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06/02/2015
Quanto cacao ci deve essere in un prodotto per essere definito cioccolato? Quali sono le caratteristiche Master_of_Food-_Cioccolato_teaser_grandeche contraddistinguono le varie tipologie? Scopriamolo con il Master of Food Cioccolato. La prossima lezione sarà a Torino presso il Miele Center, mercoledì 11 febbraio alle 19.30 per scoprire e imparare l’eccellenza della lavorazione del cioccolato. Più informazioni su questa serata le trovate qui.
Se invece siete interessati ad altre tipologie di Master of Food stanno partendo alcuni corsi su birra e vino:
Emilia Romagna
Master of Food Vino Secondo Modulo, 11-18-25 febbraio 4 marzo 2015
Ristorante Cà Pina, Via Traversetolo,200 Loc. Botteghino-Parma
Lombardia
Master Of Food Birra Secondo Modulo Belgio, 23 febbraio 2-9 marzo 2015
Presso Birreria Dupub in Via Brescia,104 a Crema (in provincia di Cremona)
Veneto
Master of Food Birra Secondo modulo Belgio, 19-26 febbraio 5 marzo 2015
San Vito di Altivole, presso il pub Il Principe in Bicicletta (Treviso)
E ora scopriamo insieme come si distinguono tutte le categorie di cioccolato:
Per esser definito tale, il cioccolato deve contenere almeno il 35% di sostanza secca derivante dal cacao. La percentuale che si trova scritta su ogni confezione di cioccolato si riferisce proprio al contenuto di sostanza derivante dal cacao (che può essere massa di cacao e burro di cacao). Questo quanto stabilito a partire dalla Direttiva Cee 2000/36 in vigore dal 3 agosto 2003.
Il cioccolato fondente, così chiamato in Italia per la sua capacità di “fondere” in bocca, è detto anche cioccolato amaro (dark chocolate per gli anglosassoni). È prodotto con massa (liquore) di cacao, burro di cacao e zucchero cui si aggiungono, di solito, lecitina di soia e vaniglia (si impiegano baccelli di vaniglia o l’aroma di sintesi, la vanillina). Per potersi chiamare extra deve contenere almeno il 43% di sostanza secca derivante dal cacao, di cui almeno il 26% di burro di cacao. Oggi sono molto diffusi i cioccolati fondenti con percentuali di cacao elevate, superiori al 65%. In generale un fondente con il 70% di cacao è ritenuto da molti il “vero cioccolato”. Molto in voga ultimamente è il fondente con inclusa la granella di cacao (nibs).
Il cioccolato al latte per lunghi anni è stato il preferito dagli italiani: più dolce del fondente, dalla consistenza più soffice e più “burroso”. Insomma, un prodotto da golosi. Oggi perde terreno rispetto al fondente, perché il cioccolato è diventato un soggetto nobile della gastronomia. Quello al latte rimane comunque il cioccolato più venduto nel mondo. In base alle normative, un cioccolato al latte deve contenere almeno il 25% di sostanza secca proveniente dal cacao (30% per l’extra) e almeno il 14% di sostanze derivanti dal latte. Si può utilizzare latte in polvere sia intero sia scremato.
Il cioccolato bianco, da sempre prodotto collocato nella fascia di largo consumo, fa della dolcezza e della burrosità il suo elemento caratterizzante. È l’unico cioccolato non amaro, quindi di solito molto gradito dai bambini, in quanto non utilizza la massa di cacao. In questo prodotto sono presenti solo burro di cacao (minimo 20%), latte (minimo 14%), zucchero e vaniglia.
Il gianduia è il più significativo contributo italiano alla storia del cioccolato. Fu un grande successo perché la nocciola dona, grazie al suo olio, pastosità e pienezza al prodotto e il suo aroma si combina a meraviglia con quello del cacao. I cioccolatini gianduiotti sono diventati così un simbolo della scuola torinese. Il cioccolato gianduia deve contenere almeno il 32% di sostanza secca del cacao e dal 20 al 40% di nocciole.
Esiste poi il cioccolato aromatizzato o abbinato con altri ingredienti. L’aromatizzazione più frequente è con le spezie e non fa altro che riprendere tradizioni molto antiche. Già i Maya mettevano vaniglia, peperoncino o fiori nel loro cioccolato, mentre nell’Europa della medicina galenica, che considerava il cioccolato un farmaco, si abbinavano spezie con effetti complementari per la salute. La spezia principe, da sempre usata nel cioccolato solido, è la vaniglia, tanto che la sua presenza è considerata normale dai consumatori e non una vera e propria aromatizzazione. La vaniglia vera, cioè i baccelli della spezia, dà al cioccolato un aroma più ricco di sfumature, mentre la vaniglia sintetica risulta monocorde, artificiale e invadente.
Tra le altre spezie, le più usate sono la cannella e, recentemente, il peperoncino; poi il pepe, il cardamomo, il pepe della Giamaica e chi più ne ha più ne metta! Tra i fiori i più utilizzati ricordiamo il gelsomino, i fiori d’arancio e la rosa. Un classico anglosassone è il cioccolato alla menta. Non vanno poi dimenticati gli evergreen: cioccolato e caffè, due prodotti simili che forse rappresentano l’abbinamento principe; cioccolato e scorze di agrumi candite, arancia in particolare, due prodotti molto diversi ma che si combinano molto bene.
I cioccolatini o praline si caratterizzano per l’involucro esterno in cioccolato e l’interno ripieno; in questo caso la varietà di proposte è enorme. A norma di legge una pralina deve contenere almeno il 25% di cioccolato. Nei ripieni si varia dai più tradizionali, basati su noci, nocciole o mandorle, alle ganache (ripieno basato su panna) aromatizzate in vario modo, fino alle più recenti e “osé” praline al sale, con spezie insolite come lo zafferano, alle erbe aromatiche o all’olio extravergine di oliva, create da maestri cioccolatieri con il gusto della sperimentazione e della trasgressione.
Tratto da Dispense Master of Food, Una tira l’altra, Cioccolato, il compendio generale
Curatore
del compendio e degli appunti
Mirco Marconi
Coordinamento editoriale
Stefania Durante, Simone Saccardi
Editing
Grazia Novellini
progetto grafico
Alessandra Leonardi
Slow Food® Editore srl © 2012
Fonte:http://www.slowfood.it/lezione-con-master-food-le-tipologie-di-cioccolato/