Se c’è un simbolo degli Stati Uniti nel mondo, questi sono gli shopping malls, i grandi centri commerciali.
Film ma anche video-clip musicali di successo (su tutti quello dei New Radicals, You get what you give) li hanno utilizzati come set proprio per infondere e trasmettere quell’idea epidermica e un po’ stereotipata di America che un tempo era affidato alle villette unifamiliari con il canestro appeso sopra il box, stile Happy Days o le grandi arterie del coast-to-coast, come la Route 66.
D’altronde, in un Paese che ha sdoganato il consumismo come stile di vita e vede il proprio Pil dipendere al 70% proprio dalle spese personali, la scelta pare azzecata.
Bene, segno dei tempi vuole che i malls ora siano protagonisti di altro: per l’esattezza e per restare in ambito di citazioni cinematografiche, del prossimo big short. Ovvero, uno dei bersagli della speculazione finanziaria, mentre il Paese si prepara alla prossima recessione. E a confermarlo, con tanto di raccomandazione ai propri clienti, è Goldman Sachs, ovvero il deus ex machina della prima grande scommessa contrarian, lo short sui mutui subprime prima dell’esplosione della bolla. Oltretutto, essendo spesso controparte indiretta di quei mutui allegri sulla cui inesibigilità si puntavano miliardi.
Al netto della retorica trumpiana sullo stato dell’economia, diminuita parecchio di intensità e ora declinata in consolidamento del ruolo di capro espiatorio per la Fed, questa tabella parla chiaro: dal 2016 ad oggi, sono 35 le grandi catene retail statunitensi che hanno portato i libri in tribunale per il Chapter 11.
Più qualche centinaio fra i piccoli marchi, spesso a livello regionale. A inizio marzo furono grandi brand come Gap, Victoria’s Secret e JCPenney a comunicare la chiusura di centinaia di punti vendita in tutti gli Usa, mentre Tesla annunciava direttamente la chiusura dell’attività di vendita diretta, spostando interamente l’operatività online.
Ovviamente, una simile epidemia non poteva che contagiare i grandi mall che ospitavano quei punti vendita: nel quarto trimestre del 2018, il tasso di spazi disponibili all’interno dei centri per lo shopping era salito del 9%. E se i gestori di questi grandi spazi, catene come Brookstone, pur di non arrendersi all’evidenza si sono inventati il concetto di business non-amazonable, ovvero puntare tutto sull’affitto o la vendita a servizi “fisici” come palestre, saune e spa, ora il redde rationem sembra arrivato.
A metà marzo fu Canyon Partner, il più grande credit hedge fund del Paese, a puntare 1 miliardo di dollari contro i mall, oggi invece è Goldman Sachs a suggerire ai clienti di andare short sulla tranche AAA dei bonds all’interno dell’indice CMBX. Ovvero, la convinzione del tonfo è tale (probabilmente resa più ferrea dall’ascesa sempre più meteoritica del commercio on-line) da andare sul bersaglio grosso, ovvero il segmento di obbligazioni con il rating più alto, quello che ancora non sta patendo troppo le dinamiche di svalutazione. Ma, anzi, in parecchi casi pare ancora profittevole.
Quello che, quindi, cade da un altezza maggiore: e garantisce una traiettoria più ampia e lunga di guadagno.
Questi grafici servono per spiegare cosa sia l’indice CMBX e come funzioni il nuovo big short. Si tratta di un indice che traccia i valori dei bond legati a varie proprietà commerciali ma, nella fattispecie, è basato su credit-default-swaps (CDS), ovvero coperture di rischio sulla controparte. Di fatto, un’arma di distruzione di massa finanziaria, visto che se utilizzati con finalità meramente speculativa, rappresentano il corrispettivo di un’assicurazione sull’incendio di una casa. Che, però, non è di proprietà di chi stipula il contratto. Auto-alimentanti, insomma, come effetto. E, soprattutto, molto stimolanti verso la propensione a ritenere un incendio doloso qualcosa di molto simile a manna dal cielo.
Oltretutto, si tratta di una strategia che garantisce un’efficace tutela dal rischio rispetto all’andare meramente ribassisti sui titoli azionari del settore. Sono stati troppi, infatti, gli hedge funds finiti a zampe all’aria con scommesse al ribasso, visto che la Fed finora ha operato quasi sistematicamente come stabilizzatore del mercato. Insomma, troppo alto il rischio di short squeeze, ovvero chiusura obbligata di quelle posizioni short, quando un solo rumor che puzzi di politica espansiva fa salire pavlovianamente gli indici. Così, invece, si va lunghi sui cds.
Ovvero, si punta su chi tutela dai crolli. Ma non evitandoli, solo tamponando i danni finanziari che quei crolli – potenzialmente mortali, ad esempio, per chi detiene direttamente titoli o bond legati – possono causare.
E se il primo grafico mostra come Goldman abbia non solo studiato il grado di apprezzamento eccessivo che quello proprietà hanno avuto negli ultimi anni, ora probabilmente al termine anche a causa dell’egemonia di Amazon e soci, il secondo mostra come già oggi la tranche più debole di quei bond (BBB-) legati a mutui immobiliari a uso commerciale stia cominciando a vedere premiata la scommessa di Goldman, in realtà iniziata alla chetichella già nel 2017.
La quale, però, come anticipato, invita i clienti a spingersi ancora più a fondo, puntando sulla tranche successiva di obbligazioni, quelle con rating maggiore.
Insomma, di fatto una scommessa sull’acuirsi della crisi del settore retail, capace di andare oltre l’ondata di chiusure e fallimenti di punti vendita dei grandi marchi e raggiungere il cuore del consumismo made in Usa, i mall. La bolla del real estate commerciale è servita, almeno stando a Goldman.
Un qualcosa che potrebbe fare la gioia, oltre che dei clienti della banca d’affari, anche di Jeff Bezos, poiché se la scommessa si rivelerà vincente, altro non sarà che un’indiretta conferma del fatto che Amazon ha tracciato la strada, un proxy trionfale per l’e-commerce.
Siamo all’attivazione del secondo detonatore di fila rispetto alla reale tenuta della house of cards finanziaria statunitense da parte di Goldman Sachs, dopo i subprime del 2007-2008?
La saggezza popolare dice che un fulmine non colpisce mai due volte nello stesso punto. Ma l’effetto domino già innescatosi nel comparto retail Usa, da almeno due anni, assume ogni giorno di più il carattere dello tsunami in attesa di trovare una spiaggia abbastanza grande da contenerlo. E qualcuno ha già preferito tornare in albergo, magari per gustarsi lo spettacolo da un terrazzo denominato CMBX.
Mauro Bottarelli
Fonte:https://it.businessinsider.com/il-timbro-di-goldman-sachs-sullapocalisse-del-retail-invita-i-clienti-a-scommettere-contro-i-centri-commerciali/
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