Franchising, retail, business
12/02/2018 - Barbara Ardù Roma C’ è un settore del commercio che è passato indenne dalla grande crisi, che se la cava bene nonostante la minaccia sempre più incombente dell’online e che prevede di espandersi ancora nel corso del 2018.
E’ il franchising: quei negozi tutti uguali ovunque si vada, da Palermo ad Aosta, che si incontrano nelle stazioni, negli aeroporti e sempre più nei centri commerciali. Hanno il brand dalla loro parte, quel marchio che in un certo senso è una certezza. Si chiamano Yamamay, Carpisa, Illycaffè, Old Wild West, Rossopomodoro. Entri e sai cosa trovi. A tracciare l’identità di un settore che in tempi di crisi non ha subito grandi scossoni (è sempre cresciuto) è il Rapporto annuale di Confimprese. Nel prossimo anno sono previste mille nuove aperture con una ricaduta occupazionale di quasi 10mila addetti. Il benchmark sul 2017 sottolinea una sostanziale stabilità, con due indicazioni positive: food e fashion, entrambi portavoce del made in Italy nel mondo, sono i settori cardine del retail, quelli che metteranno a segno prossimamente la metà di tutte le nuove aperture, ben 506 (296 il food e 240 il fashion). Ma anche settori come ottica, arredo casa, cultura e spettacolo, con 196 nuove aperture contro le 165 del 2017, stanno andando bene.
Un bilancio positivo in un momento storico in cui i consumi sono tutt’altro che stabili. Anzi a dirla tutta sono ondivaghi, un mese crescono, l’altro si ritirano. Una stabilità ancora non s’è vista. «Una tendenza di stop and go», l’ha definita pochi giorni fa Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. Ma alcuni punti fermi si stanno delineando. I piccoli negozi di vicinato sono sempre più in difficoltà, mentre crescono le catene di negozi in franchising e sul settore incombe ormai un concorrente che non risparmia nessuno, il commercio online. «Una concorrenza – spiega Mario Resca, presidente di Confimprese, cresciuto ai vertici di McDonald Italia – che riguarda tutti, piccoli e grandi negozi. Una realtà però che non si può combattere, ma arginare.
Come? Puntando sul brand, sul rapporto qualità/prezzo, sulla formazione dei dipendenti e su una integrazione sempre più decisa tra nuove tecnologie e punti vendita. La strada che seguono le nostre aziende». Sono questi gli ingredienti di un nuovo modo di intendere il retail, che aborrisce lacci e lacciuoli. «Le catene di vendita si sono organizzate – spiega Mario Resca – spesso sono aperte 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, hanno modificato lo stile di vendita e così facendo hanno aumentato anche il loro potere contrattuale con i fornitori. Fanno molta formazione ai dipendenti e questo è il vero punto di forza. Chi sostiene di voler regolamentare il settore del commercio è fuori dal tempo. Non si può tornare indietro, soprattutto se la concorrenza arriva dall’online». La leva per il successo è nel marchio, «che rappresenta una garanzia per il consumatore – aggiunge Resca – che sa cosa aspettarsi quando entra nel punto vendita. Niente sorprese insomma».
Quelle in franchising, tra l’altro, sono attività che possono essere messe su in poco tempo e con un investimento anche contenuto (per il 31% di punti vendita basta partire con una spesa tra i 20 e i 50mila euro). Trecento sono i marchi commerciali, Chef Express, Old Wild West, Carpisa, Yamamay per citarne alcuni. In tutto 30mila punti vendita, 600mila gli addetti, con un fatturato del 16% sul totale del retail, pari a 900 miliardi di euro. I retailer, tra l’altro, stanno ideando nuove strategie per enfatizzare la shopping experience del consumatore nel negozio reale. Come? Sfruttando le possibilità di integrazione con le tecnologie digitali e investendo per attirare un consumatore che è ancora attratto dall’esperienza fisica in negozio. E sì perché secondo le ultime rilevazioni Gfk per Confimprese il 43% degli italiani è più propenso a visitare un punto vendita che offra un’esperienza di realtà virtuale. Una percentuale che tocca il 52% nelle generazioni più giovani, quelle dai 18 ai 25 anni.
E’ il cibo però a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore nel mondo del retail, con lo street food che si conferma l’icona del terzo millennio. E i dati lo confermano: il 52% degli italiani, secondo stime della Coldiretti, acquista street food e il 69% sceglie i prodotti della tradizione italiana. Un segmento. Quello del cibo da strada dove per Confimprese ci saranno 92 nuove aperture nel 2018. A espandersi saranno soprattutto i nuovi locali della ristorazione riconoscibili da un marchio. In tutto nel 2018 si prevedono 296 nuove aperture (5.843 addetti) sia da parte di grandi brand, come Pizzikotto, Romeo, Chef Express, Illycaffé, Rossopomodoro, sia da brand più innovativi, Alice, Odoroki e le birrerie come Doppio Malto e Befed, azienda friulana specializzata nella birra artigianale.
E una volta finito di mangiare tanto vale fare un po’ di shopping. E qui è il fashion a farla da padrone, calzature e intimo compresi. Da Camomilla a Piazza Italia, da PIttarosso fino a Carpisa i nuovi punti vendita in apertura nel 2018 saranno 240. 1 2 3 4 Mario Resca (1) presidente di Confimprese Marco Di Giusto (2) fondatore e ad di Cigierre a cui fa capo Old Wild West e altre catene Cristian Biasoni (3) ad di Chef Express, che fa capo al gruppo Cremonini Fabio Brescacin (4) presidente di NaturaSì
Fonte:http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2018/02/12/news/franchising_la_marcia_in_pi_delle_catene_mille_aperture_in_testa_lo_street_food-188656528/