Franchising, retail, business
16/02/2015
Allargare la base, agevolare gli investitori e facilitare la ricerca di fondi. Prendendo spunto da UK: qualche consiglio per migliorare l'equity crowdfunding in Italia.
Il regolamento italiano sull'equity crowdfuding è adeguato? Il bilancio attuale è sostanzialmente negativo. Sono state autorizzate 12 piattaforme, ma solo 4 sono operative e 4 le “startup innovative” finanziate.
I fondi raccolti sono stati in totale €1.3M grazie a 134 investitori – in media 34 per round – che hanno investito ciascuno mediamente €9.750. In UK, la sola Crowdcube in 4 anni, ha contribuito a finanziare 194 imprese per un totale di £61M.
Non è tutta colpa del regolamento. Ma il legislatore compie alcuni errori di fondo. Lo scopo del crowdfunding è di consentire al maggior numero possibile di imprese di raccogliere fondi riducendo i costi di intermediazione. Ma il regolamento permette l'accesso solo alla startup e alle PMI innovative. In UK, oltre alle startup tecnologiche, sono stati finanziati vari tipi di imprese: immobiliare, ristorazione, abbigliamento, distribuzione. Occorre allargare le maglie a tutti i progetti imprenditoriali con ampie possibilità di crescita.
L'altro scopro del crowdufinding è consentire agli investitori di sfruttare la velocità consentita da internet, senza incappare in cavilli burocratici. Ma la Consob non ha reso la vita degli investitori più semplice. L’errore di fondo è che avevano in testa un profilo di investitore completamente utopico e non suffragato dalle esperienze degli altri paesi: un investitore sprovveduto, che in quanto tale va tutelato allo spasimo. In realta, UK dimostra che l'invstimento medio è di 4 mila euro. Un importo non da privato cittadino ma da professionisti, dirigenti, imprenditori. Sono questi i veri investitori dell'equity crowdfunding. Gli stessi che vengono scoraggiati dal regolamento, che prevede (in caso di finanziamenti superiori ai 500 euro) di compilare un modulo, stamparlo, firmarlo e portarlo fisicamente in una banca. Cosa c’entra con Internet? Perché un professionista, un dirigente, un imprenditore, dovrebbe sobbarcarsi una tale trafila per un importo poco significativo rispetto alla sua capacità di investimento?
E poi non si comprende come mai il 5% dell'investimento debba essere riservato a un investitore istituzionale. A Londra, la FCA, omologa della Consob, impone solo la compilazione di un questionario on line che riguarda i rischi d'investimento. Senza poi passare da un intermediario finanziario
Il regolamento è stato un bel passo avanti in Italia, rispetto all’inerzia cui siamo abituati. Purtroppo le premesse su cui si è basato non sono adeguate allo strumento.
Le modifiche da fare non sono epocali, sono facilmente implementabili e innestabili sul dispositivo attuale, e si basano sull’osservazione dei casi di successo di Paesi che sono parte della comunità europea.
Credo dunque che si tratti solo di buona volontà. La stessa, a onor del vero, che il Ministero dello Sviluppo Economico ha dimostrato sollecitando suggerimenti organici da parte degli addetti ai lavori.
di Fabio Allegreni, crowdfundingbuzz.it
Fonte:http://www.affaritaliani.it/mediatech/regolamento-equity-crowdfunding.html?refresh_ce