Franchising, retail, business
10/06/2015
Di mestiere vendo vino, questo dice Luca Cuzziol presentandosi, e già intuisco come andrà a finire questo martedì 26 maggio in Banca del Vino durante un incontro del Master in cultura del Vino Italiano (clicca qui per saperne di più).
Classe 1966, Luca è l’amministratore delegato di Cuzziol GrandiVini, società che vede la partecipazione di Bruno Paillard, insieme con Luciano Benetton. Mi torna alla mente un articolo letto qualche anno fa sul Fatto Quotidiano nel quale Mario De Maglie spiega che la parola “mestiere”, dal latino “ministerium”, rimanda all’idea di apprendimento. Scrive: «Più ci si esercita più si migliora e nasce una professionalità».
Di apprendimento, o meglio di formazione, parla con insistenza Luca agli studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, a più riprese, tracciando le priorità della sua nuova società. Una formazione che coinvolge innanzitutto i venditori, perché sviluppino una significativa consapevolezza del vino che propongono ai clienti, aiutandoli in questo modo a comporre con coerenza la propria carta dei vini.
Nel 1991, quando inizia a lavorare per l’azienda di famiglia, una società che distribuiva bevande nella provincia di Treviso, Luca ha venticinque anni. Allora – racconta – chi acquistava vino per il canale Horeca aveva più di quarant’anni e una preparazione superficiale; oggi chi compra i grandi vini ha tendenzialmente tra i venti e i venticinque anni e una spiccata professionalità. Il mercato è molto cambiato e con lui la figura del distributore. La forza di Luca è stata quella di intuire il “momentum”.
La svolta nella storia di Luca arriva proprio quando annusa il cambiamento che di lì a poco segnerà il mondo del vino e decide, insieme con la famiglia, di rilevare il magazzino di un’enoteca. Questa scelta, dopo un lungo percorso di “affinamento” del mestiere, lo porterà nel 2005 ad aprire una società di distribuzione nazionale di “vini fini”. Precisa: il vino d’altronde richiede tempi lunghi anche in ambito distributivo.
Qual è dunque il ruolo del distributore oggi? Per la filosofia-Cuzziol bisogna partire dall’analisi della filiera del vino per trovare la risposta a questa domanda: produzione, vendita, acquisto sono i tre momenti che la contraddistinguono. Il distributore dei tempi moderni s’inserisce tra la fase di produzione e le due che seguono. Suo compito è costruire un brand e sostenerlo lavorando, in termini di marketing, per ottenere il giusto valore di mercato di una bottiglia, valorizzandola in termini di storia e prodotto. Senza dimenticare mai quello che per Luca Cuzziol sta alla base di tutto: il vino è prima di tutto un prodotto frutto del lavoro dell’uomo e contemporaneamente lo specchio di un territorio. Proprio l’esser preparati su territori nazionali e internazionali, su denominazioni e vitigni fa’ la differenza. Poi certamente ci sono i trucchi del mestiere.
Luca non è uno di quelli che ha dovuto sedersi a un tavolo per costruire una mission, perché la sua è una visione autentica, di un mondo del vino paritetico, riformista, per nulla borghese. E forse nella produzione è così, mentre rimango un po’ scettica riguardo al fatto che queste categorie possano essere applicate anche al consumo.
Potrei scrivere ancora di mestiere e tecnica ma preferisco dedicare le ultime righe al regalo prezioso che Luca ha fatto agli studenti del Master proponendo una degustazione alla cieca di grandi capolavori in bottiglia.
Degli otto vini che ha proposto, tutti intimamente legati al suo percorso professionale e personale, cito in primis il Valdobbiadene Brut Rive di Soglio 2014, di BiancaVigna, prosecco diverso, alternativo, cremoso e di poco zucchero (4gr.), scommessa di una vigna del ’53 che la moglie di Luca ha probabilmente già vinto. Lo Champagne Blanc de Blancs Brut 1996 di Bruno Paillard (dégorgement nel gennaio 2009 e servito in magnum) è suadente come una canzone dei Cure. Ha una nota di miele persistente, al naso quanto in bocca, il Mambourg Grand Cru 2010, Domaine Marcel Deiss: la grandezza di questa bottiglia sta nella mescolanza: Deiss alleva nella stessa vigna diversi vitigni, raccoglie le uve in una volta, a diversi gradi di maturità, e insieme le vinifica. La sua densità è per me la nota più interessante. Eccezionale anche il Barolo Bussia 2001, di Marco Parusso che nel frattempo ci ha raggiunti in Banca del Vino, sorpresa di questa degustazione. A chiudere questa rappresentazione di vini “fuori dal coro” l’Oublée Hors d’Age Banyuls, Domaine de la Rectoire, un ossidativo figlio del ’68 e di una rivoluzione al contrario, ma questa è un’altra storia…
Vi starete chiedendo se è andata a finire come avevo immaginato. Si, è andata a finire che salutandoci Luca ci ha ricordato che il vino, per fortuna, è ancora legato a una stretta di mano. E da qualunque prospettiva la si voglia guardare è una storia bellissima.
Fonte:http://www.slowfood.it/slowine/vendere-vino-non-e-un-mestiere-per-vecchi/