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22/07/2015
Ok al piano taglia-tasse di Renzi, ma serve revisione spesa e asset pubblici
Il Premier Matteo Renzi ha annunciato l’intenzione di ridurre, nel corso del prossimo quinquennio, il cuneo fiscale per un totale di 50 miliardi a patto di riuscire a portare avanti le tanto agognate riforme.
Resta da vedere come, tuttavia, l’esecutivo intenda reperire le coperture in ottica “Fiscal Compact”. Secondo il fondatore di ABC Economics, l’esecutivo dovrebbe inoltre adoperarsi affinché si effettui una completa revisione della spesa e un audit dei beni demaniali e delle partecipazioni pubbliche.
Stefano Fugazzi (ABC Economics) – Nel 2013 pubblicai un saggio, Idee per l’Italia, nel quale presi in esame ben 25 proposte in materia di riduzione dello stock di debito pubblico. Erano i mesi successivi all’approvazione del Fiscal Compact e all’avvicendamento Berlusconi-Monti a Palazzo Chigi.
Dal Fiscal Compact all’ERF, l’utopia del rapporto debito/Pil al 60%
Come il lettore più informato certamente ricorderà, dal 2016 saremo chiamati ad iniziare ad attuare politiche che portino alla riduzione del rapporto debito/Pil al 60% in meno di 20 anni, ossia al ritmo di una settantina (malcontati) di miliardi anno. Il raggiungimento della soglia del 60% del rapporto debito/Pil è tuttavia mera fantascienza.
Anche allestendo il più grande piano di privatizzazione al mondo, alla meglio si riuscirebbe a scendere appena al di sotto del 100%. Si faccia riferimento a questa diapositiva che elaborai un paio di anni fa e che sostanzialmente riassume le proposte taglia-debito più aggressive, ossia quelle avanzate nel 2012-13 da Rinaldi e Savona per l’allora PdL, da Oscar Giannino per Fare per Fermare il Declino e Giampiero Samorì del MIR (FI).
Di Fiscal Compact non se ne parla piu’ da un pezzo complice anche il varo della sua successiva iterazione, cioè l’European Redemption Fund (ERF) che richiede il trasferimento delle quote in eccedenza della soglia del 60% a un fondo europeo, l’ERF. Il sottoscritto è tuttavia dell’avviso che i vari piani di mutualizzazione del debito, chiamateli Fiscal Compact o ERF, non verranno mai pienamente attuati o portati a compimento.
Ok al “patto di Renzi” e a privatizzazioni/valorizzazioni ma occorre un audit della spesa pubblica
Torniamo al nuovo leitmotiv taglia-tasse renziano. Ben venga un piano che preveda la riduzione del cuneo fiscale anche se occorre essere realisti ed interrogarsi sulle eventuali coperture visto che la nostra costituzione, ahimè, prevede il pareggio di bilancio. Dove si deve pertanto mettere mano per reperire i 50 miliardi necessari per alleggerire la pressione fiscale? L’entourage di Renzi sostiene che un mix di riforme e presumibilmente le dimissioni/privatizzazioni renderanno possibile l’operazione taglia-tasse.
In linea teorica – e a differenza di altri commentatori indipendenti – sono ancora convinto di quanto segue: abbiamo uno stock di debito (soprattutto per via degli interessi) che è eccessivo e pertanto andrebbe sia ridotto sia contenuto. Per farlo occorre strutturare qualche operazione in uscita cioè di dismissione o di concessioni, ma esse devono essere allestite in maniera tale da non sminuire il valore degli asset interessati.
Come illustrato sulle pagine di Investire Oggi e nel mio primo saggio Idee per l’Italia nel biennio 2012-13, esistono modalità per valorizzare senza dover svendere i nostri beni e patrimoni. I proventi derivanti dalle concessioni e dalle privatizzazioni potrebbero essere impiegati quindi per ridurre il rapporto debito/Pil e per staccare un vero e proprio “dividendo di cittadinanza” nella forma di sgravi fiscali a favore di cittadini e aziende.
Contestualmente a queste azioni una tantum occorre insistere per davvero sulla ormai celeberrima e dimenticata spending review, rivedendo tutti i centri di costo della Res Publica, con l’obiettivo – più di ridurre selvaggiamente i costi – di operare un trasferimento di risorse e investimenti tra le voci di bilancio.