Franchising, retail, business
02/02/2015
“Shake Shack” si quota in borsa e viene valutato 1,6 miliardi di dollari: dieci anni fa era un baracchino a New York - In Italia l’hamburger (che costa come un piatto di filetto) va alla grande. Mentre ci siamo già stufati della pasticceria fighetta (cupcake e macaron) e dell’ubiquo tortino caldo di cioccolato...
1. SHAKE SHACK, IL PANINO GOURMET?OSCURA BIG MAC E SBANCA WALL STREET
Francesco Semprini per “La Stampa”
Dopo aver conquistato il palato, fa breccia nei mercati finanziari. Shake Shack, la catena Usa di “boutique burger”, sbarca in Borsa e mette a segno, nella prima seduta di scambi, un rialzo del 119% che fa volare il titolo a quota 45,90 dollari. Oltre 16 milioni di azioni passate di mano in una sessione, e una capitalizzazione di mercato a fine contrattazioni salita a più di 1,6 miliardi di dollari. ??
È la legittimazione di Wall Street a quello che viene definito “un sogno americano”, quello di un carrettino di panini comparso la prima volta nel 2001 a Madison Square Park, nel cuore di New York, e divenuto una catena con 63 ristoranti in otto città Usa, in Medio Oriente, Turchia e Gran Bretagna.
Ma soprattutto un nuovo modo di fare e mangiare gli hamburger, un fast-casual (ma nemmeno troppo fast, come tiene a precisare il Ceo, Randy Berutti) capace di sfidare giganti come McDonald’s (già in difficoltà come dimostra il cambio di Ceo). ?Basti pensare che nelle 39 settimane terminate il 24 settembre i ricavi di Shake Shack sono cresciuti del 41% a 83,8 milioni di dollari, con un rialzo del 20% dei profitti a 3,5 milioni, e 20 nuove boutique burger aperte.
Apparentemente una lotta tra Davide e Golia, se si pensa che McDonald’s in un giorno incassa quanto ricavato da Shake Shack in un anno. Il punto però è che in termini di valore un ristorante Shak (questo il ticker sul Nyse) vale 26 milioni di dollari a fronte dei 2,5 milioni per ognuno dei 36.258 punti vendita McDonalds. Un sogno americano quindi nato dal genio di un visionario della ristorazione come Danny Mayer, Ceo del colosso Union Square Hospitality.?
Una storia la sua che passa per l’Italia, a Roma in particolare, prima come guida turistica con il padre e poi come studente di politica internazionale. E’ li che impara il gusto e lo applica in tutte le sue creazioni, come i “boutique burger”, di cui è l’ideatore e proprietario: venerdì pomeriggio la sua quota di maggioranza del 21% valeva da sola oltre 340 milioni.
Tra le caratteristiche vincenti ci sono la qualità della carne, il rispetto per gli allevamenti e il raffinato casual style nell’accoglienza. ?I prezzi? Uno Shack Burger costa 5,19 dollari, a fronte dei 4,69 di un Deluxe Quarter Pounder di McDonalds, anche se la convenienza di quest’ultimo è nelle offerte dei “Menu”. Da Shake Shack è possibile tuttavia gustare anche birra e vino. Insomma un nuovo modo di fare hamburger.
2. HAMBURGER ALLE STELLE E MACARON IN CADUTA ECCO IL BORSINO DEL GUSTO
Andrea Cuomo per “il Giornale”
L'hamburger non si vende più, e McDonald's licenzia l'amministratore delegato. La notizia è allo stesso tempo vera e falsa. Perché effettivamente il colosso mondiale dei panini ha nei giorni scorsi cambiato i vertici per cercare di invertire il trend che vede da due anni un calo delle vendite nei fast food con la grande M gialla negli Usa (gli utili netti nell'ultimo anno sono scesi del 15 per cento).
Ma il fatto è che l'hamburger non è affatto in crisi. Anzi, non ha mai goduto di tanta salute. Dovunque nel mondo tira ed è finito anche nelle carte di ristoranti stellati. Come Trussardi alla Scala o Pisacco di Milano, dove lo chef Andrea Berton già da qualche anno propone con successo un hamburger a un prezzo almeno 10 volte superiore a quello di «Mac». La differenza sta nella qualità degli ingredienti, naturalmente. In Italia se n'è accorta la stessa McDonald's, che propone in certi periodi dell'anno hamburger con carne Chianina e Marchigiana. Panini top che vanno a ruba.
Il cibo è come l'haute couture. Ha le sue tendenze che durano spesso una stagione e che a volte si legano a mode più ampie: l'invasivo lifestyle hipster, ad esempio, si è accompagnato oltre alle barbe supercurate e ai risvolti ai pantaloni a una grande attenzione al bio, ai germogli, al vegano, ai semi.
Nel borsino di Piazza Affami, ci sono titoli in grande rialzo. Rischia di essere sospesa per eccesso di rialzo, ad esempio, la Cacio&Pepe. Primo di origine romana, pasta lunga (ideali i tonnarelli) condita con pecorino romano e pepe. Semplice e difficile al contempo. Al punto da diventare terreno di disfida per grandi chef. Che quasi mai rinunciano a infilarne in carta una versione ortodossa o riveduta. E sempre più spesso nell'alta cucina sbarca anche il Baccalà, un tempo considerato ingrediente vernacolare e oggi apprezzato per la sua duttilità.
Altro cibo che sta conquistando l'Italia è il Fish&Chips, il fritto all'inglese di pesce e patate che però, sottratto all'ambientazione british, e senza la carta di giornale ad avvolgerlo, perde fascino. Le grandi città si stanno poi riempiendo di locali che propongono le Patatine fritte secondo il modo belga: quindi al cartoccio, grosse e irregolari, e accompagnate da una vasta scelta di salse.
Gli analisti consigliano anche di acquistare azioni del Pollo al forno (meglio se ruspante), che sta tornando di moda anche grazie al flexitarianesimo, un approccio non talebano al vegetarianesimo che suggerisce una riduzione (e non l'abolizione) della carne nella dieta e la sostituzione di quelle bianche a quelle rosse. E già che parliamo di carne, polpette e polpettone da cibi della nonna sono oggi à-la-page, con locali dedicati come AllBiOne a Roma e The Meatball Family (di Diego Abatantuono) a Milano.
Il segno stabile è invece applicato su cibi sbarcati nei nostri piatti anni fa e la cui moda si è dimostrata tutt'altro che passeggera: il Sushi, ormai diventato familiare come l'amatriciana o la cassoeula, al punto che a Milano c'è un ristorante giapponese, Iyo, che da quest'anno vanta una stella Michelin. E il Lievito madre, ormai un totem senza il quale non si concepisce più arte bianca di qualità. E dalla morente cultura hipster resterà probabilmente la passione per la Quinoa, una sanissima e versatile pianta erbacea da molti scambiato per cereale.
Naturalmente le mode, anche a tavola, arrivano e passano senza salutare. Quindi esiste anche una Spoon River delle gastrotendenze declinanti. Come il Petto d'anatra (ma anche il Piccione) che anni fa era inesorabile nei menu che contavano e oggi ha lasciato il posto a piatti meno impegnativi. E poi i dolci di design, che per anni hanno costituito la via femminile al dessert: i frivoli Cupcake, gli estetizzanti Macaron. E che il dio della tavola ci salvi dal ritorno dei Tortino caldo di cioccolato: ne abbiamo fatto indigestione nella sua epoca d'oro.
Fonte:http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/forza-polpetta-mcdonald-crisi-ma-hamburger-gourmet-ovunque-93683.htm