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Recensione di ABC Economipedia, il nuovo saggio di Stefano Fugazzi

abcEconomics

12/05/2015
La terza fatica editoriale di Stefano Fugazzi si basa sul materiale pubblicato dall’autore sul portale di informazione economica abceconomics.com, di cui è il fondatore. La ricerca sviluppata dall’autore prende inizio da una rielaborazione originale della così detta “curva di Phillips”, la quale stabilisce una relazione inversa tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione, applicandola ai paesi dell’eurozona e considerando il periodo direttamente successivo all’introduzione dell’euro, entrato ufficialmente in circolazione il 1° gennaio 2002.

I risultati della ricerca di fatto confermano, da un altro punto di vista, quanto l’autore ha dimostrato nella parte del libro dedicata all’applicazione del “Misery Index” (o “indice di miseria”) ai paesi dell’eurozona, chiudendo perfettamente il cerchio; Fugazzi scrive: “Con l’eccezione dell’Estonia (che ha adottato la moneta unica nel 2011) e della Germania (2002), all’interno dell’eurozona la disoccupazione è cresciuta più velocemente dell’inflazione, il che conduce all’ovvia conclusione che la Repubblica federale di Germania è il solo Paese ad aver tratto beneficio – in termini di rapporto tra tasso di inflazione e disoccupazione – dall’introduzione dell’euro.”
Nella sua variante originaria, il “Misery Index” intendeva monitorare lo stato di salute economica di un dato paese sommando il tasso di disoccupazione al tasso di inflazione: un incremento dell’indice era un chiaro segnale del fatto che il paese preso in esame stava attraversando una forte situazione di crisi. Per mezzo di una rielaborazione del modello originario, creato dall’economista americano Arthur Okun, Fugazzi propone al lettore diverse varianti di tale modello, le quali differiscono tra loro per il tipo di variabili considerate (come la variazione del PIL, l’avanzo o il disavanzo pubblico o il parametro stabilito dal Trattato di Maastricht il quale fissa il rapporto deficit/PIL al 3%). I risultati ottenuti mostrano chiaramente come, tra i paesi che hanno adottato la moneta unica, solo la Germania abbia ridotto considerevolmente il suo indice di miseria, mentre l’Italia, dopo l’euforia degli anni immediatamente successivi all’adozione della moneta unica, lo abbia visto oscillare tra alti e bassi, per poi crescere in modo costante in seguito allo scoppio della crisi economica del 2007.
Una parte del libro si perita di studiare la risposta dei mercati finanziari, in particolare quello italiano, agli annunci di iniezioni di liquidità da parte della BCE, attuate tramite il TLTRO (“targeted long term refinancing operation”) e da ultimo il QE (“quantitative easing”).
Probabilmente un limite del libro, peraltro scritto in modo chiaro anche per un non specialista, è quello di non aver approfondito a sufficienza la dimensione più propriamente politica delle iniziative della Banca centrale europea, che quanto esposto dall’autore lascia ampiamente immaginare.
L’autore sviluppa poi una approfondita analisi degli effetti che la politica monetaria della Federal Reserve ha avuto sui mercati valutari, in relazione all’euro, alla sterlina ed al franco svizzero. Più problematiche appaiono invece le conclusioni che egli trae circa le possibili reazioni dei mercati finanziari ad un aumento dei tassi di interesse; è infatti evidente ormai a molti come la possibilità di finanziarsi presso la FED a tassi bassissimi abbia prodotto in molte aziende quotate in borsa o in molte banche quella che potremmo definire sommariamente una vera e propria “dipendenza da bassi tassi”, per cui un repentino innalzamento di questi, sebbene contenuto, difficilmente potrebbe essere gestito con facilità da molti di questi soggetti economici, in particolar modo da quelli che non hanno ancora curato le ferite causate dalla precedente crisi.
In conclusione, il libro di Stefano Fugazzi è da valutare positivamente su due fronti diversi ma complementari: da un lato, esso rappresenta un utile contributo alla ricerca relativa all’attuale congiuntura dell’economia europea, presentando i dati economici in modo puntuale e chiaro; dall’altro, esso costituisce un utilissimo punto di partenza per coloro che siano sì critici dell’attuale assetto economico e politico europeo, ma vogliano proporre soluzioni basate su un’analisi precisa dei dati, e che esulino da approcci di tipo semplicistico, basati sull’idea che una singola scelta di politica economica (come per es. l’uscita dall’euro) sia sufficiente per far uscire l’Europa e l’Italia dal pantano in cui esse si trovano immerse.

Fonte:http://abceconomics.com/2015/05/12/abcreview/

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