Franchising, retail, business
09/02/2017
La maggior parte dei paesi europei ed extra-europei, negli ultimi anni, hanno emanato leggi, regolamenti ed incentivi per incoraggiare i giovani a sviluppare un proprio business.
Nonostante si prodighino a favorire queste nuove attività, risulta estremamente difficile per tutti i paesi dell’area europea avere il “business appeal” che trasmette il Regno Unito. Questo fascino economico è dimostrato dall’enorme quantità di investimenti esercitati oltremanica: 2,4 miliardi di dollari nel primo semestre dello scorso anno. Sono dati pre-brexit, la quale ha momentaneamente intimorito gli investitori, ma chiaramente rappresentano numeri difficilmente eguagliabili in Europa, basta esaminare lo stesso dato nello stesso periodo in Italia: 72 milioni di dollari. In Italia si investe trenta volte in meno che nel Regno Unito quando si tratta di aziende innovative. Due mondi economici totalmente differenti.
Il fattore più importante per determinare il luogo di apertura di una propria attività, è sicuramente il mercato. E per una start-up i mercati sono due: il mercato in cui si vuole vendere il proprio prodotto o il proprio servizio ed il mercato dei capitali a cui si vuole attingere per crescere più rapidamente.
Sul secondo ovviamente non c’è scelta quando i numeri si fanno così importanti ed il margine di capitali è così ampio, inoltre è solo sui grandi mercati finanziari globali che agiscono i grandi investitori i quali preferiscono puntare su aziende che agiscono in un regime fiscale, legale e burocratico che conoscono. Sul primo, invece, se si vuole vendere nel mercato italiano è più efficace e legalmente consigliabile, almeno all’inizio, avere la propria azienda in Italia.
Sono moltissimi gli imprenditori italiani che hanno deciso di attraversare la Manica, dopo una prima fase in Italia, sia per ampliare il loro mercato, sia per poter attingere ai capitali necessari per crescere, ma sono moltissimi anche quelli che hanno deciso di iniziare subito nel Regno Unito, come Fabrizio Ninfa, fondatore e ceo di Notum, azienda che vuole rivoluzionare il campo dell’editoria, il quale racconta la sua esperienza da startupper a Londra: “Tutto è velocissimo e semplicissimo, la società si apre in un’ora e con un capitale sociale minimo di una sterlina. Per aprire il conto corrente è opportuno essere residenti in Gran Bretagna. La partita Iva, o meglio la Vat, è obbligatoria solo se l’azienda ha un giro di affari superiore alle 80 mila sterline, non c’è ritenuta d’acconto e gli eventuali stipendi sono calcolati sulla base delle tabelle che il governo redige e che tengono in considerazione la carica, le mansioni e la responsabilità delle persone che entrano in azienda”. Infine il fisco, che nel Regno Unito si chiama HMRC (Her Majesty’s Revenue & Customs), ogni sei mesi manda l’avviso con tutti i documenti richiesti e le scadenze, cosa che semplifica enormemente tutta la procedura.
A cura di Silvano Ghigliani
Fonte:http://www.wallace-partners.com/it/news-detail/11/il-business-appeal-del-regno-unito-per-le-start-up?platform=hootsuite