le spese per rifinanziare il Paese” conclude Murillo. Per esempio il gigante Usa Logicore ha fatto shopping in Spagna prima e adesso guarda l'Italia.
Nel settore residenziale il clima è diverso, la ripresa infatti in Spagna è molto lenta. Si intravede a Madrid e Barcellona, ma per esempio in Andalusia c'è troppa offerta e ci vorranno 10 anni per assorbirla.
Irlanda esempio virtuoso
Ma più della Spagna ha fatto l'Irlanda. E' salito in maniera considerevole il volume degli investimenti immobiliari nel Paese, oggi in aumento del 19% da prima della crisi del 2007. Sono stati, infatti, pari a 3,63 miliardi di euro gli investimenti in termini di transazioni dirette nei 12 mesi finiti al 30 settembre 2014, il doppio di un anno prima secondo una ricerca di Real Capital Analytics. Cifra che peraltro è anche ben superiore ai tre miliardi registrati prima del 2007.
“All'indomani dell'inizio della crisi i valori del mattone nel nostro Paese si sono dimezzati – dice Marie Hunt di Cbre a Dublino -. E sul mercato si sono riversati molti immobili da comprare. Prima del picco il mercato era dominato da investitori domestici, oggi è equamente diviso al 50% internazionali e investitori domestici. Nel Paese gli sviluppi si sono bloccati completamente, e la forte domanda ha fatto pressione sui prezzi portandoli di nuovo a salire. L'anno si chiuderà con volumi di scambio a quota quattro miliardi di euro, in crescita del 70% su un anno prima. Grazie anche alla forte ripresa dell'economia, che ha trainato il mattone. Nel terzo quarter 2014 il Gdp è aumentato del 7,7%. E anche la Bad Bank Nama ha fatto la sua parte”.
L'Italia soffre di troppo immobilismo
E l'Italia? Il volume degli investimenti nei primi nove mesi del 2014 si è attestato a circa 2,7 miliardi di euro, il 7% in meno sullo stesso periodo dello scorso anno. La lentezza nel perfezionare gli investimenti insieme a una carenza di prodotto che riduce la possibilità di acquisire asset di grandi dimensioni ha contribuito al risultato. Recita un report di Cbre. “Oggi il nostro Paese può annunciare una serie di riforme per ritrovare la competitività in un orizzonte temporale di medio termine – dice Paolo Bellacosa, managing director di Cbre in Italia -. La riforma del lavoro finalizzata a una maggiore flessibilità e la riforma istituzionale finalizzata ad avere un'unica camera legiferante ed evitare la sovrapposizione tra governo centrale e quello periferico. Un impatto diretto sul mercato immobiliare arriverà dalla sostanziale equiparazione del regime Siiq italiano a quello europeo, dalla liberalizzazione delle grandi locazioni commerciali e dalla possibilità per le compagnie di assicurazione di finanziare direttamente investimenti immobiliari con strumenti di debito. Penso che questo insieme di elementi possa creare le basi per un mercato più “investor friedly” e quindi aumentare la liquidità del nostro mercato. Sento molte voci che invocano l'arrivo dei capitali di lungo periodo e core, ma il nostro mercato presenta ancora caratteristiche opportunistiche basta vedere la situazione macroeconomica e lo stock immobiliare che per la stragrande maggioranza presenta caratteristiche value add”.
Fonte:http://www.casa24.ilsole24ore.com/art/mercato-immobiliare/2014-12-17/irlanda-spagna-fuori-crisi-104216.php?uuid=AbX1XinK