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Le startup fintech: alleate o competitor?

StartUp tavolo lavoro

31/03/2014
Non tutte le startup vengono per nuocere. Anzi. Come ha spiegato Matteo Rizzi, Partner di SBT Venture Capital, nel suo intervento al Forum ABI Lab, le startup tecnologiche si dividono in due categorie nel loro rapporto con il (pre-esistente) mondo bancario: quelle che vanno in concorrenza diretta con gli istituti finanziari, pensando di poter fare meglio, e le altre che cercano invece di usare l’infrastruttura bancaria per erogare gli stessi servizi, in qualche modo re-intermediando le banche.

I finanziamenti “alternativi” a quelli bancari
Una dicotomia che taglia in modo trasversale tutti gli ambiti in cui le startup hanno “sconfinato” nel settore bancario. Prendiamo l’alternative lending, cioè forme alternative di finanziamento, non-bancarie, a privati e imprese. Rizzi evidenzia come esistano sia realtà che utilizzano i big data, gli analytics e il capitale delle banche per erogare prestiti alle imprese, sia startup che seguono altre vie (tipicamente con il crowdfunding, ma non solo). La “chiave” per comprendere la strategia di queste nuove realtà è la capacità di servire segmenti sottoserviti o addirittura non serviti dall’offerta bancaria tradizionale, accorciando i tempi necessari a ottenere il prestito. Un esempio che rende bene l’idea è quello del fioraio che, a pochi giorni da una ricorrenza come San Valentino, ha bisogno di fondi extra occasionali per acquistare la merce che rivenderà. E che per forza di cose non può attendere a lungo di fronte a picchi della domanda (come potrebbero essere delle prenotazioni di consegne a domicilio) o all’esigenza di rifornirsi di nuovi fiori.
Come cambia la gestione dei dati
Un discorso analogo vale per le soluzioni che uniscono personal finance management, loyalty, servizi mobile-only (non accessibili cioè da altri canali) o per il credit scoring basato sui social data. Approcci che rispecchiano una nuova ottica ai dati finanziari del consumatore e che vanno a intercettare un cliente praticamente sconosciuto (almeno in una parte dei dati che vengono utilizzati). Un ambito, questo, ancora in via di consolidamento, ma in cui spiccano esperienze come Moven (del celebre Brett King) o la tedesca Fidor Bank.
Asset Management: non solo disintermediazione
Ancora frammentato, almeno nello scenario internazionale, è anche il quadro dei nuovi player nell’asset management. Il principale player, in Italia, è MoneyFarm, classico esempio di come la tecnologia consente a operatori alternativi di provare a disintermediare ruoli come il protomore finanziario: non necessariamente mandando “in pensione” le professionalità esistenti, ma fornendo piuttosto una alternativa a chi preferisce passare (magari solo per una parte del proprio patrimonio) ad altri strumenti o per una fascia più bassa della clientela, che ha così accesso a servizi prima riservati a clienti più abbienti. La stessa formula utilizzata a livello internazionale da eToro: una piattaforma di trading online che permette al singolo investitore di “imitare” gli investimenti di altri, emulandone le performance. Il trading per chi il trading non sa farlo: a oggi lo utilizzano 14 milioni di persone in diversi Paesi.
Know Your Customer. Con lo smartphone
Molto orientato all’integrazione con il mondo bancario, soprattutto nelle nuove piattaforme mobile, il mondo dell’identity management e dell’autenticazione. Rizzi cita la tedesca Number26 che permette al cliente di identificarsi utilizzando le due fotocamere di un telefono cellulare: quella frontale inquadra il viso dell’utente, quella posteriore il documento di identità. Soluzioni analoghe sono in uso anche nel Regno Unito e in Italia fa qualcosa di analogo Hype powered by Banca Sella. La vera rivoluzione, in questo caso, è nell’utilizzo di strumenti già presenti sugli smartphone per snellire l’esperienza di registrazione del nuovo cliente.
L’impatto della blockchain
Tutto da valutare, invece, l’impatto del concetto di “blockchain” presente nelle cryptomonete, tra cui il celebre bitcoin. Una tecnologia blockchain è, in parole povere, un registro pubblico e condiviso tra più utenti che tiene traccia di tutte le transazioni avvenute in una determinata valuta. Rispetto alle monete tradizionali, evita la presenza di una struttura centralizzata che convalida la transazione affidandosi invece al “peer to peer” e alla condivisione. Non è esente da rischi ma si sta affermando come una alternativa, per quanto in una nicchia ancora ristretta di utenti: il suo maggiore potenziale sta proprio nell’assenza di una struttura centrale, che potrebbe trovare applicazione anche in altri ambiti.

Fonte:http://www.aziendabanca.it/index.php/Sistemi-informativi/banche-startup-fintech-abi-lab-forum-2015.html

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