Franchising, retail, business



 

Insegne italiane verso l’estero

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28/03/2015
Internazionalizzarsi può essere una strategia efficace in tempi di crisi, ma per varcare i confini occorre tenere presente che «made in Italy, buon rapporto qualità prezzo e formula testata del business sono fondamentali», dice Confimprese, l’Associazione delle imprese del commercio moderno - franchising, gdo e reti dirette.

Sono diverse, infatti, le insegne del mondo del retail italiano che pianificano l’espansione, soprattutto con la formula del franchising, fuori dai confini nazionali dove il made in italy è molto apprezzato. Nel 2015 saranno circa 300 le aperture di nuovi punti vendita all’estero.
Sbocchi interessanti sono, tra gli altri, la Cina e gli Stati Uniti, ma anche, restando più vicini, l’Inghilterra, soprattutto Londra.
L’abbigliamento è uno dei settori più attivi: tra i brand che si stanno sviluppando oltreconfine ci sono per esempio Yamamay, Carpisa, Original Marines, Primadonna e Camomilla Italia. Anche la ristorazione si sta muovendo in questa direzione, come dimostrano Cigierre, La Piadineria, Cremonini, Rossopomodoro e Illy.
«Sicuramente la politica di rischio condiviso offerta dalla formula franchising rappresenta un’ottima opportunità anche per le aziende di dimensioni più piccole, quelle che, per intendersi, hanno in Italia anche solo una ventina di punti vendita», osserva Mario Resca, presidente di Confimprese. «Consolidamento del business in Italia, formula testata, prodotto made in Italy e buon rapporto qualità-prezzo sono le basi per azzardare lo sbarco sui mercati esteri».
Oltre il 30% delle insegne associate a Confimprese ha infatti sviluppato «strategie di internazionalizzazione in paesi come Arabia Saudita, Corea del Nord, Russia e Cina. Anche gli Stati Uniti sono un ottimo mercato di sbocco per i nostri franchisor, che potrebbero sfruttare le condizioni economiche favorevoli offerte dal mercato statunitense: i costi di trasporto in dogana sono inferiori del 10-15%, quelli degli stipendi inferiori del 10-15% rispetto all’Italia», aggiunge Resca. «Si tratta di fattori incentivanti per le imprese, che possono esportare il made in italy in categorie in espansione negli Usa quali la cura della casa, l’istruzione per giovani, le attività ricreative, l’oggettistica per la casa. Non dimentichiamoci che negli Stati Uniti c’è un negozio in franchising ogni 389 abitanti, in Italia ne abbiamo uno ogni 1.125 abitanti».
Nel mondo dell’abbigliamento un’azienda che sta puntando sull’estero è per esempio Pianoforte Holding, che fa capo all’imprenditore napoletano Gianluigi Cimmino, che con il marchio Yamamay aprirà 53 negozi tra Russia, Arabia Saudita e Messico; per l’altra insegna del gruppo, Carpisa, sono previsti 57 punti vendita in Francia, Russia e Croazia.
Anche Original Marines sta aumentando la propria presenza fuori dall’Italia, così come il marchio partenopeo Piazza Italia e Miniconf, fondata dall’imprenditore toscano Giovanni Basagni, che si sta focalizzando sulla Cina. Altri brand che hanno scelto la via dell’internazionalizzazione sono Primadonna, Camomilla Italia e Nau!.
Per quanto riguarda invece la ristorazione, c’è Cigierre, la catena di Udine che ha sviluppato Old Wild West, Arabian Kebab e Cantina Mariachi, che aprirà 25 nuovi ristoranti all’estero. Altri esempi sono La Piadineria in Romania e Cremonini, che ha avviato due ristoranti a Shanghai nella stazione dell’alta velocità, e Yogorino (gelaterie e yogurterie) con 53 aperture quest’anno.
Un’altra impresa che si sta espandendo da questo punto di vista è Rossopomodoro, che aggiungerà ai 20 ristoranti già attivi all’estero altri sei, di cui tre nel Regno Unito, un mercato caratterizzato da una popolazione di 63 milioni di abitanti, un livello di reddito procapite tra i più alti d’Europa, e da una fiducia dei consumatori in forte crescita.
«In Inghilterra siamo già presenti con nove ristoranti, quasi tutti a Londra. Il costo del personale è inferiore rispetto all’Italia e c’è un incasso maggiore perché le persone consumano a tutte le ore», sottolinea Franco Manna, presidente del Gruppo Sebeto Rossopomodoro.
Anche Illy sta puntando sul Regno Unito. «Stiamo portando in questo paese il nostro format Espressamente illy», racconta Roberto Di Martino, direttore sviluppo b2c Emea di Illycaffè, «che riunisce la caffetteria, un mercato molto concentrato in Inghilterra ma con una crescita interessante del 5%, la ristorazione veloce, un ambito in cui la concorrenza è altissima, e poi una parte di retail, in cui stiamo cercando di contrastare Nespresso».
Nel ranking europeo «Londra è la top location per i retailer internazionali», osserva Resca. «Alla base del successo della capitale inglese c’è un cocktail di ingredienti: dimensione e maturità del mercato, numero di consumatori, trasparenza, contesto fiscale favorevole, tanto che le previsioni per i prossimi tre anni, 2015-2018, non lasciano spazio a dubbi: +34% di incremento delle vendite di prodotti mainstream e premium, +32% del lusso».

Fonte:http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201503272128309352&chkAgenzie=ITALIAOGGI

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