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Più lavoro nero e paghe basse, tutta colpa della crisi

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31/01/2018 - Lo studio di Censis-Confcooperative: tra il 2012 e il 2015 l’occupazione regolare si è ridotta del 2,1% mentre quella irregolare è aumentata del 6,3%: in totale oltre 3,3 milioni i lavoratori

ROMA - Aumenta il lavoro nero mettendo all'angolo quello regolare. È così che in Italia l'economia sommersa ha sfruttato la crisi cambiando gli equilibri delle sue variabili principali stringendo la sua morsa sulla parte più esposta e meno difesa ovvero i lavoratori che a causa della difficoltà hanno accettato un lavoro a ogni costo. Nel periodo 2012-2015 (questi sono gli ultimi dati disponibili), mentre l'occupazione regolare si è ridotta del 2,1%, quella irregolare è aumentata del 6,3%, portando cosi a oltre 3,3 milioni i lavoratori che vivono in questo cono d'ombra non monitorato. Ma non basta: le imprese che ricorrono al lavoro irregolare riducono il costo del lavoro di oltre il 50% mettendo spesso fuori mercato le aziende che operano nella legalità. E i lavoratori restano senza coperture previdenziali, assistenziali e sanitarie per un'evasione contributiva pari a 10,7 miliardi.

Questi dati, allarmanti, emergono dal focus Censis-Confcooperative "Negato, irregolare, sommerso: il lato oscuro del lavoro". Secondo la Commissione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, istituita presso il MEF, considerato l’insieme delle attività economiche, il salario medio orario sostenuto dalle imprese per retribuire un lavoratore regolare dipendente è di 16 euro mentre il salario pagato dalle aziende per un lavoratore irregolare corrisponde a 8,1 euro cioè circa la metà del salario orario lordo del lavoratore regolare. Il cosiddetto monte salariale irregolare nel 2014 ha raggiunto i 28 miliardi di euro, pari al 6,1% del valore complessivo delle retribuzioni lorde.

"Attraverso questo focus - dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative - denunciamo ancora una volta e diciamo basta a chi ottiene vantaggio competitivo attraverso il taglio irregolare del costo del lavoro che vuol dire diritti negati e lavoratori sfruttati. Se le false cooperative sfruttano oltre 100mila lavoratori, qui fotografiamo un'area grigia molto più ampia che interessa le tantissime false imprese di tutti settori produttivi che offrono lavoro irregolare e sommerso a oltre 3,3 milioni di persone".

La metà dei disoccupati dovuti alla crisi sono stati risucchiati dall'illegalità. Mentre tra il2012 e il 2015 nell'economia regolare venivano cancellati 462 mila posti di lavoro (260mila riconducibili a lavoro svolto alle dipendenze e 202mila nell'ambito del lavoro indipendente), la schiera di chi era occupato illegalmente è salita di 200 mila unità, arrivando a superare quota 3,3 milioni.

All'espansione del lavoro "non normato" ha contribuito in maniera prevalente l'occupazione dipendente (+7,4%), mentre sul fronte dell'occupazione regolare è la componente indipendente che, in termini relativi, ha subito un maggiore ridimensionamento (-3,7%).

Lavoro domestico, alle famiglie il record del nero, tra le mura domestiche irregolari 6 su 10. La graduatoria delle attività a più ampio utilizzo di lavoro sommerso vede ai primi posti quelle legate all'impiego di personale domestico da parte delle famiglie, secondo un tasso di irregolarità - dato dal rapporto fra occupati irregolari e il totale degli occupati - che sfiora ormai il 60%. "Va fatta una distinzione tra i livelli di irregolarità di una badante e quella di un lavoratore sfruttato nei campi o nei cantieri o nel facchinaggio. Il primo - aggiunge Gardini - seppur in un contesto di irregolarità, fotografa le difficoltà delle famiglie nell'assistere un anziano, un disabile o un minore. Nell'ambito delle attività agricole e del terziario resta uno stock di occupati non regolari: nel primo caso il tasso è del 23,4%, mentre nel secondo caso - e nello specifico delle attività artistiche, di intrattenimento e di altri servizi - risulta di poco inferiore (22,7%). Piuttosto elevata la quota di irregolari nel settore alloggi e ristorazione, con il 17,7%, e nelle costruzioni (16,1%).

Calabria, Campania, Puglia e Sicilia le regioni dove c'è più sommerso. Infine, sul piano territoriale, e riguardo all'incidenza del lavoro irregolare sul valore aggiunto regionale, Calabria e Campania registrano le percentuali più alte (rispettivamente il 9,9% e l'8,8%), seguite da Sicilia (8,1%), Puglia (7,6%), Sardegna e Molise (entrambe con il 7%).

Fonte:http://www.repubblica.it/economia/2018/01/31/news/lavoro_nero_sommerso_censis_confcooperative-187661813/

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