Franchising, retail, business
16/12/2015
Cys4, Minded Security, Inverse Path e Hacktive: sono le società che si occupano di cyber security nel nostro paese. Ecco come raccontano la loro esperienza.
LA DEFINIZIONE di startup gli sta stretta. Non solo perché non tutti si identificano anagraficamente con quei giovani che rincorrono un sogno dagli esiti incerti, non avendo spesso nulla da perdere. Né molta esperienza alle spalle. Ma soprattutto perché credono che le competenze, ormai accumulate nel corso degli anni trascorsi sul campo, siano abbastanza per chiedere di essere descritti usando altri termini. Perciò quando devono raccontarsi, preferiscono tirar fuori dal cassetto la cara e vecchia parola impresa. Anche se il loro settore è uno dei più innovativi e importanti del momento: la sicurezza cibernetica.
"Viviamo in un momento storico complicato, dove gli attacchi informatici possono davvero mettere in ginocchio un sistema", avverte Andrea Stroppa, 21 anni, direttore dell'area ricerca e sviluppo di Cys4: società operativa da qualche mese che si occupa di cercare soluzioni, e quindi potenziali prodotti, per rendere i dispositivi mobili iOS, Android e Windows phone a prova di intrusioni. "Perciò è importante che le aziende private così come gli enti pubblici, e le istituzioni, abbiano una cultura in tal senso". Per comprendere la realtà del pericolo basti pensare che, facendo fede ai dati dell'azienda Check Point, l'Italia sarebbe il quarto paese d'Europa più colpito dai malware dopo Lussemburgo, Polonia e Grecia. Eppure fino ad ora è mancata una seria consapevolezza riguardo al problema. "Nel mondo imprenditoriale e in quello della politica, per non parlare del vasto pubblico, la presa di coscienza dell'importanza della cyber security è quasi completamente inesistente persino a livello dei manager", denuncia un report pubblicato dal Consorzio interuniversitario nazionale per l'informatica. Vero, il nostro Governo ha appena annunciato un investimento da 150 milioni di euro per la cyber sicurezza nazionale. Una decisione seguita ai recenti attentati terroristici di Parigi, ma sono bruscolini in confronto alle misure adottate dagli altri paesi. Un esempio? Nel 2016 il Regno Unito, considerato il più virtuoso del Vecchio continente, ha stanziato ben 860 milioni di sterline per istituire un programma nazionale.
Andrea Barisani, co-fondatore di Inverse Path, conferma: "Il 90 per cento dei nostri clienti si trova all'estero, dove c'è un interesse maggiore. Qui, invece, ci confrontiamo sia con un mercato poco maturo, sia con una burocrazia che scoraggia". La differenza lui l'ha vissuta sulla propria pelle. "Prima ho creato una società in Inghilterra, e nel momento in cui abbiamo aperto quella italiana, è stata evidente la diversità burocratica tra i due paesi". Persino in termini di peso: "Possiamo misurarla a chilo, valutando la quantità di carte prodotte nei due casi", scherza. Ma ciò non lo ha fermato. E con i soci, Andrej Rosano e Daniele Bianco, laureati in fisica a Trieste, nel 2010 ha avviato Inverse Path. "Non ci occupiamo solo di sicurezza software, ma anche di quella hardware, cioè del modo in cui le componenti fisiche che costituiscono i dispositivi integrano ed espongono il sistema operativo". Un affare non di poco conto se si pensa che l'Internet delle cose è un mercato destinato a crescere di 30 volte nei prossimi 11 anni. Così, presto, ogni oggetto intorno a noi potrebbe essere connesso, esponendosi a dei rischi. Al momento, però, Barisani e soci sono concentrati sulle strutture che hanno un impatto sulla tutela delle persone. E hanno lavorato molto in ambito automobilistico, industriale, finanziario, e avionico, cioè facendo test sugli aerei e sui componenti che si trovano al loro interno. Non solo. Pur essendo prevalentemente una società di consulenza, hanno anche sviluppato un prodotto. Si tratta di un computer open source, dotato di specifiche applicazioni, e grande quanto una chiave usb: uno dei più piccoli nel suo genere. Tutto made in Italy, persino i chip. Ora la società è a un giro di boa: deve decidere se mantenere le dimensioni attuali o allagarsi. "Il momento della scelta è adesso", conclude Barisani.
Chi ha già deciso di espandersi è Minded Security. Partorita nel 2007 da un'idea di Matteo Meucci, Stefano Di Paola e Giorgio Fedon, ha poi inglobato altro personale. Fino all'apertura, nel 2014, di Minded Security Uk: startup londinese. "L'abbiamo creata per fare rete e per rivendere la tecnologia sul mercato statunitense e britannico, avere una ltd (forma societaria del Regno Unito) agevola", dice Meucci. Il loro obiettivo è garantire la totale sicurezza di servizi e utenti online, grazie a nuove tecniche che permettono di verificare la presenza di malware sconosciuti nei browser. Il prossimo passo? Creare delle startup ad hoc per la gestione dei prodotti innovativi. E se l'apertura di una succursale londinese è stata dettata dalla necessità, il cuore dell'azienda vuole continuare a pulsare in Italia, assicura Meucci: "Abbiamo ricevuto molte proposte, ma non vogliamo trasferirci. Da noi ci sono piccole aziende che possono fare la differenza. Ma spesso non hanno la spinta per diventare grandi a livello internazionale, a mancare sono finanziamenti e networking. Queste sono le sfide che ora ci aspettano". Stessa situazione, stessa necessità per Hacktive Security. A metterla in piedi due ragazzi che lavorano nel campo della cyber sicurezza fin dall'età di 16 anni: Francesco Mormile e Carlo Pelliccioni. "Siamo partiti da zero, con nessuno alle spalle, e zero investimenti. Per passione", racconta Pelliccioni. Età media? 33 anni. Punti di forza? I servizi di ethical hacking, cioè tutte quelle attività dirette a scovare le potenziali vulnerabilità di una rete e dei sistemi che la compongono. "Ora vogliamo spingerci oltre la consulenza, nello sviluppo di vere soluzioni. E affermarci come un'eccellenza italiana e internazionale".
Fonte:http://www.repubblica.it/tecnologia/mobile/2015/12/10/news/smartphone_internet_delle_cose_e_app_la_sicurezza_informatica_e_made_in_italy-129198545/