Franchising, retail, business
08/01/2017
Stando ai dati economici dei primi sei mesi dal voto in favore della Brexit, risulta che il Paese non solo non si è arrestato, anzi ha iniziato a crescere più di prima aggiudicandosi la palma del miglior Paese del G7 nel 2016. L'economista è una professione in crisi
LONDRA – Le Cassandre hanno sbagliato tutto: davanti ai risultati dell’economia dopo la Brexit, gli economisti devono sentirsi “in crisi” e ripensare il proprio mestiere. Lo dice la Banca d’Inghilterra, battendosi per prima il petto in un simbolico mea culpa, di fronte alle cifre sull’andamento del pil: la Gran Bretagna ha chiuso il 2016 come l’economia più forte del G7 e dunque del mondo, con una crescita per l’anno intero del 2,2 per cento, superiore a Germania, Stati Uniti e Francia, i paesi con il pil più solido alle sue spalle, per tacere degli altri, Canada, Italia e Giappone, ancora più indietro.
Dicembre, come se non bastasse, ha registrato nel Regno Unito l’attività economica più florida dell’ultimo anno e mezzo; e in generale l’economia britannica ha accelerato dopo il referendum sull’Unione Europea del 23 giugno scorso, anziché rallentare o addirittura crollare come pronosticavano molti analisti. Il pil, infatti, è cresciuto dello 0,3 e dello 0,6 per cento nei primi due trimestri del 2016, e dello 0,6 e dello 0,5 per cento negli ultimi due, cioè nei sei mesi successivi alla consultazione referendaria con cui la Gran Bretagna ha deciso di uscire dalla Ue.
“E’ stato il nostro momento alla Michael Fish”, commenta sul Times il capo economista della Banca d’Inghilterra, Andrew Haldane, paragonando le sbagliate previsioni sulle conseguenze della Brexit al celebre errore del 1987 di un meteorologo inglese di nome Michael Fish, secondo il quale ci sarebbe stata soltanto qualche pioggerella invece dell’uragano che sconvolse il paese. Adesso è successo per così dire l’inverso: gli economisti, non solo alla banca centrale inglese ma anche al Fondo Monetario Internazionale, alla Bce, i comitati di premi Nobel e centri analisi della maggiori banche, avevano pronosticato il finimondo in caso di vittoria della Brexit e invece tutto è continuato come prima, anzi le cose sono perfino migliorate. “E’ giusto ammettere che la nostra professione è in crisi”, afferma Haldane.
Ma il capo economista della Banca d’Inghilterra insiste che il suo è più un errore di “tempo che di sostanza”, avvertendo che quest’anno l’inflazione si farà sentire nelle tasche dei consumatori britannici e che si prevede un rallentamento dell’economia nazionale nel 2017. La banca centrale inglese stima che nei prossimi dodici mesi la crescita sarà dell’1,4 per cento, che metterebbe la Gran Bretagna all’incirca nella media del G7. E altri economisti continuano ad ammonire che la tempesta della Brexit non si è ancora verificata soltanto perché la Brexit non è ancora cominciata. La trattativa per l’uscita dalla Ue dovrebbe iniziare a fine marzo e durare come minimo due anni.
Resta il fatto che la maggioranza degli economisti prevedevano una flessione immediata, accompagnata da crolli delle borse, subito dopo il referendum, e questo non è avvenuto. Confermando la vecchia massima dell’economista John Kenneth Galbraith: “La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile”.
Fonte:http://www.repubblica.it/economia/2017/01/08/news/la_brexit_cancella_il_lavoro_di_economista_previsioni_tutte_sbagliate-155510638/?ref=fbpr