Franchising, retail, business
15/05/2015
Rapporto Fipe: fatturato di 18 miliardi nel 2014 (-0,5% sul 2013). Dal 2008 ad oggi ricavi in calo solo di 500 milioni di euro rispetto ad una perdita complessiva nella ristorazione di 2,9 miliardi. Vincono i nuovi format che integrano vendite e intrattenimento. Nel settore 6 addetti su 10 sono donne per un totale di 360mila addetti.
Con la crisi cambiano i consumi e le attività commerciali si trasformano. E' questo un fenomeno che investe tutta la filiera del "fuoricasa", ma che trova la sua massima espressione nel mondo dei bar: un comparto da sempre più dinamico e più sensibile ai mutamenti della società rispetto ad altre tipologie di locali della ristorazione.
Sta di fatto che stiamo assistendo ad un pullulare di modelli di business emergenti che nulla hanno a che vedere con il "classico" bar, per intenderci quello raccontato romanticamente nel libro cult di Stefano Benni. I format di maggiore successo ora sono altri. E seguono i nuovi stili di vita degli italiani che, in questi ultimi anni, hanno elevato le proprie aspettative.
Ecco allora la progressiva affermazione di bar pasticceria, bar gelateria, lunch bar, bar multi proposta ed evening bar. Sono tutti locali, specializzati in diversi segmenti di mercato, che cambiano pelle lungo l'arco della giornata diversificando le occasioni di consumo: dalla colazione al pranzo fino alla cena e al dopo cena.
Guardando ai consumi alimentari, il risultato di questa metamorfosi ha in parte consentito al settore di resistere meglio alla crisi rispetto ai tradizionali locali come i ristoranti e simili. Numeri alla mano, secondo l'ultimo report del Fipe (Federazione italiana pubblici uffici), risulta che la spesa delle famiglie per il "fuori casa" è stata nel 2014 di 73 miliardi di euro, di cui 18 miliardi di euro hanno riguardato i bar nelle loro diverse tipologie.
"Per capire meglio la dinamica dei consumi "fuori casa", è necessario prendere in considerazione gli anni dal 2008 al 2014 durante i quali si registra complessivamente un calo di circa 2,9 miliardi di euro a prezzi costanti, per contro la perdita dei bar si aggira indicativamente tra i 500-600 milioni di euro - osserva Luciano Sbraga, responsabile del centro studi del Fipe - . Nell'ultimo anno, invece, su un fatturato di 18 miliardi di euro la flessione è stata solo dello 0,5% al netto dell'inflazione. Questo significa che il settore ha resistito alla crisi, nonostante il robusto e progressivo processo di rallentamento della dinamica dei prezzi".
Ad oggi in Italia sono attivi 149.085 bar che danno lavoro ad oltre 360mila addetti, di cui il 60% donne, con una situazione occupazionale improntata ad una sostanziale stabilità, come testimoniano i 154.205 contratti a tempo indeterminato (il 72% dei rapporti di lavoro stipulati in questo mercato).
Lo scontrino medio è di 3,50 euro, per un totale di oltre 5 miliardi di transazioni commerciali effettuate nei bar: in particolare, la colazione vale 2,20 euro e il pranzo 6,40 euro. Analizzando invece gli acquisti per occasione di consumo si evidenzia che il 58% della spesa effettuata a colazione riguarda caffetteria e prodotti da forno, mentre nel dopocena oltre un acquisto su due è relativo alle bevande, sia alcoliche che analcoliche. Per quanto riguarda la questione prezzi e consumi, ad oggi in media un espresso consumato al bar costa 0,94 euro, un cappuccino 1,27 euro e un panino 3 euro.
La ricerca della Fipe mette in evidenza, però, che nel solo 2014 sono stati aperti 8.236 esercizi e 13.256 ne sono stati chiusi, con un saldo negativo di 5.020 imprese. Lo scenario risulta sempre variabile, con un tasso di sopravvivenza degli esercizi a cinque anni che si aggira intorno al 50%: questo significa che delle 8.000 imprese avviate nel corso del 2015 solo 4.000 saranno ancora in attività nel 2018.
"I motivi di questo fenomeno sono diversi - sottolinea Sbraga - . Innanzitutto, gli alti costi degli affitti nelle aree urbane che, aggiunti a quelli sui rifiuti cresciuti del 400% con il passaggio dalla Tarsu alla Tari, hanno costretto molti esercenti a chiudere. Poi, la frammentazione del settore con il proliferare nelle città di punti di consumo take away, con spazi ridotti e privi di servizi, che hanno in media una durata di vita minore rispetto ai locali tradizionali. Infine, l'eccessivo numero dei punti di ristorazione in Italia rispetto alla densità della popolazione: 426 su 100mila abitanti contro una media europea di 306".
Parlando della ripartizione territoriale lungo lo Stivale, ben il 17,1% del totale dei bar si concentra in Lombardia con oltre 25.000 esercizi; si segnalano inoltre i 15.187 bar del Lazio (10,2% del totale) e i 13.859 della Campania (9,3% del totale). Il primo gradino del podio per concentrazione di bar spetta alla Valle d'Aosta, che risulta l'unica regione con un saldo positivo tra aperture e chiusure (515 bar sul territorio con un indice di densità per mille abitanti del 4%); seguono Sardegna (5.056 esercizi con un indice di densità del 3,1%) e Liguria (5.601 bar con un indice di densità del 3,5%). Fanalino di coda la Sicilia, con 8.153 bar e un indice di densità che si attesta solamente all'1,6%.
Considerando infine il rapporto tra imprese iscritte e imprese cessate, con segno meno per tutte le regioni ad eccezione della Valle d'Aosta, il saldo risulta particolarmente negativo per quanto riguarda Piemonte (625 imprese iscritte e ben 1.189 imprese cessate), Emilia Romagna (697 contro 1.153), Lazio (624 contro 1.031), Veneto (759 contro 1.161).
Fonte:http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/economia/rapporti/osserva-italia/stili-di-vita/2015/05/09/news/la_crisi_e_i_consumi_fuori_casa_soltanto_i_bar_resistono-113974900/