Franchising, retail, business
30/01/2015
C’era una volta l’Italia che consumava e lasciava che altri pelassero le patate. Non parlo dei tempi della “Milano da bere” degli anni a cavallo tra l’80 e il ’90 del secolo scorso. Parlo dell’oggi, che è come dire di quando è cominciata questa dannata crisi scoppiata con una grande truffa, che nessuno ha minimamente intravisto o sospettato per tempo. E che da noi continua a pesare sul Paese tutto, con i negozi che chiudono, le imprese che non assumono, i giovani senza lavoro, gli italiani che hanno sempre più difficoltà ad arrivare a fine mese.
Siamo al settimo anni di crisi, un tempo biblico, con le statistiche istituzionali di questi ultimi giorni che cercano di alleviarci il morale annunciando “timidi segnali” di ripresa all’orizzonte. Sarà. Tutti vorrebbero che lo fosse. Lo scopriremo insieme giorno dopo giorno.
Intanto, bisogna prendere atto che la domanda degli italiani a tavola, ancorché contratta, è cambiata. E di molto, come lasciano intuire i risultati di una indagine relativa alla spesa delle famiglie per l’acquisto di ortaggi della “quarta gamma“, ovvero quei prodotti “già pronti” al consumo come spinaci, carote, cicorie, broccoletti e molti altri ancora, la cui domanda nei primi nove mesi del 2014 è crollata del 21 per cento.
Sono numeri impressionanti che hanno spinto gli analisti di Coldiretti, autori di una ricerca su dati Ismea, a parlare di “netta inversione di tendenza” della domanda, in un settore la cui offerta ha avuto una forte accelerazione a partire da inizio millennio. Da quando, cioè, anche gli italiani hanno “scoperto” prima sugli scaffali delle catene della moderna distribuzione, poi via via anche di altri negozi di alimentari e punti ristoro i cosiddetti “ready to cook”, ovvero i prodotti puliti, porzionati, imbustati e pronti al consumo.
Una proposta di spesa che solo nella Penisola movimenta nell’arco di un anno una quantità incredibile di vegetali freschi – tra 90 e 100 milioni di chili -, generando un giro d’affari stimato in oltre 700 milioni di euro. Nessuno però aveva fatto il conto con la crisi e gli effetti nefasti che essa comporta. Una crisi che colpisce tutti, comprese le tasche delle famiglie più abbienti che, in ultima analisi, sono state quelle che da subito si sono rese più disponibili ad acquistare le confezioni di insalate e altre verdure già pulite e imbustate, ovvero la frutta sbucciata in vaschette, gli snack mangia e risparmia tempo.
Prodotti, cioè, a maggior contenuto di servizio e, quindi, necessariamente venduti a un prezzo più caro rispetto ai cibi non preparati. Cosa che evidentemente non tutti possono più permettersi, stante la maggiore attenzione al risparmio e, di conseguenza, ai valori riportati in etichetta. Che saranno pure relativi agli ingredienti e alla loro qualità, ma che in tempi di crisi vengono dopo il prezzo. Una variabile che in fatto di spesa ha riportato il consumatore medio a più miti consigli, rivalutando l’acquisto di prodotti “da” pulire e “da” preparare. Patate da pelare, appunto.
Fonte:http://nicoladantebasile.blog.ilsole24ore.com/2015/01/18/si-torna-a-pelare-patate-la-crisi-affonda-la-domanda-di-ortaggi-pronti-21-nel-2014/