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I ristoranti del Giubileo: alta cucina tra conventi e monasteri

01Frate Victor Antoine dAvila Latourrette 1

14/12/2015
Nelle stanze affrescate di Palazzo Lante, vicino a piazza Navona, intorno alle 21 sale il canto dell’Ave Maria. E’ la preghiera delle Lavoratrici missionarie dell’Immacolata che a Roma gestiscono l’Eau Vive, ristorante di cucina francese, internazionale e meticcia: il coro religioso, arricchito da coreografie, è il benvenuto riservato agli ospiti prima che arrivi in tavola la soupe à l’oignon, piatto tradizionale della cucina transalpina, preparato con tutti i crismi de Le Cordon Bleu de France.

Oppure foie gras con pane tostato, quiche lorraine, petto d’anatra, crèpe, filetto di manzo al pepe verde con flambé di Cognac e patate Dauphine. Nel menù anche qualche tocco di esotismo come il pollo alle cipolle con banane fritte. Vini di Borgogna. In occasione del Giubileo, il ristorante applica uno sconto del 5% ai pellegrini che visiteranno Roma nell’anno della Misericordia.
Guacamole evangelico a Chicago
L’Eau Vive è in Via Monterone da più di 50 anni. Ha 13 sedi nel mondo, da Marsiglia a Dalat in Vietnam, da Lima a Brno nella Repubblica Ceca. Ma è da sempre che abati, badesse, priori e altri religiosi di ogni ordine e grado, si cimentano ai fornelli.
Suor Alice Torres è una Francescana che condivide il messaggio evangelico in cucina. E anche in tivù: a Chicago ha vinto 10mila dollari per le sue abilità culinarie dimostrate nel corso di Chopped, programma della Food Network. Il premio è stato devoluto ai poveri della città. La sua ricetta perfetta è il guacamole.
A Lanterna di Don Gallo
Prima di lei Suor Bernarda Seitz dell’ Ordine della Santa Croce (morta un anno fa) , ha aperto le porte del suo convento in Argentina dove insegnava a cucinare a ragazze madri e donne povere. Le sue lezioni andavano in onda all’interno del programma televisivo El Gourmet. Nel 1979 Don Gallo e la Comunità di San Benedetto fondavano a Genova ‘A lanterna: a gestirlo giovani con vite difficili salvati dal prete di strada amico di De Andrè. Il locale oggi è una delle trattorie marinare più tipiche della città, grazie anche al restyling dello chef Cannavacciuolo in missione televisiva nel regno del Don.
Torna la cucina monastica
La cucina di tradizione monastica ci riporta indietro, fino al Medioevo: furono le istituzioni religiose dell’epoca a dare impulso all’arte culinaria e a venerabili ricette, alla combinazione ardita degli ingredienti e all’uso delle erbe aromatiche. Birra, assenzio, sidro, idromele e vino le bevande prodotte nelle abbazie. Perfino il Dom Pérignon: il monaco benedettino Pierre Pérignon nel XVII inventò il vino con le bollicine nelle vigne dell’abbazia di Hautvillers. Dall’altra parte del mondo, intanto, i monaci buddhisti gustavano noodles nei monasteri e il offrivano in dono al Budda.
Maria Grammatico, dal convento alla pasticcera di Erice
Ancora oggi le suore della Visitazione di Beirut durante le festività religiose usano pasta di mandorle e zucchero per preparare i dolci di marzapane. Tutta la pasticceria siciliana è nata nei conventi. Nelle cucine religiose si rielaboravano antiche ricette arabe: marturana, biscotti ricci, bocconetti, pasta reale, agnelli pasquali, buccellati (con fichi secchi), ciambelloni, mastazzoli. Erano l’unica merce di scambio delle monache di clausura con il mondo esterno. Maria Grammatico è cresciuta nel Convento San Carlo a Erice al tempo dell’ultima guerra: lì ha imparato a lavorare le mandorle e la ghiaccia reale. Quando ha lasciato il ritiro era una giovane donna: nel bellissimo borgo della provincia di Trapani ha inaugurato un laboratorio che già da anni è fra le pasticcerie più famose al mondo.
I manuali di cucina di frate Victor
Frate Victor Antoine d’Avila Latourette, nel monastero di Nostra Signora della Resurrezione vicino a New York, segue la regola di San Benedetto, coltiva l’orto e prepara ricette vegetariane, ispirate alla tradizione gastronomica del sud della Francia. Che poi diventano libri di cucina: tutti best seller. Fra le sue specialità anche gli aceti artigianali, reperibili nei mercati agricoli della zona.
A Firenze cene nei luoghi della contemplazione
Così adesso fa tendenza la cucina dei monasteri: a Firenze Orti e Cenacoli ha organizzato fino a un mese fa cene nei chiostri fiorentini, seguendo le ricette tramandate dai monaci. A rivisitarle gli chef Marco Stabile (neo-presidente italiano dei Jeunes Restaurateurs d’Europe), Maria Probst, Filippo Saporito. Il messaggio: recuperare l’essenzialità del cibo e riscoprirne il suo valore simbolico nei luoghi della contemplazione.
A tavola nei refettori
Nel refettorio dell’Abbazia di Montevergine, a Mercogliano, in provincia di Avellino, la cucina del monastero si coniuga con quella del territorio, tutta a base di funghi porcini. Il locale apre in primavera. In questo periodo è in funzione una piccola tavola calda che ristora ospiti e pellegrini su ordinazione. Nel monastero di Sant’Antonio Abate a Norcia, invece, il piatto forte è il “tartufo monacale”, pesto crudo a base di basilico, pomodoro, olive nere e funghi inventato da una badessa: nella sala degli ospiti si possono degustare anche i dolci al miele millefiori, le rosichelle all’anice e le tradizionali ciambelle di sant’Antonio infilate a collana. Basta prenotare.
Pane e cucina creativa tra orti e tele carolinge
Nel convento di Wernberg in Austria, le Suore Missionarie del Preziosissimo Sangue si danno alla cucina creativa con le verdure dell’orto, ma a merenda trionfa la tradizionale Kärntner Jause: pane, salsicce, speck e formaggio, spuntino delle fattorie della Carinzia. Gli ospiti dell’abbazia benedettina di San Giovanni nei Grigioni a Müstair in Svizzera, patrimonio dell’Unesco, dove spiccano tele carolinge e pitture romaniche, pranzano in un incantevole refettorio: il pane tipico della zona è preparato a mano dalle monache.

Fonte:http://food24.ilsole24ore.com/2015/12/i-ristoranti-del-giubileo-alta-cucina-tra-conventi-e-monasteri/

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