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Italia prima al mondo a regolamentare il crowdfunding, ma la proposta Ue ascolta solo i tedeschi

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21/05/2018 - Cos’è il crowdfunding? È davvero uno strumento innovativo? Nel mondo come viene usato? E in Italia? Perché, infine, il regolamento europeo si è rivelato fallimentare? Queste le domande a cui intendiamo dare risposta, per capire meglio la portata di un fenomeno in continua evoluzione.

Anamnesi di un fenomeno
Per definizione il crowdfunding è la raccolta di denaro, effettuata va internet, per sostenere un progetto. Con il termine “raccolta” si intende anche il capitale di un’impresa. L’Italia è stato il primo paese al mondo, nel 2012, a regolamentare la raccolta di capitale a rischio per le start up innovative, con la promessa poi (mantenuta nel 2017) di allargare tale possibilità anche alle Pmi non innovative, entrata definitivamente in vigore con il DL 50/2017.

Il regolamento e il quadro legislativo italiano risalgono al 2013, 25 articoli racchiusi nella “Raccolta di capitali a rischio da parte di imprese e start-up innovative tramite portali online”, un insieme di norme emesse dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), figlie del “Decreto crescita bis”, DL 179/2012.

Strumento innovativo o no?
La risposta è indubbiamente sì. E non si tratta solo di uno strumento innovativo per la raccolta di denaro uscendo dai binari canonici del credito bancario, è anche un potente strumento di marketing. Quando un’azienda si presenta al pubblico per cercare finanziatori, il livello di gradimento di quest’ultimo è già cartina di tornasole, fa capire all’impresa se si sta muovendo nella giusta direzione e se offre un prodotto o un servizio che è recepito con favore. Due leve (finanziamento e indagine di mercato) che, miscelate sapientemente, svolgono un ruolo fondamentale per la vita di qualsiasi organizzazione.

I 4 modelli principali di crowdfunding
Il quadro italiano fa riferimento all’equity crowdfunding, la raccolta di capitale a rischio, con cui il finanziatore acquista quote di un’azienda.

Ci sono altri 3 modelli principali, a partire dal lending-based crowdfunding, evoluzione online del microcredito, lo stesso che si è sviluppato dagli anni ’70 del secolo scorso soprattutto in Bangladesh, Bolivia e Indonesia. Di fatto delle piattaforme online, senza intermediazioni bancarie e con la sola supervisione della Banca d’Italia, mettono in contatto chi necessita piccole somme di denaro con chi è disposto a dargliele, in cambio ovviamente di un tasso di remunerazione.

A questo si unisce il donation-based crowdfunding, usato soprattutto per attività di beneficienza e per finanziare progetti artistici, l’evoluzione della colletta.

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Il reward-based crowdfunding prevede la partecipazione al finanziamento di un progetto, come per esempio un prodotto, in cambio di un riconoscimento che di norma varia in base all’importo versato. Si tratta di norma di uno sconto sul prodotto finanziato, un gadget o la semplice citazione del nome del donatore sul sito web del produttore. Le piattaforme più famose al mondo sono kickstarter e indiegogo.

La situazione in Italia
La raccolta del crowdfunding in Italia, nel solo 2017, è stata di 41,4 milioni di euro. Una cifra in forte crescita rispetto al 2016 (+45%) e relativa ai 4 modelli di crowdfunding illustrati sopra ma, soprattutto, una cifra che indica e traccia le potenzialità dello strumento, certamente ben lungi dall’essere espresse in modo ottimale e, in ogni caso, già tale da fare comprendere che sta assumendo una certa importanza. Nulla a che vedere con la raccolta mondiale (34,4 miliardi di dollari nel 2015) o europea (6,48 miliardi di dollari sempre nel 2015) ma anche in Italia c’è il riconoscimento di un metodo relativamente nuovo di finanziare idee, progetti e aziende.

L’Europa ha provato a regolamentare il fenomeno, fallendo
Il crowdfunding in tutte le sue forme comincia a generare movimenti che non sono rimasti al riparo dagli occhi di Bruxelles, che si appresta a creare un regolamento paneuropeo del quale ha fornito una proposta lo scorso 8 marzo. Un progetto cieco e caduco al cui proposito abbiamo chiesto il parere dell’avvocato Alessandro Lerro il quale, tra le diverse cariche legate al mondo del crowdfunding, ricopre anche la presidenza dell’Associazione italiana equity crowdfunding (Aiec).

L’avvocato Lerro è critico, ha pubblicato un libro bianco gratuito il cui contenuto viene qui riassunto, in termini semplici, per i non addetti ai lavori: «Il crowdfunding deve crescere e arrivare al mercato internazionale e il regolamento europeo non aiuta. Il legislatore europeo non ha le idee in chiaro e si affida alle persone sbagliate, non ha mai contattato l’Aiec che pure ha risposto alle consultazioni pubbliche».

Tra i diversi punti toccati dalla proposta di regolamentazione di Bruxelles, sono due quelli che creano il massimo disaccordo e che, di fatto, non attirano né investitori né operatori: «il limite europeo per l’investimento, spiega l’avvocato Lerro, è un milione di euro (in Italia è di 5 milioni di euro, ndr), non a caso pari al limite nazionale tedesco, l’Ue si è dimostrata ancora una volta germano-centrica e, inoltre, il regolamento non tutela debitamente gli investitori».

In Italia la tutela del consumatore è garantita dal regolamento Consob che mette a disposizione diverse possibilità di rinuncia all’investimento, a partire dal diritto di revoca per errori o fatti nuovi (anche quelli emersi durante la fase di raccolta dei fondi), il recesso dalla società dei soci e, infine, anche il canonico recesso entro 7 giorni dalla sottoscrizione senza fornire motivazioni.

«Il lending crowdfunding nei paesi Ue ha una regolamentazione libera e di fatto l’Ue vuole dare un’autorizzazione europea che non è necessaria e crea solo degli oneri in più per gli operatori, continua l’avvocato Lerro, che possono operare anche senza la licenza europea».

Il giudizio complessivo è negativo: «il legislatore italiano ha ascoltato il mercato, la disciplina europea è rimasta sorda e non assume un senso, quindi è fallimentare. Ricevere l’autorizzazione europea è più facile perché il management delle aziende che sta cercando finanziamenti sottostà a controlli all’acqua di rose», conclude l’avvocato Lerro.

Promosso il regolamento italiano, bocciato quello europeo. Fa riflettere che, nonostante lo Stivale sia stato il primo paese al mondo a regolamentare l’equity crowdfunding, ancora oggi l’Europa preferisca ascoltare relazioni in tedesco e non in italiano.

- Giuditta Mosca

Fonte:https://it.businessinsider.com/italia-prima-al-mondo-a-regolamentare-il-crowdfunding-ma-la-proposta-ue-ascolta-solo-i-tedeschi/


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