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01/03/2015
Stefano Fugazzi (ABC Economics) - La Federal Reserve sta gettando le basi per il primo aumento dei tassi d’interesse dal 2006. I mercati si aspettano che, nel caso in cui l’inflazione risalga al 2% (il target della banca centrale statunitense), il presidente della Fed Janet Yellen porti i tassi al di sopra del livello attuale di 0,00-0,25% già nel corso del secondo trimestre di quest’anno.
Stanley Fischer, il numero due della Fed, ha lasciato intendere come sia “molto probabile” che la banca centrale ritocchi i tassi già quest’anno. “Dati alla mano” – spiega il braccio destro della Yellen – “l’economia americana ha ormai raggiunto la piena occupazione mentre tra un paio di mesi, smaltito l’effetto del calo delle quotazioni del petrolio, l’inflazione riprenderà la propria corsa.” “Quindi” – conclude Fischer – “è quasi giunto il momento di agire sui tassi”.
Tutti d’accordo? Non proprio. Diversi addetti ai lavori, tra cui il premio Nobel Paul Krugman, ritengono rischioso un prematuro aumento dei tassi d’interesse. “Quando si ha la consapevolezza della criticità del momento, quando si è costretti a dire che l’economia mondiale è piuttosto debole e non si vede un aumento dell’inflazione all’orizzonte, un ritocco all’insù dei tassi implica enormi rischi”, ha detto Krugman a margine di un recente convegno a Dubai. “L’aumento dei tassi” – spiega il premio Nobel – “è certamente una possibilità reale, che magari si valuterà più avanti”.
Obiettivi ed eventi osservati
L’analisi riportata di seguito ha come obiettivo quello di valutare la reazione dei mercati finanziari all’annuncio, da parte della Fed, dell’aumento dei tassi d’interesse statunitensi.
Allo scopo, abbiamo preso in esame un totale di 24 eventi dal 1 febbraio 1995 al 29 giugno 2006 (Tabella 1), misurando come gli indici Standard & Poor 500 (S&P 500), NASDAQ 100, NASDAQ BANK, NASDAQ INSURANCE, oltre al cross valutario GBP/USD, abbiano reagito all’incremento dei tassi.
Principali conclusioni
Con riferimento al periodo 1995-2006, in media il NASDAQ 100 ha reagito più positivamente rispetto al S&P 500 e agli indici settoriali del NASDAQ.
Osserviamo come l’aumento dei tassi d’interesse abbia generato variazioni positive più contenute negli anni successivi allo scoppio della bolla dotcom (secondo trimestre 2000).
In media, tra il febbraio 1995 e il marzo 2000 il NASDAQ 100 ha generato un ritorno del +3,35% nell’arco dei due giorni successivi all’annuncio della Fed. Non significativa (con apprezzamento giornaliero dello 0,02%) oppure addirittura negativa (-0,22% nell’arco temporale di due giorni) la performance media del NASDAQ a partire dal 2004.
Discorso analogo per quanto riguarda tutti gli altri indici presi in esame (si faccia riferimento alla tabella riportata di seguito).
Con riferimento al cross valutario GBP/USD, una variazione positiva del tasso d’interesse generalmente determina l’apprezzamento della sterlina britannica contro il dollaro, con un incremento medio dello 0,18% nell’arco dei due giorni (+0,26% pre-dotcom e +0,14% post-dotcom).
La nostra previsione 2015
ABC Economics concorda con la presa di posizione di Paul Krugman secondo cui sia prematuro agire sui tassi d’interesse anche qualora l’inflazione raggiungesse il target Fed del 2%. Dovesse, tuttavia, Janet Yellen annunciare un aumento di 25 punti base già nell’arco del secondo trimestre di quest’anno, ABC Economics si aspetta una reazione nulla o persino negativa da parte dei mercati finanziari.
Fonte:http://abceconomics.com/2015/03/02/fed-interest-rates/