Franchising, retail, business
24/05/2016
Una proposta a cura di Stefano Fugazzi (fondatore di ABC Economics)
Lo scorso aprile il Governo ha varato una legge contro la contraffazione del Made In Italy, un provvedimento che associa i prodotti a un codice contenuto in un chip RFID (Radio Frequency Identification), o un codice a barre, rilasciato da certificatori autorizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Si stima che il cosiddetto italian sounding, cioè l’uso di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promuovere e commercializzare prodotti non riconducibili al nostro Paese, sottragga al PIL italiano milioni di euro ogni anno.
Secondo le analisi più recenti, il commercio del falso solo in Italia (senza considerare la quota di merci contraffatte che partono dall’Italia verso l’estero), garantisce un fatturato annuo di oltre 7 miliardi di euro.
Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono state calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono quasi 300mila i posti di lavoro sottratti all’economia reale.
Secondo Coldiretti, in vetta alla classifica dei prodotti più contraffatti ci sono i formaggi, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano che negli Stati Uniti in quasi 9 casi su 10 sono sostituiti dal Parmesan, prodotto in Wisconsin o in California. La lista continua con il Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago e Fontina. Non possono sottrarsi all’appello i nostri più prestigiosi salumi, – dal Parma al San Daniele -, ma anche il rinomato olio extravergine di oliva e le conserve, come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli USA.
L’istituzione del Made In Italy Consortium e una garanzia di buon adempimento (performance bond) per tutelare l’italianità dei nostri prodotti
L’approvazione della legge sulla tracciabilità digitale del Made In Italy non è che un primo, ma significativo, piccolo passo verso la tutela dei prodotti nostrani.
Il provvedimento andrebbe esteso all’estero al fine di tutelare il settore agroalimentare, il più colpito dalla contraffazione.
Allo scopo, ABC Economics suggerisce di fare pressione sull’Unione Europea e l’Organizzazione mondiale del commercio affinché le imprese attive nell’ambito della ristorazione e al commercio di prodotti agroalimentari che intendono fregiarsi del Made In Italy aderiscano a un consorzio (il Made In Italy Consortium).
L’accesso al consorzio richiederebbe agli aderenti il versamento di una quota annuale nella forma di performance bond. Questa fungerebbe da clausola a garanzia del Made In Italy, e verrebbe rimborsata una volta che il consorzio abbia attestato l’effettiva origine e provenienza delle merci e dei beni. Un modo, dunque, per certificare l’italianità.
Al fine di incentivare le adesioni al consorzio, l’UE potrebbe offrire una gamma di sostegni fiscali, dalla riduzione delle aliquote fiscali alle concessioni sulle accise energetiche.