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Le parole dell’italiano che non usiamo più e che dovremmo cominciare a usare di nuovo

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02/11/2015
L’italiano è una lingua viva, in perenne evoluzione. A differenza delle altre lingue europee, ufficialmente l’italiano non è mai nato, ma si è formato grazie al contributo della letteratura.

Dante, Petrarca e Boccaccio sono stati i suoi padri e dal loro uso, in dialetto fiorentino, si è lentamente canonizzato nella lingua che usiamo oggi.
Aperto ad accogliere nuovi termini diffusi nel parlato, l’italiano arricchisce ogni anno il suo lessico. Ma per fare spazio ai neologismi qualche parola deve farsi da parte, diventando desueta, fuori moda.
Le parole che stanno scomparendo dal nostro vocabolario, però, acquistano un fascino in più, come un oggetto vintage. Ne abbiamo raccolte alcune, con la speranza che questa breve guida possa regalare loro un po’ di fortuna e, magari un giorno, farle rientrare nel nostro uso.
Sagittabondo
Lo spunto è preso dal segno zodiacale. Ma in più, il termine, ha un’accezione romantica. Le frecce che scocca il sagittabondo “sono sguardi che fanno innamorare“.
Sciamannato
Letteralmente “disfare la manna“, quest’ultimo un altro termine bellissimo di origine ebraica che significa “dono“, con il tempo diventato sinonimo di “cosa gustosa, gradita”. Sciamannato è allora qualcuno disordinato sia nei modi che nell’abbigliamento.
Stoltiloquio
È un vero peccato che questo termine sia così poco usato, vista la sua perfezione nel descrivere discorsi privi di senso, che ascoltiamo così spesso e non passano mai di moda.
Luculliano
Riferito a Lucio Licinio Lucullo, uomo politico romano passato alla storia soprattutto per il suo fasto. Aggiungere luculliano accanto a ogni parola la rende magnifica.
Obnubilare
L’origine latina aveva a che fare con il meteo: “rannuvolare”. Poi è stata usata in senso figurato per descrivere un particolare stato di sensi o di coscienza.
Lapalissiano
Si riferisce invece al capitano francese del 1500 Jacques de Chabannes signore de La Palice. Il suo nome è diventato un aggettivo per identificare una tautologia: qualcosa che viste le premesse risulta ovvia, scontatissima. In realtà però il tutto è frutto di un’incomprensione.
Alla more di La Palice i suoi commilitoni hanno scritto l’epitaffio: “Qui giace il signor de La Palice. Se non fosse morto, farebbe ancora invidia“. In francese però la effe di “ferait” (farebbe) si è confusa con la esse, date le due grafie simili, diventando “serait” (sarebbe). In più “l’invidia”, envie, per dare senso al nuovo verbo è stata staccata, leggendola en vie (in vita). Così alla fine l’epitaffio diceva: “Qui giace il signor de La Palice. Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita“.
Abbacinare
Vuol dire “abbagliare” o anche “trarre in errore”. L’origine si fa risalire alla pratica antica di accecare l’occhio di un nemico con un “bacino”, uno strumento di metallo incandescente. Oggi fortunatamente è rimasto solo il suo senso figurato.
Sacripante
È un personaggio dell’Orlando innamorato di Boiardo e poi dell’Orlando di Ariosto. È il re della Circassia, valoroso e forte. Il sacripante è oggi l’uomo robusto che dall’aria fiera e minacciosa incute timore e soggezione. Lo scrittore Gadda, grande virtuoso della lingua, ha anche inventato il verbo sacripantare.

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