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Calcio, la tv non basta più ora il business torna allo stadio

01Agnelli

21/12/2015
Per la Juve il nuovo impianto è stato un catalizzatore di ricavi che in pochi anni si sono quintuplicati e hanno sostenuto i risultati sportivi. Per questo Milan, Roma e Udinese si sono messe sulle sue tracce

La sera del 13 maggio scorso in tribuna legend, il top dell'offerta dello Juventus Stadium, un posto costava 1.000 euro. Ma se ne potevano acquistare un minimo di due. In mezza giornata sono stati venduti tutti. Tanto che qualcuno in corso Galileo Ferraris, sede sociale della Juve, si è morso le mani: "Avremmo potuto venderli al doppio". Una semifinale di Champions non capita tutte la stagioni. E quella sera dallo stadio di Torino sono finiti nelle casse della Juve 3 milioni di euro. Ma non è un'eccezione.
Nell'ultima stagione giocata all'Olimpico, il vecchio stadio comunale utilizzato per le cerimonie delle Olimpiadi invernali del 2006, lo stadio in affitto aveva reso alla società bianconera 11 milioni di euro. Nella scorsa stagione ne ha resi 51, un incremento del 500 per cento. E i vantaggi non sono solo economici: è un fatto che dalla stagione 2011-2012, la prima in cui è stato utilizzato lo stadio di proprietà, lo scudetto è stato sempre vinto da una squadra che fosse proprietaria dell'impianto. Che insomma avesse la sua casa e il suo pubblico. Che poi quella squadra sia sempre la stessa, quella di Andrea Agnelli, comincia a non essere un caso. Quando andò a visitare il cantiere, nel 2010, Alessandro Del Piero confessò ai vertici della Juventus: "Questo impianto vale almeno 5 punti a campionato". Lo stadio rende soldi, fa fare punti e dunque rende ancora di più. Un circolo virtuoso che si chiama business. Non per caso l'esempio della Juventus, unico
caso italiano simile a quello delle squadre inglesi che per prime hanno cominciato a giocare in impianti propri, comincia ad essere seguito da altre società. Non è sempre facile. Per ragioni diverse la Roma e il Milan, che sembravano vicini a una svolta, sono ora fermi al palo. E oggi il traguardo si avvicina solo in provincia: Udine sta realizzando il suo stadio modificando il vecchio Friuli. Il Sassuolo del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha acquistato lo stadio di Reggio Emilia. Sono casi isolati. La maggior parte delle squadre di Serie A non solo non ha lo stadio ma non sta nemmeno pensandoci. Nella migliore delle ipotesi siamo ai plastici, alle conferenze stampa dei presidenti che servono a far sognare i tifosi ma non producono reddito.
L'idea iniziale dell'ormai ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, di far giocare la prima partita nel nuovo impianto "a gennaio del 2017" sembra definitivamente tramontata. Non solo perché la consiliatura di Marino si è interrotta bruscamente e in anticipo, ma anche perché i dissidi tra il commissario Paolo Tronca e il presidente della società, James Pallotta, proseguono tuttora. A rendere complicati i rapporti c'è anche l'esplicita opposizione del costruttore Francesco Gaetano Caltagirone, escluso della gare per la realizzazione dell'impianto. Nel progetto che ha vinto, quello presentato dal costruttore Luca Parnasi, il nuovo stadio e la cittadella giallorossa dovrebbero costare un miliardo di euro, ospitare tra i 52 e i 60 mila spettatori, essere al centro di una città dello sport e dell'intrattenimento che dovrebbe sorgere nella zona sud ovest della città, sull'area dell'ex ippodromo di Tor di Valle. Il progetto prevede anche oneri di urbanizzazione per 300 milioni.
Una delle caratteristiche dei nuovi stadi di proprietà è quella della riduzione dei posti disponibili. Per due ragioni. Nell'era della tv a pagamento e della copertura totale di ogni angolo del campo con nidi di telecamere, la corsa allo stadio non è più quella di una volta. Rendono molto di più i diritti tv dello sbigliettamento. Nel bilancio dell'ultima stagione della Juventus, nonostante il notevole incremento delle entrate legate al nuovo stadio, il botteghino è solo la terza voce per ordine di importanza nella colonna dei ricavi. Pesa per il 14,8 per cento. La parte del leone la fanno i diritti tv e media con 195 milioni di euro, il 55 per cento del fatturato. Al secondo posto gli introiti della pubblicità che pesano per il 15,5 per cento.
Il secondo motivo della riduzione dei posti è l'effetto bomboniera garantito da stadi più piccoli. I 40 mila posti dello Stadium sono un terzo in meno degli oltre 60 mila garantiti dal Delle Alpi, l'impianto sulle cui ceneri è stato costruito l'attuale. Analogamente il progetto del nuovo stadio della Roma non va oltre i 60 mila posti contro i 75 mila dell'attuale Olimpico. La riduzione della capacità unita al fatto di destinare esclusivamente al calcio i nuovi impianti ha finito per avvicinare fisicamente il pubblico ai giocatori. Vengono abolite le piste di atletica: quella dell'Olimpico di Roma è a nove corsie. L'effetto bomboniera consente a decine di migliaia di persone di godersi la partita come se si giocasse nel salotto di casa. A Torino in casa Juve la prima fila di spettatori è a 7 metri dal campo di gioco. Ma anche chi ha comperato i posti più lontani, in cima alla curva del secondo anello, sta a meno di 50 metri dalla linea di porta.
Per decenni lo stadio italiano più suggestivo proprio per l'effetto bomboniera è stato San Siro che è anche il più capiente stadio italiano. E' privo di pista di atletica e con i tre anelli che sovrastano il terreno di gioco. Ma potrebbe perdere presto metà del pubblico se andasse in porto il progetto del Milan di costruirsi uno stadio proprio. Il progetto è ora bloccato da una lite tra la società e l'amministrazione pubblica. Il nuovo stadio dovrebbe ospitare poco meno di 50 mila spettatori e dovrebbe costare intorno ai 350 milioni di euro. Il pomo della discordia sono i costi delle bonifiche dell'area del Portello, la zona vicina all'ex Fiera di Milano dove dovrebbe sorgere il nuovo impianto. Di fronte ai ripensamenti del Milan dopo che l'area era già stata assegnata alla società di calcio, l'amministrazione chiede una penale di 5 milioni di euro. Ovviamente fino a quando non si scioglierà il nodo della bonifica, il progetto rimarrà poco più di un auspicio.
Eppure l'evoluzione verso lo stadio di proprietà è uno dei passaggi obbligati per una società sportiva. L'aumento degli utili e dei punti può valere la spesa. Curiosa la decisione dell'Arsenal che qualche anno fa lanciò un referendum tra i tifosi proponendo la costruzione del nuovo impianto, che poi è stato effettivamente realizzato. In quella occasione la società aveva fatto chiaramente capire che per finanziare il nuovo impianto avrebbe dovuto risparmiare nella campagna acquisti indebolendo l'organico della squadra. Ma sul medio periodo, se si guarda alla recente esperienza della Juventus, la regola di Del Piero sembra essere rispettata: lo stadio di proprietà rende punti e soldi. Al punto che un advisor come Goldman Sachs ha inviato in Europa il signor Greg Carey con l'obiettivo di convincere le società di calcio a emettere bond, naturalmente garantiti da un pool di banche individuato da Goldman Sachs, per finanziare la costruzione di un nuovo stadio di proprietà. Oltre a Milan e Roma, in Italia nel mirino del signor Carey ci sarebbe anche la Fiorentina di Della Valle. Il viaggio dell'inviato di Goldman Sachs arriva in ritardo per Udine dove il completamento dello stadio è questione di settimane. Già oggi si gioca nel nuovo impianto che alla fine dei lavori potrà ospitare fino a 25 mila spettatori. Anche il Sassuolo di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, ha una casa tutta sua: è il "Città del Tricolore" di Reggio Emilia che naturalmente ha ottenuto nel nome anche quello dello sponsor, la Mapei, società del numero uno degli industriali italiani.
C'è un argomento che potrebbe giocare a favore delle offerte del signor Carey ed è il tempo. Più campionati si giocano senza lo stadio di proprietà più la distanza economica e sportiva con le società che, al contrario, lo possiedono, tende ad aumentare. Anche perché accanto agli stadi di proprietà crescono cittadelle commerciali, hotel, merchandising: un vero flusso di denaro che si misura al momento della campagna acquisti e, di conseguenza, alla fine dei campionati.

Fonte:http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2015/12/21/news/calcio_la_tv_non_basta_pi_ora_il_business_torna_allo_stadio-129966705/?ref=HRLV-6

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