Franchising, retail, business



 

Quando l’economia migliora la sharing economy non piace più, dicono i numeri

01sharing economy lavoretti lavoro

18/11/2016
I dati del JP Morgan Chase Institute fotografano la realtà delle principali piattaforme di lavoro online. Il picco è stato raggiunto nel 2014. Da allora c’è stato un calo nel numero dei partecipanti e nei guadagni percepiti

E se la sharing economy fosse già in declino? Ad avanzare questa ipotesi è Alison Griswold di Quartz che prende in prestito i dati elaborati dal JP Morgan Chase Institute per dimostrare la sua tesi. La realtà che esce fuori dal rapporto realizzato da Diana Farrell e Fiona Greig è quella di una diminuzione dei frequentatori delle piattaforme online che offrono “lavoro condiviso” negli ultimi 2 anni. In sostanza, il picco di utenti di questo tipo di servizi (sia dalla parte di chi li offre che dalla parte di chi ne usufruisce) è stato raggiunto nel 2014. E da allora siti e applicazioni come Airbnb e Uber registrano delle flessioni di mese in mese.

01Crescita di partecipazione e guadagni

Sempre meno partecipazione su Uber e Airbnb
Il fenomeno riguarda sia i siti che danno la possibilità di cimentarsi in un mestiere mai prima provato (labor platforms)- es. fare l’autista a chiamata – sia quelli che permettono di mettere in affitto o condividere un bene (capital platforms), come stanze o case.

01Crescita di partecipazione e guadagni2

Per entrambi questi servizi la crescita si è molto rallentata negli utimi tempi, segno che il boom è ormai passato. Per dirla con i numeri: il 52 per cento di chi aveva pensato di lavorare tramite piattaforme come Uber ha abbandonato il proposito nell’ultimo anno. La tendenza era già stata registrata per Uber in un documento firmato da Jonathan V. Hall e Alan B. Krueger. I due studiosi avevano analizzato la difficoltà a mantenere attivi per più di un anno gli autisti della piattaforma.

Per quanto riguarda le cosiddette capital platforms, il 56 per cento di coloro che avevano messo a disposizione i loro beni online hanno lasciato il progetto prima che fossero trascorsi 12 mesi. I dati che rappresentano la prova di questa tendenza non si riferiscono solo al calo della partecipazione degli utenti nella gig e sharing economy.

Il declino si registra anche nei guadagni di chi ha deciso di monetizzare attraverso queste piattaforme: il calo si attesta intorno al 6 per cento da giugno 2014: per soddisfare le esigenze dei clienti e aumentare i profitti, Uber e Lyft, per esempio, si sono trovati a ridurre le paghe per gli autisti. In Italia una decisione del genere presa dalla startup tedesca Foodora ha portato addirittura a uno sciopero dei riders che hanno protestato, tra le altre cose, per gli scarsi guadagni ottenuti con la loro attività di consegna del cibo a domicilio.

Calano i guadagni, si fugge verso la stabilità
Comincia così a farsi strada la convinzione che questo tipo di occupazioni non possano permettere a nessuno di contare su un’entrata fissa. Assomigliano più a dei lavoretti per arrotondare o per tamponare in tempi di crisi. Negli Stati Uniti, in particolare, il miglioramento delle condizioni economiche ha portato molti di coloro che avevano scelto di rivolgersi a queste piattaforme a cercare impieghi più stabili e in grado di assicurare il sostentamento economico.

D’altronde in nessuno di questi casi si stipula un contratto di dipendenza con l’azienda che permetteva agli utenti di lavorare. Si tratta solo di una forma di intermediazione tra chi ha bisogno di un servizio e dei lavoratori che comunque restano autonomi. Con tutto quello che questo comporta in termini di precarietà e di diritti. Il turn over su queste piattaforme è quindi molto elevato: ogni mese un utente su sei è nuovo, ma in un anno più della metà dei partecipanti abbandona. Questo significa che aumentare l’impegno degli attuali collaboratori è sempre più difficile.

I lavoretti attirano chi è disoccupato
Non è un caso che a rivolgersi alla sharing economy sia soprattutto chi si trova in condizioni economiche difficili. Per quello che riguarda le labor platforms, gli utenti che hanno cercato di guadagnare con i lavoretti a disposizione online sono soprattutto disoccupati.

Questo tipo di impiego incide quindi in maniera più considerevole in termini percentuali sulle entrate totali di chi ha un reddito più basso. Questa è anche la categoria di coloro che rimangono legati alle piattaforme di lavoro online per più tempo, dato che spesso non hanno la possibilità di trovare altro. Tra coloro che abbandonano in meno di un anno, infatti, le persone a più alto reddito e più giovani rappresentano la maggioranza.

C’è da dire comunque che mentre si registra quanto meno una stagnazione nel numero di partecipanti alle piattaforme online, aumentano coloro che lavorano come freelance e lavoratori autonomi. Secondo i professori Lawrence F. Katz e Alan B. Krueger la percentuale è cresciuta dal 10,7 per cento del 2005 al 15,8 per cento del 2015. Per questi lavoratori la sharing economy è sempre stata solo una delle possibilità.

01Crescita di partecipazione e guadagni3

01Crescita di partecipazione e guadagni4

Fonte:http://startupitalia.eu/65855-20161118-lavoro-sharingeconomy-abbandona

LEGGI GLI ALTRI BLOG

Logo FEPbyFFF dates UK

 

ImmagineCompanyProfileUK2ImmagineCompanyProfileIT2

Logo Store inout BrD piccoloL’idea di creare un blog giornaliero per  il mondo del retail nasce grazie ai continui feedback positivi che riceviamo dalle notizie condivise attraverso diversi canali.
Rivolto a tutte le tipologie di distribuzione presenti sul mercato: dal dettaglio ai grandi mall, dal commercio locale e nazionale alle catene di negozi internazionali, investitori, ai nostri fedeli clienti e chiunque altro è realmente interessato allo studio e all'approfondimento su ciò che guida il comportamento dei consumatori. E' anche un blog per tutti coloro i quali lavorano già nel mondo del Retail.
Verranno condivise le loro esperienze, le loro attitudini e le loro experties. Un blog di condivisione, quindi.
Ospitato sul sito della BRD Consulting, che da decenni lavora nel mondo distributivo Italiano ed Internazionale, il blog Store in & out riguarderà il business, i marchi e i comportamenti d'acquisto propri di alcune delle più grandi aziende.
Ci saranno anche notizie in lingua originale per dare evidenza dell’attenzione della nostra Azienda nei confronti del global.
È possibile raggiungere lo staff  a: info@brdconsulting.it

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Continuando la navigazione su questo sito accetti che vengano utilizzati.