Franchising, retail, business
13/08/2015
La Cina inquieta anche l'Italia. E getta ombre sui conti già precari. Non tanto per l'instabilità finanziaria che, si crede, sarà riassorbita. Quanto per l'impatto sulla già asfittica crescita del Paese.
Lo spread non tornerà a ballare, ecco. I mercati si placheranno. Ma cosa succederà al Pil, se non questo ma il prossimo anno e a seguire, proprio ora che tocca irrobustire i refoli di ripresa? "Non c'è dubbio che quanto accade in Cina parla all'Italia e desta preoccupazione", ammette Enrico Morando, viceministro dell'Economia. "Se i Brics rallentano e ora anche la Cina, il mercato globale si riduce e questa è una cattiva notizia per l'Italia. Ma ritengo che gli effetti non siano così immediati e negativi, tali da modificare la nostra politica di bilancio". Al momento, dunque, non cambiano gli assi portanti della prossima legge di Stabilità, in gestazione. Ma un supplemento di riflessione si impone.
"Se la situazione rimane questa, sarà difficile portarsi sopra l'1,4% di crescita previsto dal governo per il prossimo anno, anzi rischiamo di restare ancora sotto l'1", ragiona Fedele De Novellis, economista e docente alla Cattolica di Milano, oltre che direttore congiuntura di Ref. "I conti italiani sono blindati, anche grazie allo scudo Bce. Ma la svalutazione cinese potrebbe essere seguita da altre in Asia e l'effetto domino ripercuotersi sull'Europa, in particolare sulla Germania, assai esposta verso l'Asia. E se rallenta la Germania, rallentiamo anche noi". Dunque un impatto di riflesso. "Ma non ci dobbiamo sorprendere, da due anni assistiamo a una serie di svalutazioni a catena: Brasile, Turchia, India, Russia con l'embargo. Se tutti svalutano verso il dollaro, chi è ancora legato alla moneta statunitense perde competitività verso gli altri. In questo momento l'euro è debole nei confronti del dollaro, ma ancora forte nei confronti degli altri paesi. Questo significa che andiamo incontro a una fase di debolezza dal punto di vista del commercio".
Confindustria però non crede in un forte impatto da svalutazione cinese. "Le nostre esportazioni in Cina sono legate per lo più al lusso e alla meccanica iperspecializzata, settori che possono subire contraccolpi temporanei, ma non forti scossoni", conferma Licia Mattioli, presidente del Comitato investitori esteri. Concorda anche Giacomo Vaciago, docente di economia monetaria alla Cattolica: "Una svalutazione del 2-3% è da considerarsi modesta e la reazione dei mercati mi sembra dettata più dal panico e dall'incertezza che dalla razionalità". Insomma, "nel dubbio vendi, ma vendi titoli che non sono interessati da questa decisione". Anzi, proprio perché l'Italia esporta lusso "è stata danneggiata molto più dalle nuove norme cinesi anticorruzione che da questa svalutazione". Il giocattolo si è rotto, insomma. "Il lusso italiano beneficiava della corruzione dei funzionari cinesi che facevano man bassa di tutto per riciclare i loro fondi neri: orologi d'oro, pellicce di visone, alta pelletteria". Ma questo flusso rallenta già da tempo. E gli addetti al Made in Italy lo sanno bene. Nei primi sette mesi dell'anno la Cina ha esportato lo 0,9% in meno, ma ha tagliato l'import addirittura del 15%.
Se la Cina si ferma, cosa succede all'Italia? "I primi effetti li sentiremo ad ottobre", spiega Vaciago. "E a quel punto avremo bisogno di una legge di Stabilità più espansiva del previsto. Se vogliamo crescere dell'1,5% nel 2016, dobbiamo fare di più. E l'Europa deve aiutarci per evitare l'effetto del 2014. Anno iniziato bene, poi frenato da choc esterni, come l'Ucraina. Se Bruxelles non batte un colpo in questa situazione, il Pil italiano resterà fermo allo 0,7% pure nel 2016, come quest'anno, se va bene. Il Mediterraneo, la crisi russa e ora la Cina rischiano di sottrarci oltre mezzo punto di Pil". Ne risentirà anche il vino italiano d'eccellenza.
Ne è convinto Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma che spiega come l'agroalimentare italiano sia tra i primi settori colpiti dalla crisi cinese (367 milioni di export nel 2014). "Proprio ora che il vino sembrava ripartire, dopo dieci anni di calo, non ci voleva".
Fonte:http://www.repubblica.it/economia/2015/08/13/news/tesoro_e_imprese_in_apprensione_meno_certezze_sulla_ripresa_del_pil-120893587/