Franchising, retail, business
26/05/2017
Nel 2016 le operazioni di private equity hanno raggiunto quota 1,8 miliardi di euro, la cifra più alta mai registrata dal 2010. In lieve aumento il numero delle transazioni di private debt
Ci sono anche i fondi di private equity dietro la crescita del franchising tricolore. Confimprese, associazione che rappresenta circa 300 marchi commerciali del settore, prevede di arrivare a fine 2017 con oltre 1.000 nuove aperture, grazie anche ai capitali in arrivo da investitori istituzionali. Secondo un’analisi condotta per l’associazione dalla società di consulenza EY, infatti, nel 2016 sono state concluse 28 operazioni (14 nei beni di consumo e 10 nel food & beverage e 4 nel retail & wholesale), con un valore di 1,8 miliardi di euro per i soli deal dichiarati, la cifra più alta mai registrata dal 2010. In 17 casi su 28, l’intervento ha portato all’acquisizione della maggioranza delle quote.
“Il retail attira i player di private equity perché offre la possibilità di implementazione di fatturati e utili attraverso la valorizzazione degli asset principali. Le operazioni di questo tipo massimizzano il valore della quota venduta e permettono la crescita di valore di quella residua”, spiega il presidente di Confimprese Mario Resca.
Un settore che, aggiunge Stefano Vittucci di EY, “ha dimostrato di attirare l’interesse sia di investitori Italiani che stranieri, con multipli sull’Ebitda frequentemente superiori al sette e un numero crescente di operazioni di finanziamento tramite strumenti di debito”. Cresce infatti, anche se in maniera molto prudente, anche il private debt. Le transazioni in ambito retail e beni di consumo sono state 9 nel 2016, contro le 6 di due anni prima, anche con un valore in caduta libera: 22,5 milioni di euro rispetto ai 202 del 2014.
Sullo sfondo c’è la primavera degli strumenti di investimento in imprese non quotate. In Italia il valore del private equity è raddoppiato tra il 2012 e il 2013, passando da 1,6 a 3 miliardi di euro, e che oggi vale 2,8 miliardi. In aumento anche il debito privato, con un ammontare investito passato dai 128 milioni di euro del 2014 ai 378 del 2016.
Crescente, soprattutto nel private equity, il ruolo dei fondi stranieri. Se si osservano le operazioni portate a termine nel settore del franchising, per esempio, questi ultimi prevalgono sugli italiani: 15 contro 13 nel 2016, mentre nel 2010 la proporzione era 10 a 16. Un’inversione di tendenza che porta con sé anche opportunità per le aziende italiane: “Se da un lato l’arrivo di investitori esteri può essere visto come un impoverimento del tessuto economico nazionale, dall’altro apportano capitali freschi e un sostegno all’internazionalizzazione, un trend che negli ultimi anni procede a doppia cifra”, aggiunge Resca. In molti casi, infatti, l’incontro con investitori arrivati da oltreconfine ha dato il via a esperienze di successo per le imprese italiane del franchising. Prendiamo il caso della friulana Stroili Oro: la catena di gioiellerie, dopo il passaggio della proprietà a fondi di private equity – tra cui L-Capital del colosso del lusso Lvmh - è approdata nel gruppo francese Thom Europe, a sua volta controllato dal fondo Bridgepoint. “Adesso l’obiettivo è creare il più grande gruppo al mondo di reatil nel settore della gioielleria, mantenendo le diverse insegne nazionali”, dice l’ad di Strili Oro Maurizio Merenda.
E grazie ai soldi freschi del fondo Bc Partenrs, il gruppo di ristorazione Cigierre (sue le insegne Old Wild West e Wiener Haus) ora pensa a crescere per linee esterne: “Siamo in cerca di acquisizioni, sia in Italia che all’estero. Al momento, per esempio, stiamo valutando l’operazione con un’azienda francese”, racconta l’ad Marco Di Giusto. I capitali della 21 Investimenti di Alessandro Benetton e poi quelli dell’investitore britannico Lion Capital, invece, hanno fatto decollare il franchising di calzature Pittarosso: “Nel 2011 avevamo 50 punti vendita per un giro d’affari di 100 milioni di euro. Oggi i negozi sono più di 220 e il fatturato è quadruplicato. Grazie all’investimento dei fondi abbiamo portato avanti anche un intervento di forte ottimizzazione: basti pensare che oggi in magazzino lavorano meno persone che nel 2011”, spiega l’ad di Pittarosso Andrea Cipolloni.
Di: Veronica Ulivieri
Fonte:http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/mercati/2017/05/26/news/i_fondi_fanno_crescere_il_franchising_italiano-166445628/