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03/11/2016
Secondo i giudici per avviare le procedure serve il consenso di Westminster. Borsa giù, e la sterlina vola. Theresa May: "Faremo rispettare il risultato del voto" e programma telefonata con Juncker. Farage: "Il verdetto scatenerà la rabbia della gente"
LONDRA - L'Alta Corte britannica si è pronunciata: è necessaria l'approvazione del Parlamento perché il Regno Unito possa iniziare il processo di uscita dall'Unione Europea. La sentenza significa che il governo non potrà attivare l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che sancisce l'avvio dei negoziati per l'uscita, senza avere l'ok di Westminster.
Il sasso che ha provocato la valanga sulla Brexit è stato lanciato all'inizio del mese di ottobre da Gina Miller, una businesswoman di 51 anni, britannica di origini sudamericana (è nata in Guyana). È stata lei a presentare ricorso all'Alta Corte di Londra contro la decisione del primo ministro Theresa May di invocare l’articolo 50 del trattato europeo nel marzo prossimo, senza sottoporre il procedimento a un voto del Parlamento. Ormai nel Regno la chiamano Davide, la coraggiosa donna d'affari che armata di carta da bollo ha scritto alla Corte e sfidato Golia, il governo inglese, battendolo. Miller ha sollevato un pandemonio di proporzioni gigantesche e rischia di cambiare la storia europea.
Gli anti-Brexit sostenevano che lasciare l'Unione senza prima aver consultato l'assemblea legislativa avrebbe rappresentato una violazione dell'accordo con cui, nel 1972, il Regno Unito aveva aderito alle comunità europee. Per i giudici il referendum era consultivo e non può prescindere dal voto del Parlamento. "La Corte accetta l'argomentazione principale dei ricorrenti" e "non accoglie le argomentazioni avanzate dal governo, che ritiene questo voto inutile".
Adesso che il ricorso è stato accolto, la premier dovrà affrontare una votazione alla camera dei Comuni e a quella dei Lord, spiegando che tipo di Brexit vuole realizzare, e potrebbe verosimilmente essere sconfitta. A quel punto il governo dovrebbe cambiare strategia e tutto sarebbe possibile: un Brexit meno dura, per esempio restando dentro al mercato comune (e dunque mantenendo la libertà di immigrazione), un nuovo referendum, elezioni anticipate. Magari, in ultima analisi, niente più Brexit.
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Mentre la decisione fa scattare il rialzo della sterlina, il verdetto dell'Alta corte sull'avvio della Brexit "scatenerà la rabbia" della gente, afferma Nigel Farage, leader dell'Ukip, sul suo profilo Twitter e alla Bbc aggiunge che si sta andando verso una "mezza Brexit" e si è detto pronto a tornare in campo nel 2019. Anche il governo è contrariato e ha già dato il via libera per presentare un appello alla Corte suprema contro il verdetto. "Ricorreremo in appello contro questa sentenza", scrive in un comunicato Theresa May. "Il Paese ha votato per lasciare l'Unione Europea in un referendum approvato dal Parlamento e il governo è determinato a far rispettare il risultato del voto". Il verdetto sottolinea il 'caos' che vige nel governo britannico sul voto per la Brexit, dichiara invece la premier scozzese, Nicola Sturgeon: "La sentenza è estremamente significativa e testimonia il caso e la confusione all'interno del governo di Londra" spiega ribadendo che i deputati del Partito nazionale scozzese "non vorranno certo votare per qualcosa che mina la volontà o gli interessi del popolo scozzese".
Il prossimo passo è avvertire Jean Claude Juncker. Una conversazione telefonica tra il presidente della Commissione europea e la premier britannica è già stata programmata per domani "su richiesta del primo ministro britannico", annuncia il capo del servizio dei portavoce, Margaritis Schinas, nel corso del briefing con la stampa. La Commissione europea intanto non commenta quelli che definisce "meccanismi costituzionali di uno Stato membro". Anche se, in seguito al voto popolare al referendum dello scorso 23 giugno, ha deciso di abbandonare l'Ue, il Regno Unito resta comunque un componente dell'Unione, con pieni diritti e doveri, finché non sarà completata la procedura di uscita, che per ora non è ancora stata attivata.
May aveva annunciato l'intenzione di attivare la procedure di uscita del Regno Unito dall'Ue entro marzo 2017. Una volta scattata la notifica, sarebbero cominciati i due anni di negoziati per stabilire le condizioni dell'addio. Ora però, la mossa si allontana. Il governo britannico "non ha intenzione di far sì che questo faccia deragliare l'articolo 50 e il calendario che abbiamo previsto. Siamo determinati ad andare avanti con il nostro piano" conferma un portavoce di Downing street, citato da Bbc. E Jeremy Corbyn, leader del Labour, incalza. Il governo britannico deve presentare "senza ritardi" i termini del negoziato sulla Brexit al Parlamento di Westminster. Il Labour inoltre "rispetta il risultato del referendum", ma chiede al primo ministro "trasparenza e responsabilità".
Fonte:http://www.repubblica.it/esteri/2016/11/03/news/brexit-151211461/