Franchising, retail, business
30/01/2014
Le norme dell’amministrazione comunale in contrasto con quelle del decreto Salva Italia
Il Comune non può più negare l’apertura di nuovi bar e ristoranti in quelle che fino a poco tempo fa sono state considerate, secondo un regolamento del 2010, zone del centro storico vietate. Con esattezza, si tratta di 55 strade dei quartieri Trastevere, Testaccio, San Lorenzo, Borgo, Monti e Celio e dei Rioni Ponte, Regola, Parione, Campo Marzio, Trevi, Campitelli, Sant'Eustachio, Colonna e Pigna, ritenute da tutelare perché «di particolare pregio architettonico» e dove, secondo l'Amministrazione, non c’è più spazio per nuovi locali. Il Tar del Lazio, con una sentenza del giugno scorso ha accolto il ricorso di un esercente al quale il Comune nel novembre 2012 aveva negato l’autorizzazione per aprire un nuovo locale in via di Monserrato, sulla base della delibera 35/2010 approvata dall’allora amministrazione Alemanno.
Quella delibera, spiegano i giudici della seconda sezione Ter del Tar, è in contrasto con la norma Salva Italia del marzo 2012 che liberalizza il settore del commercio, in applicazione delle normative comunitarie. Il Comune ha fatto ricorso, ma la sentenza è destinata a lasciare il segno perché, se anche in Consiglio di Stato i giudici dovessero confermare questo orientamento, a crollare sarebbe tutto l’impianto del regolamento comunale che finora ha impedito l’apertura di nuovi locali in quelle zone del centro.
Allora era stato l’assessore al Commercio Davide Bordoni a presentare la delibera come «rivoluzionaria» e in grado di porre un freno alla concentrazione di bar e ristoranti in centro. Non aveva fatto i conti con il decreto Salva Italia che due anni dopo quel regolamento afferma come principio generale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali su tutto il territorio italiano, senza limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura. Ad essere abrogate sono state anche le norme che impongono distanze minime tra esercizi commerciali, limitazione di esercizio di alcune attività economiche o di prodotti, imposizione di prezzi minimi. Il Comune doveva adeguare la normativa ai principi sanciti dal Salva Italia o, in alternativa, spiega il Tar, motivare il diniego di apertura in maniera approfondita. Non ha fatto né l’una né l’altra cosa e per questo il ricorso dell’esercente di via di Monserrato è stato accolto.
Non è valsa a nulla, poi, la difesa sollevata dal Comune che ha presentato ai giudici uno studio con il quale evidenziava che nel I Municipio la rete distributiva commerciale è particolarmente densa, sostenuta da una domanda maggiore (soprattutto turistica), vista la presenza di un notevole patrimonio storico, artistico e culturale. Insomma, il territorio del Centro sarebbe saturo di attività commerciali. Il Tar risponde innanzitutto che i dati sulle nuove aperture di locali e sulle presenze in centro storico presentati sono riferiti agli anni 1994-2004, dovrebbero quindi essere aggiornati anche perché nel frattempo c’è stata un’importante crisi economica e finanziaria che potrebbe averli cambiati anche in modo sostanziale. In secondo luogo, non si può sottoporre ad una disciplina unitaria zone che sono molto diverse tra loro e che dovrebbero essere trattate, dunque, in maniera differente.
Scrivono i giudici:«Non si può escludere che tra due rioni, entrambi ricadenti nell’ambito del centro storico, possano sussistere diverse concentrazione di esercizi e diverse esigenze di tutela e di bilanciamento tra gli interessi coinvolti, con conseguente possibilità di adottare discipline totalmente o parzialmente difformi». Ma c'è di più. Una sentenza del marzo scorso del Consiglio di Stato, richiamata dal Tar, dice in modo chiaro che «l’introduzione di divieti per zone territoriali è consentita quando nessun’altra misura meno restrittiva permette di tutelare la vivibilità del quartiere interessato». In sostanza, prima di limitare la libertà di impresa il Comune deve dimostrare di aver tentato tutto per salvaguardare quella parte di territorio. Bisognerà aspettare giugno di quest’anno (quando si pronuncerà il Consiglio di Stato) per sapere che ne sarà del regolamento comunale attualmente in vigore. Certo, l’Amministrazione dovrebbe evitare fino ad allora di negare nuove autorizzazioni facendo unico riferimento a quella norma che il Tar ha dichiarato in palese contrasto con la regolamentazione nazionale.
Fonte:http://www.iltempo.it/roma-capitale/cronaca/2014/01/30/il-tar-cancella-i-divieti-per-aprire-in-centro-1.1213744