Franchising, retail, business



 

Il food aspetta l’anno della svolta

01pasta olio export

18/03/2017
Alimentare fuori dal tunnel. Dopo un 2016 con produzione ed export in crescita ma con consumi piatti, il 2017 promette un miglioramento generalizzato degli indici: più valore, un’accelerazione delle esportazioni e più domanda interna.

Queste almeno le previsioni del presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, che, ieri a Milano, ha ribadito la ferma opposizione al progetto dell’etichettatura a semafori e ha indicato il decreto legge sull’indicazione dello stabilimento di produzione come penalizzante per i produttori italiani e ingannevole per i consumatori.

Quest’anno il fatturato dell’industria dovrebbe aumentare dell’1,5% a 134 miliardi, l’export del 5% a 31,5 miliardi e i consumi dello 0,3% (al netto dell’inflazione) a 231 miliardi. «Dopo quattro anni di stagnazione a quota 132 miliardi, fenomeno senza precedenti dal dopoguerra - osserva Scordamaglia - la produzione dovrebbe ripartire e raggiungere i 134 miliardi. L'export invece, in assenza di forti turbative internazionali, dovrebbe posizionarsi su un passo attorno al 5%. Più vicino all’obiettivo dei 50 miliardi entro il 2020».

L’inversione di tendenza della produzione è avvenuta nell’ultimo bimestre del 2016. «La produzione alimentare - spiega il presidente - che in gennaio-ottobre navigava ancora su un +0,3%, ha messo a segno in chiusura un +1,1%, che è il più robusto incremento dal 2010». Insomma una velocità d’uscita di rilievo per il 2017, «anno che dovrebbe segnare, per la prima volta, variazioni positive per tutti e tre i grandi parametri congiunturali, non solo produzione ed export, ma anche vendite alimentari interne». Sempre che il Governo non ritocchi le aliquote Iva.

Quali i settori trainanti del 2016? Si sono distinti la lavorazione del tè e del caffè (+11,7%), le paste alimentari (+5,6%) e l’ alimentazione animale (+4,9%). Nell’export hanno invece ha brillato lo zucchero (+19,3%), il molitorio (+18,5%) e il caffè (+10,3%). Il vino (con mosti e aceti) rimane il comparto più importante (20% di incidenza), con oltre 6 miliardi, seguito, a molta distanza, dal lattiero caseario con 2,7 miliardi.

Buona la spinta dell’export del 2016, anche se in frenata rispetto al +6,7% dell’anno prima (che però beneficiò del boom del dollaro) «ma senza dubbio positiva - osserva Scordamaglia - in un contesto internazionale molto più difficile, contraddistinto da un crescendo di misure protezionistiche e da un rallentamento del commercio mondiale». Rammenta che durante la presidenza Obama le misure di stampo protezionistico adottate nel mondo sono salite a 3.500, con in testa gli Usa.

Quanto al mercato italiano, nel 2016 le vendite di prodotti alimentari sono state deboli, -0,5% a valore, dopo il taglio di 15 punti (in valuta costante) accumulato durante la crisi del 2007-2015. «E anche oggi il mercato rimane debole e fragile» sottolinea Scordamaglia.

Grande preoccupazione, invece, per le possibili conseguenze della proposta di etichettatura a semaforo presentata da sei multinazionali (Coca-Cola Company, Mars, Mondelez International, Nestlé, PepsiCo e Unilever) a Bruxelles. Questo sistema, collaudato nel Regno Unito, consiste in un bollino cromatico (verde, giallo o rosso) applicato sul prodotto per indicare la presenza di grassi, zuccheri o sale, indipendentemente dalle quantità consumate. «Classificare i cibi come più o meno sani in base a questo sistema - dice Scordamaglia - è un’aberrazione». In effetti si genererebbe un paradosso: prodotti di alta qualità come il Parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma e la mozzarella avrebbero un bollino rosso mentre una bevanda gassata con edulcoranti chimici ne avrebbe uno verde. Le multinazionali hanno chiesto il coinvolgimento della Ue, ma, di fatto, potrebbero applicare il sistema delle etichette a semaforo senza incorrere in nessun reato. Come è avvenuto in Gran Bretagna, salvo il cartellino giallo mostrato successivamente da Bruxelles, ma vanificato da Brexit.

Infine, il presidente di Federalimentare ritiene sbagliato riproporre l’obbligo di indicazione dello stabilimento d’origine a livello nazionale: con questa norma «un qualsiasi imprenditore tedesco o francese con una semplice ragione sociale a qualsiasi titolo nel nostro Paese può spacciarsi per italiano, con gravi danni per tutto il sistema».

–di Emanuele Scarci

Fonte:http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-03-17/il-food-aspetta-l-anno-svolta-184306.shtml?uuid=AEEUgko

LEGGI GLI ALTRI BLOG

Logo FEPbyFFF dates UK

 

ImmagineCompanyProfileUK2ImmagineCompanyProfileIT2

Logo Store inout BrD piccoloL’idea di creare un blog giornaliero per  il mondo del retail nasce grazie ai continui feedback positivi che riceviamo dalle notizie condivise attraverso diversi canali.
Rivolto a tutte le tipologie di distribuzione presenti sul mercato: dal dettaglio ai grandi mall, dal commercio locale e nazionale alle catene di negozi internazionali, investitori, ai nostri fedeli clienti e chiunque altro è realmente interessato allo studio e all'approfondimento su ciò che guida il comportamento dei consumatori. E' anche un blog per tutti coloro i quali lavorano già nel mondo del Retail.
Verranno condivise le loro esperienze, le loro attitudini e le loro experties. Un blog di condivisione, quindi.
Ospitato sul sito della BRD Consulting, che da decenni lavora nel mondo distributivo Italiano ed Internazionale, il blog Store in & out riguarderà il business, i marchi e i comportamenti d'acquisto propri di alcune delle più grandi aziende.
Ci saranno anche notizie in lingua originale per dare evidenza dell’attenzione della nostra Azienda nei confronti del global.
È possibile raggiungere lo staff  a: info@brdconsulting.it

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Continuando la navigazione su questo sito accetti che vengano utilizzati.