Franchising, retail, business
13/12/2015
Un ex dipendente di CariFerrara: «Pretendevano anche i nostri soldi. E chi lavorava onestamente veniva punito»Sono arrivati anche a minacciare di trasferirli in sedi lontane e periferiche». Anna, il nome è di fantasia, è una dipendente della CariFerrara, una delle banche finite nell'occhio del ciclone. Ci chiede l'anonimato per proteggere il suo posto. Ha paura di subire ripercussioni raccontandoci quello che è successo nelle sedi della popolare emiliana i giorni precedenti al salva banche di Renzi.
«In filiale - racconta Anna - la sensazione era che lo Stato sarebbe intervenuto a salvare l'istituto. Per questo non si sono fatti molti scrupoli a vendere, oltre che alle azioni, anche le obbligazioni subordinate. Eravamo certi, insomma, che il governo avrebbe tutelato i piccoli investitori». Uno scaricabarile. «Più o meno. Come a dire: tanto ci penserà qualcun altro...». Ovvero, lo Stato e i contribuenti. La direzione della banca aveva dato indicazioni precise ai suoi dipendenti: piazzare il numero più alto possibile di obbligazioni. Anche se era chiaro questo potesse esporre i clienti al pericolo di perdere le somme investite. «Dire che chi realizza i budget non fosse a conoscenza dei rischi potenziali - aggiunge Anna - mi sembra un paradosso».
Eppure, i titoli spazzatura sono continuati a confluire dalle casseforti delle filiali ai risparmiatori. I quali, ignari, si sono fidati dei loro direttori. Per definire le responsabilità, però, è necessario guardare in alto. Ai manager bancari. «Nelle varie filiali - assicura Anna con la voce quasi rotta - ci siamo sentiti spiazzati». Poi però torna con la mente ad un aneddoto che dopo le ultime vicende ha assunto nuovi colori: «Poco tempo fa, il mio direttore invitò alcuni clienti a spostare i loro risparmi su altre tipologie d'investimento, sconsigliando di buttarsi sui titoli subordinati della CariFe». Una mossa che non è piaciuta ai superiori. «Qualche giorno dopo è stata inviata una circolare d'area in cui si rendeva noto che era stato registrato questo episodio ritenuto molto negativo. In pratica una circolare di richiamo».
A quanto ci racconta Anna, la circolare non è stata recapitata direttamente a chi si era permesso di schierarsi dalla parte dei clienti: «Ma era evidente - precisa - che l'indirizzato fosse proprio lui. E un richiamo simile non è una cosa da nulla. Dopo aver ricevuto la notizia del decreto governativo, lo stesso direttore si è ripromesso che nella nuova CariFe non avrebbe più venduto i subordinati ai suoi clienti». Le stranezze non finiscono qui. I dipendenti dell'istituto di credito sono allo stesso tempo ingranaggi e vittime del sistema. «Dopo l'assunzione - racconta Anna - vengono fatte forti pressioni per comprare azioni della CariFe. Anche se non si hanno capitali investiti o da investire. Chi non accetta può essere accusato di non credere nell'istituzione in cui lavora». E il richiamo, spesso, viene proprio da quegli addetti alla vendita dei titoli, costretti ogni mese a rispettare il budget: «Rifiutarsi può avere ripercussioni sul posto di lavoro, soprattutto sulla carriera interna». Anna ci tiene a precisare che molto dipende dalle persone con cui si ha la fortuna (o la sfortuna) di trattare: «Alcuni sarebbero disposti a vendere spazzatura anche alle loro madri pur di piazzare prodotti bancari e mettersi i soldi in tasca. Altri, invece fanno onestamente il loro lavoro ma poi si beccano la circolare di richiamo».
Ferrara «I responsabili dei budget della banca negli ultimi tempi facevano enormi pressioni sugli addetti alla vendita dei titoli.
Fonte:http://www.ilgiornale.it/news/politica/ci-obbligavano-vendere-titoli-tossici-dicevano-tanto-poi-pag-1203754.html
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