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22/01/2017
La Gran Bretagna che esce dalla Ue e diventa un paradiso fiscale, Trump che vuole la dissoluzione dell'Europa, le elezioni, la crisi della Rurchia e lo scontro tra la Bce di Draghi e i tedeschi: l'anno che arriva sarà uno dei più difficili per i Paesi dell'euro
Nel giro di pochi giorni, Theresa May ha minacciato di trasformare l'Inghilterra in un gigantesco paradiso fiscale alle porte d'Europa; il miglior alleato della Ue, l'America, si è augurato nella persona del nuovo presidente, la dissoluzione della stessa Ue; lo scontro tra Draghi e tedeschi è diventato frontale. Sono bastate, insomma, tre settimane per capire che il 2017 si presenta come l'"annus horribilis" per l'Europa e non è detto che ne esca con le ossa intatte: le incognite, non solo elettorali, non sono mai state tanto più numerose delle certezze.
Brexit. Theresa May ha annunciato che il divorzio di Londra sarà tempestoso. La posizione inglese è assai più fragile di quello che Downing Street voglia far credere, ma l'Inghilterra è una, gli altri sono 27 e raramente vanno d'accordo. Di sicuro, la Brexit ha reso concreta l'immagine della Ue come un club da cui si può anche uscire.
Trump. Uscire senza restare soli. La carica del neopresidente americano contro l'Europa non ha solo stravolto 70 anni di diplomazia filo Ue di Washington, ma ha anche fornito copertura politica e ideale a chi nutrisse tentazioni di accodarsi all'Inghilterra e, insieme, la prospettiva di un porto sicuro nelle trattative commerciali.
Putin. Gli attacchi di Trump alla Ue e alla Nato sono le prime manifestazioni concrete della sintonia politica con il Cremlino. Putin è l'altro braccio della tenaglia
che minaccia la Ue. Non è un caso che i nazionalpopulisti che contestano l'euro e l'Europa si ritrovino senza imbarazzo ad inneggiare all'uno e all'altro. In effetti, l'appoggio di due leader mondiali toglie ai nazionalpopulisti l'etichetta di isolati visionari e legittima la loro battaglia contro l'Europa davanti a pezzi importanti dell'opinione pubblica. Se Trump parla, comunque, l'appoggio di Putin è, invece, concreto, anche finanziario, come sono concreti i suoi obiettivi: dividere l'Europa, fermarne la spinta a Est, liberarsi delle sanzioni, ottenere via libera per il gas di Gazprom.
Il 2017 offre a questi movimenti antieuropei almeno tre occasioni ghiotte per dare una spallata all'edificio europeo.
Bce. L'asimmetria nelle traiettorie economiche dei diversi paesi è, da sempre, il tallone d'Achille di un euro, a cui sono stati negati strumenti di compensazione fiscale fra le diverse congiunture. Il 2017 si apre con una economia vivace in una serie di paesi, a cominciare dalla Germania, ormai vicina alla piena occupazione, mentre l'inflazione rialza la testa, rendendo sempre più onerosa la politica dei bassi tassi di interesse della Bce per la platea dei risparmiatori e delle banche di quei paesi. Ma quella stessa politica è cruciale per evitare che paesi più deboli, come l'Italia, affondino. Nei prossimi mesi, le polemiche contro Draghi su questo punto, saranno feroci.
Erdogan. La libera circolazione di Schengen fa parte ormai dei ricordi, ma la questione rifugiati potrebbe esplodere nuovamente. L'involuzione autoritaria di Erdogan rende sempre più difficile mantenere le intese con il presidente turco, ma se la Turchia, nella prossima primavera, smettesse di assorbire come una spugna le ondate dei rifugiati e li lasciasse proseguire, per l'Europa sarebbe di nuovo caos, anche se il numero dei profughi difficilmente raggiungerà il picco del 2015.
Elezioni. Tanto più che in Europa è anno elettorale e la marea nazionalpopulista sta montando. In Francia, la Le Pen è proiettata al secondo turno, in Olanda i sondaggi danno a Geert Wilders 35 deputati su 76, tre in meno della maggioranza assoluta. In Germania, l'Afd arriverà al Bundestag con oltre il 13 per cento dei voti. In Italia, se si votasse, Grillo e Salvini - in sintonia sul tema Europa - supererebbero il 40 per cento. I sondaggi valgono quel che valgono e, in realtà, pochi pensano che Wilders, Marine Le Pen, Grillo possano davvero arrivare al governo. Ma, in democrazia, i voti contano anche quando non sono maggioranza. Difficile far finta, dai banchi del governo, di non avere di fronte una opposizione capace di convogliare su una posizione antieuropea il 40-45 per cento dei voti.