Franchising, retail, business
05/02/2017
E’ stata approvata dalla Camera una legge per regolamentare il fenomeno del social eating o meglio, degli Home restaurant, quelle forme di economia condivisa attraverso le quali un privato cittadino può organizzare cene a pagamento a casa propria, il tutto a partire da piattaforme attive online.
Una sorta di Uber da spendere a tavola, contro il quale però si stanno scagliando i ristoratori tradizionali e le loro categorie di riferimento. La legge in approvazione in Parlamento sarebbe più che altro una loro azione, e prevede – per esempio – un tetto massimo al giro di affari annuo di queste realtà, pari a 5mila euro. “Un limite improponibile” dice Cristiano Rigon, patron di Gnammo.com, una delle piattaforme italiane attraverso le quali si possono organizzare eventi di social eating e home resturant. Aggiunge Rigon: “Questo tetto va contro i dettami della Ue che ha stabilito di non porre limiti a questo tipo di economia”.
Gli fa eco Mirko Derosa, giovane ristoratore che s’è di recente impegnato (anche economicamente) nella creazione di un locale tradizionale a Milano: “Mi sembra che la ristorazione preveda attori di serie a (chi lo fa in casa e guadagna senza sostenere alcuna spesa o obbligo) e di serie B, come il sottoscritto che oltre alle tasse, ha dovuto sottostare a tutta una serie di norme costosissime, dall’assunzione dei dipendenti, agli spogliatoi, ai dispositivi anti barriere architettoniche, passando per estintori e canne fumarie. La sharing economy va normata – conclude Derosa – non può consentire ai furbi di fare il bello e cattivo tempo”.
Fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/05/sharing-economy-ecco-come-funziona-un-home-restaurant-ma-chi-lo-fa-di-mestiere-non-ci-sta-modo-furbo-di-guadagnare/3348064/