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La psicologia dei social, ecco perché sul web cambiamo personalità

01psicologa

24/03/2017
Esce oggi “La psicologia di Internet”, il libro di Patricia Wallace che indaga come la rete abbia stravolto il nostro modo di comportarci e di interfacciarci con gli altri

NEL 1999 Google aveva pochissimi dipendenti, Mark Zuckerberg andava alle superiori e gli smartphone erano per lo più un universo ancora di là da venire. L'iPhone non sarebbe sbarcato che nel 2007, per intendersi. Internet era una materia fino ad allora riservata più che altro ad alcuni pionieri, scrive Patricia Wallace nella prefazione della seconda edizione del suo La psicologia di Internet che esce oggi in Italia (edizione italiana a cura di Paolo Ferri e Stefano Moriggi, Cortina Editore). Eppure, già allora, quando venne pubblicata la prima edizione del libro, cominciava ad essere chiaro che stavamo abbracciando una rivoluzione che non solo avrebbe modificato il nostro modo di fare shopping, cercare lavoro e studiare ma che la rete fosse in grado di influenzare il comportamento umano, le comunicazioni e i rapporti tra le persone. "In modi talvolta curiosi", scrive Wallace.

Capire come a quel tempo significava rifarsi agli studi nel campo delle scienze sociali tradizionali, oggi significa perdersi tra i tantissimi studi che ormai da anni indagano il nostro comportamento online, dal dating, all'altruismo, ai videogiochi.

Sono queste le ricerche che Patricia Wallace - insegnante della Graduate School del Maryland University College che si occupa di psicologia delle relazioni e dell’apprendimento - ha sfogliato per mettere insieme una sorta di ritratto della nostra psicologia online, tracciata dai social network ma non solo. Perché Internet rappresenta un ambiente completamente nuovo per il comportamento e le interazioni umane, un ambiente da studiare.

"Abbiamo avuto migliaia di anni di evoluzione per prendere confidenza con le interazioni umane in contesti faccia a faccia, ma appena due decenni per il mondo online diffuso su larga scala, ed ora è il luogo dove si svolge molta dell'interazione umana, con strumenti del tutto diversi - racconta Wallace - .Non solo manca il contatto faccia a faccia, ma c'è anche la distanza fisica, l'incertezza sul pubblico che ci vede e ci ascolta, la percezione dell'anonimato, la mancanza di un feedback immediato e gli strumenti di comunicazione che usiamo si basano principalmente su testo e immagini. Al tempo stesso Internet è un motore senza precedenti di innovazione, connessione e sviluppo umano".

Un motore che può, sotto certi aspetti, trasformarci anche in persone (un po') diverse. "Non possiamo dire di diventare una persona diversa online, ma proprio come ci comportiamo diversamente in spiaggia o in ufficio siamo influenzati dalle caratteristiche della rete. Tutti, almeno in una certa misura - continua l'autrice - .La maggior parte delle persone si costruisce e mantiene online una persona che è una versione in qualche modo potenziata di se stessa, che valorizza le caratteristiche positive e smorza quelle negative, a volte creando veri e propri personaggi nuovi rispetto al reale, anche solo per provare qualcosa di diverso". Perché in rete abbiamo un controllo maggiore su tutto, che non abbiamo nella vita reale: possiamo per esempio modificare i testi che scriviamo in modo attento, photoshoppare le immagini.

"Parallelamente questa 'persona online' manca di feedback immediati relativamente a quello che dice o a come appare, quali possono essere un'espressione del volto, uno sbadiglio, il movimento degli occhi. In assenza di questo feedback immediato su quello che si dice o su come si appare, l'ambiente online rischia di condurci alla disinibizione, specie in condizioni di anonimato o di farci divulgare troppe informazioni personali", spiega Wallace.

E alcuni cambiamenti sono già avvenuti. In particolare con i social media, “che possono incoraggiare il narcisismo, con ogni persona che si muove in un 'palcoscenico' in cui è il personaggio centrale. Questa attenzione sul sé porta a un atteggiamento di auto-indulgenza, almeno, o al narcisismo in casi estremi. Alcuni ricercatori sostengono che il narcisismo sia diventato un'epidemia, anche grazie a Internet e ai social media. In ogni caso, i social media certamente offrono una piattaforma molto attraente per i narcisisti che possono raccogliere migliaia di 'amici' e impegnarsi in monologhi sulle loro attività, credendo che il pubblico penda da ogni loro parola”. Al tempo stesso, continua l'autrice, in rete è più facile assistere a fenomeni di polarizzazione di gruppo, perché l'identità di gruppo può essere molto forte e si possono formare echo chambers, luoghi virtuali in cui le persone interagiscono soprattutto con quelli che sono già d'accordo con loro, inveendo contro quelli che non lo sono.

Ma le modificazioni più profonde, quelle che tutti abbiamo toccato con mano riguardano forse l'ambito della comunicazione: “Quando si comunica online, la gente non solo sembra più brusca e aggressiva, in realtà lo è davvero. A volte ci si dimentica che il tono, nelle comunicazioni più tradizionali, è veicolato con i segnali non verbali, le espressioni facciali sì, ma anche la postura del corpo, il contatto visivo, la voce, per esempio - commenta Wallace - In assenza di questi segnali, online è più difficile esprimersi in maniera sottile, quindi le comunicazioni appaiono più brusche e aggressive”. Online, siamo insomma meno capaci di interpretare le comunicazioni testuali con precisione, anche quando il mittente pensa che il significato dovrebbe essere ovvio. Questo accade con il sarcasmo, per esempio. È molto difficile identificare con precisione un commento sarcastico in una e-mail, e una mancanza che può generare interpretazioni errate eclatanti.

Uno degli 'effetti collaterali' dell'essere sempre connessi, che rischia di diventare una vera e propria dipendenza, che secondo alcuni esperti starebbe addirittura sostituendo altre dipendenze. “Specie con l'utilizzo degli smartphone, sempre connessi, rischiamo davvero di andare incontro a un uso eccessivo problematico”. C'è da considerare, però, che le persone hanno buone ragioni per rimanere connesse, ricorda l'autrice: come magazzino informazioni, Internet è senza precedenti, e permette di appozzare a una libreria praticamente infinita, in gran parte libera, attraverso la generosità e la gentilezza di estranei. I social media ci permettono di ritrovare famigliari e amici persi di vista e di rimanere in contatto con loro. Per lo shopping, la rete ci permette di acquistare e confrontare i prezzi con un solo clic. E come una piattaforma per il lavoro, in alcuni casi, si rende liberi di lavorare in qualsiasi momento e ovunque, superando molte difficoltà, non da ultimo quelle che incontrano le persone con disabilità.

Come una dipendenza. “Non ci porta a molto confrontare l'uso della rete con l'abuso di sostanze patologico. Quello che invece ci si potrebbe chiedere è se un ampio uso di Internet non stia forse portando a risultati negativi per il lavoro, la famiglia, o la nostra vita sociale di una persona. - conclude Wallace - .La paura di rimanere fuori è così forte da farci dimenticare le scadenze, trascurare le relazioni, o fallire nei test? I messaggi sui social media, per esempio, a volte possono iniziare a sostituire le interazioni faccia a faccia, in modi che possono portare le persone a sentirsi invece che più connesse in fondo più isolate”.

di ANNA LISA BONFRANCESCHI

Fonte:http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/03/21/news/rete_internet_psicologia-161065612/?ref=RHPPRT-BS-I0-C4-P1-S1.4-T1#gallery-slider=157635354

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