Franchising, retail, business
16/10/2016
Il cuoco 35enne è stato allievo di Ducasse e Marchesi. Spesso cacci fuori ragazzi che vogliono spillargli denaro, credendo di essere nella serie tv : « Un esempio negativo».
«Io credo che finché continuerà Gomorra ci saranno sempre ragazzi che crederanno che si diventi uomini di rispetto con l’arroganza e il sopruso, come quello che è venuto l’altra sera da me a pretendere soldi». Pietro Parisi non è un sociologo, né un esperto di cose camorristiche e nemmeno di serie televisive. È uno chef, un importante chef a soli 35 anni. E anche un uomo di coraggio e di buon senso che all’ennesimo ragazzo che si è presentato nel suo ristorante con la pretesa che gli venissero date almeno un paio di banconote di grosso taglio, ha detto no. «Gli ho detto: ma chi sei, che vuoi, chi ti conosce. Vattene». E quello se n’è andato, seppure biascicando minacce.
«La camorra come modello»
«Io non lo so se era un camorrista, ma sinceramente non credo. Era uno dei tanti che dalle mie parti hanno la camorra come modello e come aspirazione. Perciò ritengo Gomorra un esempio negativo. Perché fa credere a ragazzi come questo che si possa fare soldi senza lavorare, senza fatica. E se gli avessi dato dei soldi avrei alimentato quest’idea».
Una carriera brillante
Le «parti» di Parisi è Palma Campania, nell’entroterra vesuviano. Lui è nato a due passi da qui e qui ha scelto di tornare dopo aver lavorato con i più importanti chef internazionali, come Alain Ducasse e Gualtiero Marchesi. In Francia ha cucinato per Sarkozy e in Italia per il presidente Mattarella. E negli Emirati Arabi erano suoi i piatti serviti al ristorante del Burj al-Arab, uno degli hotel più lussuosi del mondo.
Il ristorante in Campania
Tornato a casa ha aperto il suo ristorante, che si chiama «Era Ora», e giovedì sera, a mezzanotte in punto, stava festeggiando qui il terzo compleanno della sua bambina quando è entrato quel tizio. «Mi ha interrotto, mi ha fatto alzare anche se gli avevo detto che poteva parlare con i miei collaboratori, e alla fine mi ha chiesto i soldi». Non era il primo. «No, ne vengono spesso. E qualche volta ho ceduto anche io, gli ho dato 20 o 30 euro pur di togliermeli di torno ed evitare problemi davanti ai clienti. Ma stavolta ho detto basta, e sarà sempre così. Non darò più un euro a nessuno. A questo ho anche detto che quello che stava facendo era umiliante per lui, ma dubito che lo abbia capito. La verità è che chi fa queste cose non ha idea di cosa voglia dire guadagnare con il proprio lavoro e quanto sia importante e dignitoso. Questa è una terra di lavoratori, di contadini, di persone che letteralmente faticano e sudano. Eppure ci stanno ugualmente ragazzi così. Ripeto: non sono camorristi, quelli non ti chiedono cento euro. Ma è il principio che è inaccettabile, è l’idea che uno debba venire da te e costringerti a dargli dei soldi solo perché fa la faccia cattiva».
La speranza di una reazione
Parisi ora spera che gli altri operatori della zona non lo lascino solo, che la sua presa di posizione sia condivisa e imitata. «Se ognuno di quelli a cui vengono chiesti soldi dicesse no, se ognuno facesse come ho fatto io, se cacciasse queste persone dal proprio locale o dal proprio negozio, faremmo davvero tutti una cosa buona per la nostra terra. Io avrei potuto continuare a lavorare a Parigi o da qualche altra parte, potevo godermi la mia carriera in posti prestigiosi. Invece ho scelto di tornare qui perché credo che il mio posto sia questo. Ma voglio che sia un posto dove c’è il rispetto, e voglio fare la mia parte affinché questo avvenga. Sarò sempre pronto, come già faccio con progetti in favore dei detenuti, a impegnarmi per chi non ha avuto opportunità. Ma chi può lavorare e sceglie di non farlo, non potrà mai contare su di me».
Fonte:http://www.corriere.it/cronache/16_ottobre_17/parisi-superchef-caccia-l-estorsore-93b35470-93e1-11e6-b6f7-636834b27d39.shtml?campaign_id=A100