Franchising, retail, business
26/01/2015
BOLOGNA - Il caseificio Albalat sta vivendo anni bui. Nel 2012 il suo magazzino fu distrutto dal terremoto. L’azienda modenese provò a rialzarsi, ma una notte di novembre del 2013 dovette fare i conti con un furto di 380 forme di Parmigiano reggiano. Poi arrivò l’alluvione che portò nuovi guai. «Tutte le vie d’accesso erano bloccate. I camion non potevano partire. L’acqua era ovunque» ricorda Fabrizio Bigliardi, responsabile dell’area casearia di Albalat.
Il 2014 doveva essere per tutti i produttori del Parmigiano reggiano l’anno della rinascita. È stato invece quello della più pesante crisi del settore. Il simbolo della Food Valley emiliana non ha mai sofferto così tanto. Ha resistito al sisma del 2012, ma questa volta fatica a risalire la china. Le immagini delle forme scaraventate per terra dalle scosse fecero il giro del mondo. La solidarietà via web alleviò il dramma dei produttori, che si misero subito al lavoro per tornare alla normalità. Oggi, visitando i caseifici più colpiti, il colpo d’occhio è notevole: tutto è stato ricostruito a prova di terremoto. Eppure da queste parti da molto tempo non si sorride più. «Il Parmigiano reggiano oggi è venduto a poco più di 7 euro al chilo invece che a 9 euro - calcola Bigliardi -. Così è impossibile coprire i costi di produzione. C’è chi è attrezzato e tiene botta. I più piccoli soffrono» L’azienda di Oriano Caretti di San Giovanni in Persiceto è una di queste. Produce 15 mila forme all’anno contro le 34 mila di Albalat. Più di altre si ritrova esposta a una crisi originata da un calo di consumi tutto italiano. Anche il prezzo del latte è sceso vertiginosamente. E poi, come se non bastasse, incide e parecchio l’embargo dell’Unione Europea nei confronti della Russia, paese che si è rivelato un ghiotto amante del più prestigioso formaggio made in Italy.
«È come tornare indietro di 20 anni», scuote la testa Bigliardi. Le aziende che fanno capo al consorzio del Parmigiano non sanno più che pesci pigliare. L’idea di diminuire la produzione del 5% è sfumata. Tanti hanno detto di no pur di tenersi le mani libere. Albalat, ad esempio, ha scelto di aumentarla, la produzione. L’obiettivo è rubare quote di mercato ai concorrenti. «Questa è una selezione naturale», ammette Bigliardi. I più piccoli, per sopravvivere, possono solo associarsi con i più grandi. Chi non ci sta, rischia di scomparire. «Se continua così, però, non si salva nessuno. Di crisi cicliche il nostro settore ne ha viste tante, ma questa è devastante», prevede Caretti. La sua è stata una delle aziende simbolo, una delle più martoriate dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012. «Abbiamo perso 5 milioni di euro. Aspettiamo i contributi dallo Stato che non abbiamo ancora visto ». Dopo un anno dal sisma, però, gli affari sono ricominciati a girare. «Vendevamo a 9, anche 11 euro al chilo, non come adesso. Dopo la tempesta, il sole era tornato a splendere». Un solo anno di luce, in realtà, perché nel 2014 i produttori sono entrati dentro a un nuovo tunnel. «Con questa crisi economica alcune classi sociali hanno rinunciato a prodotti di pregio come il nostro. In questo modo non c’è spazio per nessuno — alza le mani Caretti —. Le grandi aziende proveranno a produrre di più e accaparrarsi quote di mercato, ma questo è cannibalismo». L’unica soluzione, nell’attesa che in Italia i consumi riprendano a girare, è aumentare l’export. «Oggi su tre forme, una viene venduta all’estero. Non basta, dobbiamo fare di più, bisogna mirare a nuovi mercati prima che lì arrivino altri».
La Cappelletta è un’altra cooperativa che non ha avuto il tempo di asciugarsi le lacrime dal sisma. «Ieri il nostro parmigiano era buono, ma il terremoto ce l’ha distrutto. Anche oggi è buono, ma la gente non ha soldi da spendere» si dispera il responsabile Luciano Dotti. Pure la sua azienda sta soffrendo molto questa fase. Eppure non gli passa dalla testa di produrre un formaggio più economico: «Perché noi siamo quelli del parmigiano e continueremo a fare il parmigiano». Fatto con latte buono e tanto orgoglio.
Fonte:http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/economia/2015/26-gennaio-2015/aiuto-nessuno-mangia-piu-parmigiano-prezzi-picco-molti-produttori-rischio-230892199314.shtml