Franchising, retail, business
03/08/2014
Dalla Nokia alla Coca Cola, le multinazionali licenziano e traslocano in Paesi con costi più bassi
L'ultima della serie è stata la Nokia. Il colosso nordico ha annunciato il licenziamento, entro settembre, di 154 lavoratori della Nokia Solution Networks di Cassina de' Pecchi.
Un'altra mazzata ai numeri degli impieghi in area milanese e più in generale su tutta la regione: sembra infatti che le multinazionali siano intenzionate a lasciare la Lombardia o comunque a ridurre fortemente la loro presenza: dalla fine della primavera è stato un susseguirsi di annunci di licenziamenti di centinaia di persone. Alcuni sono rientrati, altri si sono ridimensionati, ma la tendenza rimane quella. Non a caso i sindacati avevano sottolineato nel rapporto semestrale come ci sia un consistente aumento della cassa integrazione straordinaria: ciò vuol dire che una parte della disoccupazione registrata è ormai cronica.
La Banca Barclays ha provato a sua volta a inizio giugno a annunciare il suo abbandono alla regione del Pirellone, e sarebbero spariti 500 posti, ma poi ha cambiato idea anche se permangono grossi dubbi: «La dirigenza italiana del gruppo ci ha assicurato che non si muoverà nulla fino a fine 2014 - spiega Pierpaolo Merlini della Cisl - e in teoria anche nel 2015, ma non ci sono certezze assolute perché vogliono proprio lasciare l'Italia ritenuto non più un mercato interessante». Sempre a giugno il colosso francese Danone ha annunciato la soppressione di 100 posti nel suo stabilimento di Casale Cremasco. Poi ha proseguito la Coca Cola, annunciando il taglio di circa 300 dipendenti in Lombardia. E insieme a lei aziende i cui nomi sono sconosciuti ai più, ma sono giganti anche loro come la Kosme di Roverbella nel Mantovano del gruppo Krones: la multinazionale tedesca è leader mondiale nella produzione di impianti per l'imbottigliamento e ha annunciato l'intenzione di tagliare 139 persone. Poi c'è la Guala Closures Group di Torre d'Isola, parte di un'azienda che produce 14 miliardi di tappi di ogni genere e tipo, che ha intenzione di lasciare a casa 135 lavoratori. Ma anche colossi italiani come Unicredit hanno programmato pensionamenti per alcune centinaia di persone a Milano e Lombardia. Anche se nel caso del settore bancario, come spiegano dal sindacato, l'accompagnamento alla quiescenza è gestito con i soldi del fondo esuberi che sono garantiti dalle aziende stesse. Non solo. Come evidenziato dai dati, il momento di crisi viene usato per assestare i propri livelli di impiego. Si riducono cioè gli organici, ma non con la prospettiva di riallargarli: le stesse trattative intavolate, anche con forza, dalle organizzazioni sindacali non riescono a ottenere molto se non l'utilizzo di ammortizzatori sociali e una lieve riduzione della perdita di posti di lavoro. Anche perchè ormai le dirigenze italiane devono soprattutto eseguire le direttive delle sedi centrali. Un quadro della crisi in cui si dibatte il sistema industriale lombardo lo fornisce il rapporto semestrale della Fim-Cisl: secondo i dati del sindacato nel settore dei metalmeccanici ci sono 1986 persone nelle varie forme di cassa integrazione straordinaria e oltre 7mila in quella ordinaria. E per i 1986 sarà molto difficile uscire da questa situazione, anche perché le casse pubbliche sono sempre più esauste e se per le multinazionali non va bene, per le piccole aziende il futuro non è facile.
By: ilgiornale.it