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Due lavoratori italiani su tre disponibili a trasferirsi all’estero

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La Brexit e l’agroalimentare italiano, una partita a somma negativa. A meno che non si raggiunga un accordo in linea con Bruxelles

La percentuale è di quattro punti superiore alla media europea e sale al 76% considerando la sola forza lavoro maschile

Germania, Francia, Svizzera, Spagna e Regno Unito: sono queste le mete più ambite degli italiani disponibili a lasciare la Penisola in cerca di una migliore carriera, di una più equilibrata «worklife balance», di stipendi più elevati e in generale di un impiego più soddisfacente. Le indicazioni che emergono dall’ultima rilevazione trimestrale del Randstad Workmonitor dedicato al lavoro all’estero e alla diversità culturale ci dicono insomma che i lavoratori di casa nostra si dichiarano i più pronti, a livello europeo, a trasferirsi all’estero.

Entrando nel merito dei dati raccolti, scopriamo per esempio che la percentuale di italiani (il 63%) che desidera viaggiare per lavoro è di quattro punti superiore alla media globale e di sei punti rispetto a quella continentale europea e che tale fenomeno è molto più diffuso fra gli uomini (siamo al 76% contro il 62% delle colleghe donne). Per contro, l’Italia è la meta ideale dove poter svolgere la propria professione solo per il 3% degli oltre 400 lavoratori (di età compresa fra 18 e 67 anni e provenienti da 34 Paesi nel mondo) oggetto di indagine.

La spiccata predisposizione a spostarsi stabilmente in un altro Paese in cerca di successo professionale si riflette in modo particolare nell’opportunità di ottenere un avanzamento di carriera e di un miglior equilibrio fra lavoro e vita privata: sono infatti il 67% del totale gli italiani che hanno indicato questa “attitudine”, il 3% in più della media globale e il 12% in più di quella europea.

Analizzando le destinazioni preferite, quasi un italiano su due si trasferirebbe in un Paese europeo e la Germania (scelta dal 9% del campione) sarebbe la priorità, seguita da Francia, Svizzera e Spagna (8%), Regno Unito (7%), Austria (4%) e Belgio (3%). Guardando fuori dal Vecchio Continente, le mete più ambite sono Stati Uniti (nel 6% dei casi), Australia (5%) e Canada (3%); gli Usa sono anche il primo mercato di sbocco professionale (con il 10% delle scelte) per l’intero campione esaminato.

Elevare il livello della propria situazione professionale non è, comunque, l’unica aspirazione degli addetti tricolori, visto e considerato che l’80% conferma di apprezzare la possibilità lavorare con persone di culture diverse. La consapevolezza di un mondo del lavoro sempre più globale, si legge inoltre nella nota che accompagna lo studio, si riflette nell’apertura ai lavoratori stranieri. Quasi tre dipendenti italiani su quattro (il 74% per la precisione, soprattutto fra gli over 30) ritengono infatti positivo assumere personale dall’estero se mancano le competenze necessarie mentre scendiamo al 60% se l'inserimento di addetti stranieri è finalizzato a sopperire alla mancanza di manodopera.

Tornando alla spiccata propensione degli italiani a spostarsi, c’è anche un rovescio della medaglia non trascurabile, che a detta di Marco Ceresa, Amministratore delegato Randstad Italia, si materializza nello scarso livello di fiducia verso le opportunità offerte dal mercato italiano. «Un’eccessiva emigrazione dei profili migliori - sottolinea in proposito il manager - rischia di tradursi in un impoverimento sociale ed economico del Paese e per evitare questo rischio le imprese devono migliorare le loro strategie di attrazione dei talenti attraverso piani di carriera, formazione e valorizzazione delle competenze, coinvolgimento dei dipendenti in progetti stimolanti ed equilibrio fra lavoro e vita privata».

Il primato potenziale nell’esportazione dei talenti dell’Italia ha quindi anche un risvolto negativo e si riflette in altri due parametri evidenziati dagli esperti di Randstad: un lavoratore nostrano su due (il 49%) preferirebbe l’espatrio al cambiamento del proprio percorso di carriera (cinque punti in meno della media globale, ma sette in più della media europea) mentre il 57% sarebbe disposto a trasferirsi su richiesta dell’azienda pur di conservare il proprio impiego.

C’è infine un risultato in parziale controtendenza con le altre risposte, che il rapporto spiega con una crescente attenzione alla sostenibilità: potendo scegliere, ben il 72% dei lavoratori della Penisola vorrebbe trovare occupazione in un’azienda facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta dalla propria abitazione. E non c’è Berlino o Parigi che tenga.

di Gianni Rusconi

Fonte:https://www.ilfoglio.it/economia/2019/12/24/news/come-continuare-a-brindare-con-il-prosecco-anche-a-londra-293750/?underPaywall=true


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