Franchising, retail, business
21/12/2015
L’analisi di fine anno di Federalimentare non cancella i dubbi di un 2015 al di sotto delle attese. Brilla solo l’export, dove gli Usa crescono fino a diventare il secondo sbocco per l’industria italiana, superando la Francia
Il 2015 si sta chiudendo secondo quanto comunica Federalimentare senza essere riuscito ad affrancarsi in modo convincente dalla pesantissima scia di crisi avviata 7 anni fa. I numeri che lasciano insoddisfatti riguardano il mercato interno. Il fatturato del venduto alimentare sul mercato nazionale ha perso, in valuta costante, circa 15 punti da inizio crisi. I dati Ismea-Nielsen indicano sui 9 mesi un incremento del +0,3% in valuta corrente, corrispondente, sulla scorta del +0,9% medio dei prezzi alimentari al consumo del periodo, a un -0,6% circa in volume. Se si guarda all’interno dei trend dei singoli comparti censiti da Ismea-Nielsen, spiccano inoltre dati che sbilanciano il trend dei consumi aggregati. Sono le bibite e acque minerali (+9,8%) e la birra (+6,8%). E poi gli oli e grassi vegetali (+9,0%), e in particolare l’olio di oliva (+16,5%). Sono scese leggermente le promozioni (comunque stabilmente oltre un quarto del venduto). Solo il segmento del Bio è riuscito a correre (ma non è una novità), con aumenti attorno al +19%, dopo il +11,0% del 2014.
L’unico segmento distributivo che, non a caso, ha continuato a smarcarsi in modo positivo è quello dei “discount” alimentari. Che infatti ha accelerato, con variazioni tendenziali delle vendite in valori correnti oltre il 4%. Tutto conferma, insomma, che i modelli di acquisto sono cambiati in modo profondo e strutturale, e che solitarie “increspature” di qualche parametro non permettono di dire che il 2015 sia la chiusura di un capitolo. L’inerzia sostanziale della congiuntura di settore è sottolineata dall’andamento della produzione alimentare. Dopo il +0,6% con cui essa, a parità di giornate lavorative, aveva chiuso il 2014, il trend dei primi nove mesi dell’anno ha registrato un – 0,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Il 2015 ha perciò mancato completamente le speranze di inizio anno. Che indicavano, quanto meno, almeno una conferma della ripresina produttiva emersa l’anno scorso. Questo all’interno di un quadro che vede il “totale industria”, sostenuto dal brillante andamento di alcuni comparti (soprattutto mezzi di trasporto e farmaceutico), mostrare invece, dopo anni di dinamiche in netta retroguardia, una palpabile marcia di recupero, segnando una crescita di produzione a parità di giornate lavorative, nei primi nove mesi, pari al +0,9%.
Allo stato attuale, l’alimentare resta confinato nel gruppetto minoritario dei settori attardati sul fronte della ripresa. L’unico parametro 2015 bene intonato del settore alimentare è rappresentato dall’export. La crescita dei primi otto mesi ha segnato un +7,3% sullo stesso periodo 2014: un trend che dovrebbe attenuarsi leggermente, secondo le anticipazioni disponibili, nei tendenziali successivi. Le prospettive sono per un chiusura d’anno tra il +6,5% e il +7%: un tasso circa doppio rispetto al +3,5% del 2014. Buona parte di questa crescita si deve agli Stati Uniti, che tirano con tassi tra il +20% e il +25%. Al punto da insediarsi perentoriamente al secondo posto fra i nostri sbocchi alimentari, dopo la Germania, relegando la Francia al terzo posto.
Fonte:http://www.mark-up.it/industria-alimentare-il-salvagente-sono-gli-stati-uniti/