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Storia della dieta olimpica: dalla “dittatura della bistecca” alla pasta al forno di Mennea fino al pollo arrosto di Bolt

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04/08/2016
All’inizio delle Olimpiadi furono i fichi secchi, poi arrivò Pitagora… Per tenere in forma fisica gli atleti ai tempi delle Olimpiadi nell’Antica Grecia, per circa 300 anni, va per la maggiore una dieta energetica basata su cereali, fichi secchi e formaggi molli. Finché Pitagora, capostipite dei “nutrizionisti dello sport”, avrebbe per primo sottoposto gli atleti a un regime alimentare basato sulla carne, come ci rivela Diogene Laerzio.

Si narra che nel 500 a.C. Milone, leggendario lottatore vincitore di sette Olimpiadi, mangiasse 10 kg di carne (annaffiate da 8 litri di vino) al giorno. Verità o leggenda, gli atleti cercavano nella carne le caratteristiche magiche dell’alimento: si dava carne di capra ai saltatori pensando che trasferisse loro le prerogative “salterine” dell’animale. E ancora, carne di antilope ai corridori per la velocità, carne di bue ai lottatori per sviluppare colli taurini… Una tradizione durata a lungo e documentata, tra gli altri, da Pausania. Ma che trova diversi detrattori: il più famoso è il medico Galeno che nel 180 d.C. si lamenta degli atleti che si ingozzavano di “carne e sangue” e pensano solo a “mangiare, bere, dormire e rotolarsi nel fango”.
Gladiatori: grandi, forti e…vegetariani
A Roma i Munera e i Ludi gladiatorii battono in popolarità i Giochi di Olimpia. Ma la dieta iperproteica non prende piede nel circo: sembra infatti che i gladiatori avessero a che fare con la carne più nell’arena che a tavola. Lo conferma un recente lavoro di Fabian Kanz e Karl Grossschmidt, antropologi forensi austriaci che hanno ricostruito la “dieta del gladiatore” a partire dai resti di 67 combattenti rinvenuti in una tomba ad Efeso, in Turchia. Utilizzando metodi della polizia scientifica per analizzare i componenti delle ossa, gli scienziati hanno rilevato percentuali di stronzio (elemento presente nelle proteine vegetali fornite dai legumi, nei cereali e nel latte) doppie rispetto alla popolazione del tempo che viveva nei pressi di Efeso. Di contro, basse percentuali di zinco (che si riscontra nelle proteine animali). Quella del gladiatore è una dieta funzionale e a suo modo “scientifica”, mirata ad avere ossa forti, resistenza al dolore e guarigioni rapide dalle fratture. Nel loro menù si trovano focacce dolci d’orzo e cereali per l’energia, infusi di fieno (con proprietà anaboliche e stimolanti) e bevande a base di frutta fermentata, per euforizzare e avvertire meno il dolore. Inoltre, mangiavano cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. Il loro piatto forte era la “sagina”, una zuppa d’orzo con legumi, bagnata con vino acetato e cenere. Non a caso, Plinio li soprannomina “Hordearii”, mangiatori d’orzo.
Gladiatori: grandi, forti e…vegetariani A Roma i Munera e i Ludi gladiatorii battono in popolarità i Giochi di Olimpia. Ma la dieta iperproteica non prende piede nel circo: sembra infatti che i gladiatori avessero a che fare con la carne più nell’arena che a tavola. Lo conferma un recente lavoro di Fabian Kanz e Karl Grossschmidt, antropologi forensi austriaci che hanno ricostruito la “dieta del gladiatore” a partire dai resti di 67 combattenti rinvenuti in una tomba ad Efeso, in Turchia. Utilizzando metodi della polizia scientifica per analizzare i componenti delle ossa, gli scienziati hanno rilevato percentuali di stronzio (elemento presente nelle proteine vegetali fornite dai legumi, nei cereali e nel latte) doppie rispetto alla popolazione del tempo che viveva nei pressi di Efeso. Di contro, basse percentuali di zinco (che si riscontra nelle proteine animali). Quella del gladiatore è una dieta funzionale e a suo modo “scientifica”, mirata ad avere ossa forti, resistenza al dolore e guarigioni rapide dalle fratture. Nel loro menù si trovano focacce dolci d’orzo e cereali per l’energia, infusi di fieno (con proprietà anaboliche e stimolanti) e bevande a base di frutta fermentata, per euforizzare e avvertire meno il dolore. Inoltre, mangiavano cipolle e aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi. Il loro piatto forte era la “sagina”, una zuppa d’orzo con legumi, bagnata con vino acetato e cenere. Non a caso, Plinio li soprannomina “Hordearii”, mangiatori d’orzo.

I Templari vivevano a lungo grazie a una dieta equilibrata

Espressione di paganesimo e corruzione, lo sport e i Giochi non hanno fortuna con l’avvento del Cristianesimo. Se Novaziano condanna “abbracci e prese indecenti”, la “sconfitta del pudore” e la “celebrazione della follia” da cui il buon cristiano “deve tenersi lontano”, il vescovo di Milano Ambrogio è fautore dell’editto per la cancellazione ufficiale delle Olimpiadi, interrotte dall’imperatore Teodosio nel 393 d.C. Sarà poi il Medioevo con il nascere della cavalleria a trasmettere i caratteri dell’olimpismo greco. Il menù del tempo, però, non aiutava a dimostrare il proprio valore in battaglia e nei tornei: l’alimentazione, per le classi agiate, prevedeva un surplus di grassi e calorie che innalzava i livelli di colesterolo e trigliceridi e provocava gotta, diabete mellito, obesità. Fanno eccezione i Templari, che nella loro regola codificata da da Bernardo di Chiaravalle includono capitoli riguardanti l’alimentazione e l’igiene a tavola che non sfigurerebbero sulle mense degli atleti di oggi. Parole d’ordine: varietà degli alimenti, pochi grassi, poca carne (2 volte a settimana), molti legumi (3 piatti a settimana), pesce e frutta fresca. Da bere, vino di palma diluito con aloe vera e acqua insaporita con agrumi (e quindi vitamina C). Secondo uno studio italiano pubblicato su Digestive and Liver Disiase, si tratta di una dieta amica dell’intestino, che permetteva ai Templari di superare spesso i 70 anni di età, circa 30 anni in più rispetto alla speranza di vita del tempo.
I Templari vivevano a lungo grazie a una dieta equilibrata Espressione di paganesimo e corruzione, lo sport e i Giochi non hanno fortuna con l’avvento del Cristianesimo. Se Novaziano condanna “abbracci e prese indecenti”, la “sconfitta del pudore” e la “celebrazione della follia” da cui il buon cristiano “deve tenersi lontano”, il vescovo di Milano Ambrogio è fautore dell’editto per la cancellazione ufficiale delle Olimpiadi, interrotte dall’imperatore Teodosio nel 393 d.C. Sarà poi il Medioevo con il nascere della cavalleria a trasmettere i caratteri dell’olimpismo greco. Il menù del tempo, però, non aiutava a dimostrare il proprio valore in battaglia e nei tornei: l’alimentazione, per le classi agiate, prevedeva un surplus di grassi e calorie che innalzava i livelli di colesterolo e trigliceridi e provocava gotta, diabete mellito, obesità. Fanno eccezione i Templari, che nella loro regola codificata da da Bernardo di Chiaravalle includono capitoli riguardanti l’alimentazione e l’igiene a tavola che non sfigurerebbero sulle mense degli atleti di oggi. Parole d’ordine: varietà degli alimenti, pochi grassi, poca carne (2 volte a settimana), molti legumi (3 piatti a settimana), pesce e frutta fresca. Da bere, vino di palma diluito con aloe vera e acqua insaporita con agrumi (e quindi vitamina C). Secondo uno studio italiano pubblicato su Digestive and Liver Disiase, si tratta di una dieta amica dell’intestino, che permetteva ai Templari di superare spesso i 70 anni di età, circa 30 anni in più rispetto alla speranza di vita del tempo.

Nel 1800 ci si divide tra proteine e carboidrati

Bisogna aspettare l’Ottocento per assistere ad un primo, vero approccio scientifico e razionale all’alimentazione applicata all’esercizio fisico. Nel 1842 il chimico Justus von Liebig scrive che “le proteine sono il principale substrato energetico per il lavoro muscolare”, gettando le basi per le future diete iperproteiche per gli sportivi. Nel 1866, i colleghi Max von Pettenkofer e Carl von Voit giungono ad una conclusione opposta, e cioè che glucidi e lipidi sono i principali substrati energetici per il lavoro muscolare. Una tesi ribadita, circa 60 anni dopo, dagli studi dei danesi Christensen e Hansen e che determinerà, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, la consacrazione dei carboidrati nella nutrizione sportiva.
Nel 1800 ci si divide tra proteine e carboidrati Bisogna aspettare l’Ottocento per assistere ad un primo, vero approccio scientifico e razionale all’alimentazione applicata all’esercizio fisico. Nel 1842 il chimico Justus von Liebig scrive che “le proteine sono il principale substrato energetico per il lavoro muscolare”, gettando le basi per le future diete iperproteiche per gli sportivi. Nel 1866, i colleghi Max von Pettenkofer e Carl von Voit giungono ad una conclusione opposta, e cioè che glucidi e lipidi sono i principali substrati energetici per il lavoro muscolare. Una tesi ribadita, circa 60 anni dopo, dagli studi dei danesi Christensen e Hansen e che determinerà, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, la consacrazione dei carboidrati nella nutrizione sportiva.

La “dieta del marine” domina le Olimpiadi moderne

Nell’era delle Olimpiadi moderne, per quasi 80 anni, l’immagine tipica - che dettava legge nell’alimentazione per lo sport - era quella dell’americano vincente e muscoloso, una sorta di “marine degli stadi”. E la sua arma segreta erano le proteine nobili. Nel 1909 Jack London lascia la testimonianza più celebre di questa scuola di pensiero con il racconto “A piece of steak”: il dramma del vecchio pugile King che fa stancare il suo giovane avversario per poterlo abbattere, al momento opportuno, con l'unico colpo che ha a disposizione, ma si scontra con il fatto che il suo sarà un colpo inefficace perché gli è mancato il nutrimento di una bella bistecca (non può più permettersela) prima dell’incontro.
Fino agli anni Settanta, anche in Italia, chiunque praticasse un po’ di attività fisica mangiava la stessa cosa: riso in bianco, bistecca e insalata. “Pazzesco - commenta Michelangelo Giampietro, nutrizionista e medico dello sport –. Soprattutto sapendo che per digerire una bistecca potrebbero essere necessarie anche 3-4 ore… praticamente il momento peggiore lo si viveva durante una gara, quando il sangue che doveva andare ai muscoli per sostenere il lavoro fisico, poteva ancora servire per completare la digestione”.
La dittatura della bistecca non vacilla neanche di fronte a testimonianze opposte ed eccellenti come il campione olimpico Jesse Owens tornato da Berlino ‘36 con 4 medaglie d’oro al collo, che prima delle gare mangiava solo pasta, fornitagli da un amico della Little Italy. O come Paavo Nurmi, 12 medaglie olimpiche dal 1920 al 1928 nel mezzofondo e vegetariano ante litteram.
La “dieta del marine” domina le Olimpiadi moderne Nell’era delle Olimpiadi moderne, per quasi 80 anni, l’immagine tipica – che dettava legge nell’alimentazione per lo sport – era quella dell’americano vincente e muscoloso, una sorta di “marine degli stadi”. E la sua arma segreta erano le proteine nobili. Nel 1909 Jack London lascia la testimonianza più celebre di questa scuola di pensiero con il racconto “A piece of steak”: il dramma del vecchio pugile King che fa stancare il suo giovane avversario per poterlo abbattere, al momento opportuno, con l’unico colpo che ha a disposizione, ma si scontra con il fatto che il suo sarà un colpo inefficace perché gli è mancato il nutrimento di una bella bistecca (non può più permettersela) prima dell’incontro. Fino agli anni Settanta, anche in Italia, chiunque praticasse un po’ di attività fisica mangiava la stessa cosa: riso in bianco, bistecca e insalata. “Pazzesco – commenta Michelangelo Giampietro, nutrizionista e medico dello sport –. Soprattutto sapendo che per digerire una bistecca potrebbero essere necessarie anche 3-4 ore… praticamente il momento peggiore lo si viveva durante una gara, quando il sangue che doveva andare ai muscoli per sostenere il lavoro fisico, poteva ancora servire per completare la digestione”. La dittatura della bistecca non vacilla neanche di fronte a testimonianze opposte ed eccellenti come il campione olimpico Jesse Owens tornato da Berlino ‘36 con 4 medaglie d’oro al collo, che prima delle gare mangiava solo pasta, fornitagli da un amico della Little Italy. O come Paavo Nurmi, 12 medaglie olimpiche dal 1920 al 1928 nel mezzofondo e vegetariano ante litteram.
Ray Ewry ist mit 10 Goldmedaillen im Hoch-, Weit- und Dreisprung Rekord-Olympiasieger

Anni ’70: lo schema Bersgtrom e la rivincita dei carboidrati

L’abbattimento della “dittatura della bistecca” avviene a metà degli anni Settanta. Sono stati gli esperti di nutrizione italiani a ribellarsi, convinti della serietà dei vantaggi della dieta mediterranea, imperniata sui carboidrati, e dell’assurdità di rinunciare alla propria identità gastronomica senza motivo. A rafforzare queste convinzioni la crociata pro-carboidrati che veniva dal Nord-Europa, dove gli specialisti della nutrizione di Finlandia e Svezia giungono a conclusioni analoghe, iniziando a dare enormi quantità di zuccheri agli atleti prima di gare di lunga durata. Si tratta dello schema Bersgtrom, dal nome del medico degli atleti svedesi che lo ha ideato con l’obiettivo di aumentare al massimo la scorta di carboidrati nei muscoli prima di una gara di lunga durata. Dopo aver fatto allenare i campioni fino a esaurimento delle scorte di glicogeno (con allenamenti lunghi e intensi e una dieta povera di carboidrati), nei tre giorni precedenti alla gara riduceva durata e intensità degli allenamenti e aumentava la quota di carboidrati nella dieta fino a valori estremamente alti (l’80% dell’intake calorico giornaliero). Contribuiscono a suscitare l’interesse verso questa rivoluzione alimentare i successi del mezzofondista Lasse Vìren, vincitore di quattro medaglie d'oro olimpiche a Monaco di Baviera 1972 e Montréal 1976 nei 5000 e nei 10000 metri piani.
Anni ’70: lo schema Bersgtrom e la rivincita dei carboidrati L’abbattimento della “dittatura della bistecca” avviene a metà degli anni Settanta. Sono stati gli esperti di nutrizione italiani a ribellarsi, convinti della serietà dei vantaggi della dieta mediterranea, imperniata sui carboidrati, e dell’assurdità di rinunciare alla propria identità gastronomica senza motivo. A rafforzare queste convinzioni la crociata pro-carboidrati che veniva dal Nord-Europa, dove gli specialisti della nutrizione di Finlandia e Svezia giungono a conclusioni analoghe, iniziando a dare enormi quantità di zuccheri agli atleti prima di gare di lunga durata. Si tratta dello schema Bersgtrom, dal nome del medico degli atleti svedesi che lo ha ideato con l’obiettivo di aumentare al massimo la scorta di carboidrati nei muscoli prima di una gara di lunga durata. Dopo aver fatto allenare i campioni fino a esaurimento delle scorte di glicogeno (con allenamenti lunghi e intensi e una dieta povera di carboidrati), nei tre giorni precedenti alla gara riduceva durata e intensità degli allenamenti e aumentava la quota di carboidrati nella dieta fino a valori estremamente alti (l’80% dell’intake calorico giornaliero). Contribuiscono a suscitare l’interesse verso questa rivoluzione alimentare i successi del mezzofondista Lasse Vìren, vincitore di quattro medaglie d’oro olimpiche a Monaco di Baviera 1972 e Montréal 1976 nei 5000 e nei 10000 metri piani.

La pasta al forno di Pietro Mennea

Il problema dell’approccio scandinavo è che la fase di riduzione dei carboidrati espone l’atleta a rischi per la salute e per i suoi muscoli proprio nella fase di allenamento più intenso. Criticità superata dalla scuola italiana, che agli atleti fornisce pasta, un “carburante” a più lento assorbimento e a più facile digestione. Con il vantaggio, anche psicologico, di un regime tutto in positivo: piacevole, familiare, goloso, quasi un premio. L’opposto rispetto a una dieta privativa, che chiede un sacrificio in più oltre ai tanti che già deve affrontare chi pratica lo sport a livello agonistico. La conferma della validità di questa teoria arriva dai risultati di azzurri come Pietro Mennea (leggendari i suoi piatti di pasta al forno pre-gara), Klaus Dibiasi e Paola Pigni, che suscitano l’interesse degli addetti ai lavori internazionali.
La pasta al forno di Pietro Mennea Il problema dell’approccio scandinavo è che la fase di riduzione dei carboidrati espone l’atleta a rischi per la salute e per i suoi muscoli proprio nella fase di allenamento più intenso. Criticità superata dalla scuola italiana, che agli atleti fornisce pasta, un “carburante” a più lento assorbimento e a più facile digestione. Con il vantaggio, anche psicologico, di un regime tutto in positivo: piacevole, familiare, goloso, quasi un premio. L’opposto rispetto a una dieta privativa, che chiede un sacrificio in più oltre ai tanti che già deve affrontare chi pratica lo sport a livello agonistico. La conferma della validità di questa teoria arriva dai risultati di azzurri come Pietro Mennea (leggendari i suoi piatti di pasta al forno pre-gara), Klaus Dibiasi e Paola Pigni, che suscitano l’interesse degli addetti ai lavori internazionali.

Ai giochi di Montréal arriva il “pasta chef”

La svolta arriva nel 1976 ai Giochi di Montréal. Nel pieno della “rivoluzione della pasta”, un cuoco italiano viene per la prima volta ufficialmente accolto dalle cucine del paese ospitante. Un’eccezione alle abitudini del Villaggio Olimpico, tanto più che quel cuoco era stato chiamato solo per preparare la pasta. Un “valore aggiunto” riconosciuto fino ad allora solo alla bistecca.
Da allora il percorso è stato solo in discesa: consigliati dai nutrizionisti, anche i grandi velocisti americani hanno cominciato a tradire la bistecca per gli spaghetti. E quindi è nata una tradizione, fino ad Atlanta ’96, quando il cuoco “pastasciuttaro” italiano è diventato istituzionale. E alle Olimpiadi invernali di Nagano ’98, accanto al cuoco italiano, c’è un cuoco giapponese a preparare spaghetti con sughi italiani tradizionali: vongole, amatriciana, aglio e olio…
Ai giochi di Montréal arriva il “pasta chef” La svolta arriva nel 1976 ai Giochi di Montréal. Nel pieno della “rivoluzione della pasta”, un cuoco italiano viene per la prima volta ufficialmente accolto dalle cucine del paese ospitante. Un’eccezione alle abitudini del Villaggio Olimpico, tanto più che quel cuoco era stato chiamato solo per preparare la pasta. Un “valore aggiunto” riconosciuto fino ad allora solo alla bistecca. Da allora il percorso è stato solo in discesa: consigliati dai nutrizionisti, anche i grandi velocisti americani hanno cominciato a tradire la bistecca per gli spaghetti. E quindi è nata una tradizione, fino ad Atlanta ’96, quando il cuoco “pastasciuttaro” italiano è diventato istituzionale. E alle Olimpiadi invernali di Nagano ’98, accanto al cuoco italiano, c’è un cuoco giapponese a preparare spaghetti con sughi italiani tradizionali: vongole, amatriciana, aglio e olio…

Da Michael Phelps a Usain Bolt e Serena Williams

I benefici dei carboidrati e della pasta nell’alimentazione dello sportivo contano ormai diversi testimonial eccellenti: Michael Phelps, con 22 medaglie olimpiche complessive il più grande nuotatore di tutti i tempi, ha affermato che mangiava 1 kg di pasta al giorno, in un regime alimentare da 12mila kcal: mezzo kg a pranzo e altrettanto a cena, momento in cui faceva scorta di carboidrati per l’allenamento del giorno dopo.
I carboidrati sono fondamentali anche nella dieta della tennista Serena Williams, che festeggia le sue vittorie con un piatto di pasta rigorosamente vegetariano. Mentre Usain Bolt ha dichiarato a GQ che nel suo pranzo non manca mai un piatto di pasta con manzo sotto sale. Nella dieta dell’uomo più veloce del mondo anche tanti spuntini di frutta (mango, ananas, mele) e per cena pollo arrosto e gnocchetti giamaicani a base di farina, acqua e sale. Il grande mezzofondista Hicham El Guerrouj, attuale recordman dei 1500m, del miglio e dei 2000m, ha dichiarato di amare così tanto spaghetti e lasagne che potrebbe fare da testimonial per la pasta italiana. Gli fa eco una delle rivali di Federica Pellegrini, la nuotatrice britannica Rebecca Adlington, due ori olimpici a Pechino 2008 e un bronzo a Londra 2012, che adora spaghetti al ragù e risotto.
Da Michael Phelps a Usain Bolt e Serena Williams I benefici dei carboidrati e della pasta nell’alimentazione dello sportivo contano ormai diversi testimonial eccellenti: Michael Phelps, con 22 medaglie olimpiche complessive il più grande nuotatore di tutti i tempi, ha affermato che mangiava 1 kg di pasta al giorno, in un regime alimentare da 12mila kcal: mezzo kg a pranzo e altrettanto a cena, momento in cui faceva scorta di carboidrati per l’allenamento del giorno dopo. I carboidrati sono fondamentali anche nella dieta della tennista Serena Williams, che festeggia le sue vittorie con un piatto di pasta rigorosamente vegetariano. Mentre Usain Bolt ha dichiarato a GQ che nel suo pranzo non manca mai un piatto di pasta con manzo sotto sale. Nella dieta dell’uomo più veloce del mondo anche tanti spuntini di frutta (mango, ananas, mele) e per cena pollo arrosto e gnocchetti giamaicani a base di farina, acqua e sale. Il grande mezzofondista Hicham El Guerrouj, attuale recordman dei 1500m, del miglio e dei 2000m, ha dichiarato di amare così tanto spaghetti e lasagne che potrebbe fare da testimonial per la pasta italiana. Gli fa eco una delle rivali di Federica Pellegrini, la nuotatrice britannica Rebecca Adlington, due ori olimpici a Pechino 2008 e un bronzo a Londra 2012, che adora spaghetti al ragù e risotto.

Rio 2016 e i campioni azzurri

Tra gli alfieri della pasta non mancano i campioni italiani di oggi in partenza per Rio 2016. Federica Pellegrini mangia molta pasta integrale, ricca di fibre e condita con del buon olio extravergine d’oliva. Mentre il suo intake proteico deriva soprattutto da legumi e pesce, specie quello azzurro, ricchissimo di Omega3 e depurativo. Tanta pasta tutti i giorni a pranzo e a cena anche per Gregorio Paltrinieri e per Filippo Magnini, che puntano sull’energia “pulita” di un piatto unico condito con sgombro, noci e curry al posto del sale. Un piatto di pasta leggero a pranzo, condito con pomodoro o olio e parmigiano, è nelle abitudini della ginnasta Carlotta Ferlito, per “caricarsi” prima dell'allenamento pomeridiano. Pasta lunch anche la campionessa di scherma Rossella Fiamingo, mentre la compagna di pedana Arianna Errigo fa il pieno di carboidrati il giorno prima della gara, per avere energia. La regina dei tuffi Tania Cagnotto mangia la pasta (se possibile al tonno) prima di una gara, perché facilmente digeribile ed energetica. Pasta prima della gara anche per Simone Giannelli, palleggiatore dell’Italvolley e per Flavia Pennetta, vincitrice degli US Open 2015. I carboidrati sono carburante anche per i muscoli del pugile Clemente “Tatanka” Russo, che mangia pasta ogni giorno, a pranzo o a cena a seconda del tipo di allenamento e spesso anche in bianco senza condimenti. Fa bene, è buona e gratifica, specie se mangiata in famiglia: è il messaggio pro-pasta che accomuna lo squalo dello stretto Vincenzo Nibali (che sogna la pasta ‘ncasciata preparata dalla mamma) e il campione di canottaggio Giuseppe Vicino, che dei carboidrati non può fare a meno e crede che il modo migliore per assumerli sia con un bel piatto di pasta insieme alla famiglia.
Rio 2016 e i campioni azzurri Tra gli alfieri della pasta non mancano i campioni italiani di oggi in partenza per Rio 2016. Federica Pellegrini mangia molta pasta integrale, ricca di fibre e condita con del buon olio extravergine d’oliva. Mentre il suo intake proteico deriva soprattutto da legumi e pesce, specie quello azzurro, ricchissimo di Omega3 e depurativo. Tanta pasta tutti i giorni a pranzo e a cena anche per Gregorio Paltrinieri e per Filippo Magnini, che puntano sull’energia “pulita” di un piatto unico condito con sgombro, noci e curry al posto del sale. Un piatto di pasta leggero a pranzo, condito con pomodoro o olio e parmigiano, è nelle abitudini della ginnasta Carlotta Ferlito, per “caricarsi” prima dell’allenamento pomeridiano. Pasta lunch anche la campionessa di scherma Rossella Fiamingo, mentre la compagna di pedana Arianna Errigo fa il pieno di carboidrati il giorno prima della gara, per avere energia. La regina dei tuffi Tania Cagnotto mangia la pasta (se possibile al tonno) prima di una gara, perché facilmente digeribile ed energetica. Pasta prima della gara anche per Simone Giannelli, palleggiatore dell’Italvolley e per Flavia Pennetta, vincitrice degli US Open 2015. I carboidrati sono carburante anche per i muscoli del pugile Clemente “Tatanka” Russo, che mangia pasta ogni giorno, a pranzo o a cena a seconda del tipo di allenamento e spesso anche in bianco senza condimenti. Fa bene, è buona e gratifica, specie se mangiata in famiglia: è il messaggio pro-pasta che accomuna lo squalo dello stretto Vincenzo Nibali (che sogna la pasta ‘ncasciata preparata dalla mamma) e il campione di canottaggio Giuseppe Vicino, che dei carboidrati non può fare a meno e crede che il modo migliore per assumerli sia con un bel piatto di pasta insieme alla famiglia.
Conto alla rovescia per le Olimpiadi di Rio 2016. Mancano pochi giorni all’appuntamento atletico per eccellenza, che sarà pure un banco di prova per testare le ultime nozioni in fatto di alimentazione sportiva. Alla ricerca della parola definitiva nell’annosa diatriba tra carboidrati e proteine. Anche se, dopo secoli di dominio di queste ultime, la tendenza degli ultimi 40 anni sembra incoronare pasta&co. Tanto che il pasta chef è diventato ormai una presenza fissa alle ultime edizioni olimpiche.

Mille porzioni di pasta al giorno

E proprio la pasta sarà il piatto principe per i nostri atleti e non solo, visto che il Brasile è il quarto produttore di pasta al mondo, dopo Italia, Stati Uniti e Turchia, e che nel paese ospitante già si consumano ben 6,3 kg di pasta pro-capite.
Aidepi, l’associazione delle industrie pastaie, ha stimato che saranno serviti ben 2.700 i kg di pasta e distribuite oltre 1.000 porzioni al giorno, dai rigatoni ai sedanini, dalle mezze maniche ai gnocchetti sardi. Di semola di grano duro e all’uovo, ma anche nella versione integrale e senza glutine… Tutto sotto la guida attenta e gustosa di Davide Oldani, chiamato dirigere le cucine di Casa Italia a Rio in qualità di Sport & Food Ambassador dell’Italia Olympic Team.

Michelangelo Giampietro, nutrizionista e medico dello sport, più volte responsabile sanitario delle squadre nazionali di varie discipline sportive ai Giochi Olimpici estivi, ci spiega quanto i carboidrati siano importanti nell’alimentazione dello sportivo, professionista o dilettante. “Il fabbisogno di carboidrati – illustra – aumenta proporzionalmente al crescere delle ore settimanali e all’intensità degli allenamenti. Per la popolazione generale è di 2-3 g per ogni chilo di peso corporeo, ma nel caso degli atleti triplica (6-10 g per kg). Ed è ancora superiore (10-12 g per kg nei giorni precedenti alla gara) per maratoneti, nuotatori di fondo, triatleti o ciclisti”.
L’importanza della pasta e in generale della dieta mediterranea, come si diceva, è una scoperta recente e le diete consigliate agli sportivi nel corso dei secoli sono cambiate molto.
A partire dalle prime Olimpiadi fino a Londra 2012 vediamo in questa gallery come si nutrivano gli atleti.

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Fonte:http://food24.ilsole24ore.com/2016/08/olimpiadi-al-via-ecco-come-e-cambiata-la-dieta-degli-atleti-da-olimpia-ad-oggi/

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