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"Ci date dei 'bamboccioni' ma non sapete nulla di noi: ecco come viviamo noi, giovani italiani all'estero"

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19/03/2018 - Intervista a Carlotta Ballarini, 28 anni, pesarese da quattro anni in Germania, che su Facebook ha scritto un duro post: "La gente non sa niente di noi"

"A tutti quei politici e non che si sono permessi di dare a noi ragazzi italiani dei 'bamboccioni' o a quelli che si sono permessi di dire che quei ragazzi che vanno all'estero non sono da considerare italiani, ecco, a voi mostro questa foto". Inizia così il post che Carlotta Ballarini, 28 anni, di Pesaro ma da quattro anni in Germania per svolgere la professione di infermiera, ha scritto su Facebook. Il suo è un attacco a chi giudica superficialmente i giovani all'estero, a chi non conosce nulla delle loro difficoltà, della gavetta che sono costretti a fare. A chi spesso ignora i risultati di quella fatica: "All'estero c'è una cosa che si chiama meritocrazia e adesso sono con la mia amica Fanny e facciamo la notte in Cardiologia con 36 pazienti e un posto a stipendio fisso e contratto indeterminato, naturalmente", si legge sotto la foto delle due.

"Voi che siete così grandi lo sapete cosa vuol dire essere lontani dalla propria famiglia? Dalla propria casa? Dagli amici? Imparare una lingua da zero? - recita ancora il post -. Lo sapete cosa si prova quando i genitori ti chiamano su Skype per comunicarti tutto quello che succede, e tu non puoi toccarli? Lo sapete che anche i lutti si comunicano via Skype? Lo sapete che noi bamboccioni, choosy, figli di papà dobbiamo avere sempre un deposito di soldi per le emergenze, perché beh, se succede qualcosa devi essere pronto a prendere il primo volo che c'è? Non sapete niente voi, perché siete ignoranti e non sapete niente di come si vive lottando". Perché di lotta si tratta - ha confermato Carlotta ad HuffPost.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo post?

"Sono a Berlino da quattro anni e vedere tutto quello che succede in Italia è avvilente. Molti miei amici fanno lavori stagionali, sono ancora in attesa di un contratto o di un lavoro e questo mi fa rabbia. Io sono andata via in cerca di un futuro migliore: se avessi potuto, sarei rimasta volentieri nel mio Paese, anche perché i primi mesi qui sono stati di pianti. Spesso si sottovaluta quanto sia dura la scelta di andare all'estero: ecco perché ho scritto il post".

Perché hai scelto di lasciare l'Italia?

"Sono partita a 24 anni, senza prospettive, con un biglietto di sola andata. Mi ero laureata in infermieristica da due anni: ho aspettato, quindi, prima di partire, ho mandato curriculum, ho fatto concorsi, ho fatto anche quattro lavori insieme prima di arrivare a prendere quella decisione. Vivevo ancora con i miei genitori, non volevo gravare su di loro, così la mia scelta è stata quasi obbligata: ho passato tre mesi con il biglietto aereo in mano e posso assicurare che sono stati mesi pesanti. Si è costretti a salutare la propria famiglia, senza sapere quando la si vedrà di nuovo: io sono tornata la prima volta dopo otto mesi".

Qual è il tuo primo ricordo a Berlino?

"Il primo ricordo è quello di me in un ostello. Il primo mese che ho passato a Berlino l'ho trascorso lì: facevo le pulizie, pulivo le camere, mi sono presa anche le pulci. Non avevo mai studiato tedesco, non capivo quasi nulla, ma mi sono rimboccata le maniche: lavoravo e facevo quattro ore di scuola di lingua al giorno. Sono andata avanti così per tutto il primo anno finché ho raggiunto il livello B1. Poi ho trovato un altro impiego in una casa di riposo, come aiuto infermiera. Dal momento che per avere il riconoscimento della laurea serviva il livello B2, ho continuato a studiare: appena raggiunta la certificazione di lingua, sono stata assunta in un ospedale vero e proprio, prima in gastroenterologia, poi in cardiologia".

Sei soddisfatta della tua posizione lavorativa ora?

"Ora ho un contratto a tempo indeterminato. Ma, a dir la verità, anche quando lavoravo in ostello avevo un contratto del genere: prendevo 990 euro al mese per lavorare quattro giorni. Qui funziona così: la vita che conduci e lo stipendio che ricevi sono equiparati. E se non lo sono - se, ad esempio, hai figli o ti servono soldi - puoi chiedere aiuti sociali. In Italia, invece, ci sono delle situazioni famigliari davvero pesanti: basti pensare ad alcuni anziani, che sono costretti a sopravvivere con 400 euro al mese".

Ti manca l'Italia?

"Mi è sempre mancata e mi manca tutti i giorni. Mi manca la mia famiglia, mi manca il cibo, mi manca la mia lingua".

Qual è il messaggio che vorresti trasmettere?

"Voglio ribadire che tante delle cose che sono state dette sui ragazzi all'estero non sono vere: la scelta di lasciare la propria famiglia è una scelta estrema. Tutti noi abbiamo lasciato il nostro cuore in Italia, insieme ai nostri genitori, ai nostri fratelli e sentirci dare dei bamboccioni, dei buoni a nulla fa male. Tutto quello che ho ora me lo sono sudato: i miei genitori mi hanno supportata sempre, ma la mia situazione economica me la sono gestita da sola. Mi piacerebbe che la mia storia fosse d'incoraggiamento a tutti quei giovani che desiderano costruirsi un futuro solido, in Italia o altrove: vorrei dire loro che con un po' di coraggio e tanta forza di volontà tutto è possibile".

By Ilaria Betti

Fonte:http://startupitalia.eu/87316-20180320-vitrifixation-project-la-startup-ti-iberna-digitalmente-cervello-al-100-fatale

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