Franchising, retail, business
29/08/2016
Il negoziante, 38 anni, è il simbolo di un’Amatrice che non molla. Dopo il terremoto «sono corso qui per dare il materiale a chi voleva estrarre i parenti da sotto le macerie»
Cornici, vanghe, lumi, spazzole e calcinacci. La vetrina è ancora terremotata, ma l’emporio di Amatrice è in piena attività, a dispetto dello strato di polvere lasciato dal terremoto. Tito Capriccioli, 38 anni, ha lunghe code di clienti dalla mattina alla sera. È un po’ il simbolo di un’Amatrice che non molla, il cuore pulsante che non ha mai smesso di battere. Dunque, malgrado il terremoto ha deciso di ripartire con la sua attività? «Veramente non ho mai chiuso — sorride Tito finendo l’ennesima sigaretta —. Dalla mattina della scossa quando, dopo aver messo in salvo i bambini, sono corso qui per fornire il materiale a chi voleva estrarre i parenti da sotto le macerie.
Serviva di tutto: picconi, scale, pale, guanti, funi, qualsiasi cosa potesse essere utile, io l’ho data. Ho detto pigliatevi quello che volete. Andate». I suoi attrezzi potrebbero aver salvato vite umane: «Non lo so — si schermisce — io sono restato qui, perché con il buio, solo io potevo sapere dove andare per trovare le cose», racconta accasciandosi esausto su una sediolina di plastica. Qualcuno l’ha ringraziato: «Il gelataio lo ha fatto subito. Ma poi tanti, tanti. Ho fatto solo il mio dovere di cittadino. E poiché sono presidente di una società sportiva ho subito aperto e messo a disposizione il campo di calcio e il palazzetto dello sport». Il pensiero poi va alla notte del sisma: «Quella notte la gente cominciava a defluire dal centro. Arrivavano i primi feriti. Li abbiamo curati proprio qui, vede? Abbiamo preso dei fogli di polistirolo per adagiarli sopra. E un’infermiera e una signora li medicavano».
E ora? Amatrice comincia a ripartire? «Solo io sono aperto. Gli altri purtroppo hanno tutti il negozio distrutto. Però noi siamo fiduciosi», dice guardando Sabrina, sua moglie. «Anche lei è sempre stata con me dalla mattina del terremoto, i nostri tre bambini li abbiamo tenuti qui nella veranda e non li abbiamo fatti muovere, poi li abbiamo spediti ad Ascoli Piceno e ora facciamo avanti e indietro». Tito Capriccioli sul corso dove sono avvenuti moltissimi crolli aveva un altro negozio dove suo nonno iniziò l’attività. Una infinita varietà di oggetti utili, dal chiodo all’ombrellone da sole, dalla zappa alla macchinetta del caffè. La notte del terremoto anche quel negozio è collassato sotto le macerie. Botteghe ormai cancellate, finite in un unico cumulo di sassi, dal bar Capranica alla farmacia, dalla bottega della pasta all’uovo ai negozi di abbigliamento e sport. «Certo — ammette Capriccioli — sarà molto difficile per l’economia di Amatrice ripartire. Sono rimasti tutti senza lavoro. Il pericolo è che chi ha perso il negozio, i familiari, gli amici, decidano di andare via. Ma noi restiamo. E se la scuola riapre iscriviamo i bambini qui». Sulla scuola crollata di Amatrice non ha nessuna recriminazione: «Non vedo una responsabilità oggettiva di qualcuno. L’edificio era quello che era. Forse andavano fatti lavori diversi, di adeguamento» dice senza scendere troppo nel merito. La paura del terremoto, della scossa grande che può ritornare, c’è, è innegabile. Lo ammette Sabrina, seduta davanti alla bottega con una mano alla fronte: «Certo, ma io sto qui anche per vegliare su mio marito: è una persona generosa, non pensa al pericolo. Io sto qui per lui».
Fonte:http://www.corriere.it/politica/16_agosto_30/tito-code-clienti-ferramenta-terremoto-sisma-2d9dbcac-6e25-11e6-8bf4-ee6b05dcd2d0.shtml