Franchising, retail, business
22/06/2015
Silvia Amelia-Bianchi mi scrive dalla Svizzera. Le lascio la parola.
Non è facile spiegare perché abbiamo deciso di prendere baracca e burattini (nel nostro caso famiglia e attività) e di lasciare l’Italia.
Diciamo che dopo 13 anni di Germania divisi tra Monaco e Colonia, dove sinceramente siamo stati DIVINAMENTE – ed è facile starci bene, basta liberarsi dall’approccio “mammà mi stiri la camicia”, tirarsi su le maniche e trovare la propria strada con le proprie forze – tornare in Italia e restarci per 7 anni ci ha massacrati sotto tutti i punti di vista.
Siamo tornati nella speranza che in 13 anni il Paese si fosse sviluppato sia in termini di infrastrutture sia di rispetto per la nostra infinita natura e cultura a tutela della sua incantata bellezza.. che disillusione quando invece abbiamo trovato il terzo mondo.
L’unica nota positiva di questi sette anni è stata la nascita di nostra figlia, del tutto inattesa perché definita quanto mai improbabile dai medici.
E’ proprio lei in assoluto il motivo principale per cui dopo sette anni ce ne siamo nuovamente andati: è davvero amaro, alla resa dei conti, rendersi conto che il proprio Paese, SIC STANTIBUS (incipiente declino socioeconomico quasi da guerra civile, decadimento totale della più basilare morale, responsabilità sociale pari a zero e in peggioramento), non è assolutamente in grado di assicurare un minimo di serenità a noi né un futuro ai nostri figli.
La scelta non è stata facile, pur non appartenendo alla specie “muoio dove nasco”, quando siamo tornati in Italia nel 2005 pensavamo di restare.
Ci abbiamo messo un buon anno e mezzo per decidere: il problema più ammorbante di tutti è il fatto che in Italia ogni sacrosanto giorno c’è una “novità”!
Tu non ti alzi con ottimismo chiedendoti cosa ti porterà di bello la giornata, sai già che ci sarà qualcosa di nuovo e che non sarà una notizia positiva!
Che si tratti dell’ennesimo call center che ti deve per forza vendere qualcosa, di una nuova tassa, del nuovo scandalo politico, dell’ultimo spreco di fondi pubblici, del visibile effetto del degrado cittadino, provinciale, regionale, nazionale, delle conseguenze del taglio di fondi alle scuole, dell’ennesimo tratto di asfalto danneggiato che ti buca la gomma se non ti rompe l’asse e quant’altro, ditemi voi per favore come si fa a svegliarsi fiduciosi nel proprio Paese (che è comunque “socio” dei liberi professionisti che pagano le tasse – ben specificato – per un buon 70% del fatturato – tra spese non deducibili sebbene aziendali, inps, e tasse).
Camminando per strada in Italia, uguale dove, solo pochissimi (per lo più turisti) hanno il sorriso sulle labbra, e se sono italiani ti chiedi – se lo fanno – perché!
No, non è a QUESTO Paese che affido il futuro di mia figlia, né è in QUESTO Paese che possiamo continuare a “investire” il 70% del nostro fatturato in tasse e contributi per servizi mai resi e – al contrario – danni arrecati, da chi eletto o non eletto semplicemente non rappresenta il suo popolo ma il proprio portafoglio (parliamo per esperienza diretta di casi di corruzione da voltastomaco).
Una volta presa la decisione di lasciare il Paese, ci abbiamo messo relativamente poco a scegliere la nostra meta.
Pur avendo clienti esteri e non necessitando di un’attività stanziale con negozio o similari, gran parte dei nostri servizi gravitano attorno alle redazioni del nord Italia.
Frapporre troppa distanza tra la nostra nuova “abitazione” e la Lombardia ad esempio, avrebbe implicato ricostruire gran parte della nostra attività.
Sinceramente dopo sette anni di Italia non ne avevamo le forze.
Inoltre nostra figlia parla (ancora) solo italiano, inizia a settembre le elementari, non volevamo scioccarla spostandoci in un luogo di cui non comprende la lingua.
Ci siamo quindi “accontentati” di “saltare” oltre frontiera e siamo ora nei pressi di Lugano.
Ci fosse stato sinora uno qualunque dei nostri conoscenti o anche amici italiani (a livello personale o professionale) che non ci abbia detto “lo farei anche io se potessi”. Seguono poi lunghe spiegazioni su vincoli di natura “familiare” (e poi chi mi cura il pupo) o scolastica (ma gli amichetti a scuola..) o lavorativa (pur essendo tutti insoddisfatti del lavoro, del trattamento economico, delle tasse..) o le amicizie, come se altrove uno non potesse trovare persone simpatiche! Non so spiegare quanto odio questa ipocrisia.
Venire in Svizzera, al di là dei pochi chilometri che la separano dall’Italia, non è comunque stata una passeggiata!
Timorosi del rapporto con la pubblica amministrazione italiana, pensando di incappare nelle stesse difficoltà e lungaggini, abbiamo inizialmente richiesto preventivi ai numerosi “fiduciari / commercialisti” disseminati tra Chiasso e Lugano.
Con un certo stupore abbiamo riscontrato che, – italiani “frontalieri” o svizzeri indistintamente – i “fiduciari / commercialisti “ che promettono di “occuparsi di tutto”, paiono aver trovato una nicchia di business particolarmente promettente: ti chiedono somme spropositate per richiedere i permessi e aprire la ditta, spaventando i “migranti” con “paletti” e “difficoltà” e “ti faccio avere io il permesso che ho i contatti”.
Lasciate perdere!!
E’ vero ci abbiamo rimesso del tempo (per il permesso, la ditta l’abbiamo aperta nello spazio di esattamente 20 minuti con 350 CHF circa, portando passaporto e contratto d’affitto), ma abbiamo risparmiato qualcosa come 5000 € e alla fine ottenuto tutto quello che ci occorreva.
State attenti.
Nel caso di richiesta di permesso di soggiorno, chi fa da sé fa per tre!
Alla fine, per impegni nostri che limitavano le nostre risorse ci abbiamo messo 6 mesi per poter finalmente depositare la richiesta di permesso B (residenza e lavoro) il giorno dopo esserci trasferiti in Svizzera, e 3 mesi dalla richiesta per averlo fisicamente, ma dopo varie telefonate abbiamo scoperto che alle autorità di Bellinzona è assolutamente noto che quel particolare ufficio “stranieri” non sia il massimo in termini di affidabilità degli impiegati.
Al contrario, in questo specifico ufficio stranieri pare traggano il proprio divertimento nel mettere i bastoni tra le ruote a chi “vuole entrare”, il tempo perso prima di depositare la richiesta è stato dovuto in larga parte al dover tornare più e più volte perché mai ti dicevano esattamente cosa occorreva, ogni volta “mancava qualcosa”. Forse è comprensibile in parte, a fronte delle infinite polemiche sui frontalieri e sul numero massiccio di immigrati nel Paese, passato da 8000 unità una decina di anni fa ad oltre 80.000 ogni anno, un numero che la Svizzera, con i propri 8 milioni di residenti di cui 2 milioni stranieri pian pianino fa fatica a gestire a livello socio-economico (provate a pensare se in Italia su 60 milioni di “residenti” 15 milioni fossero stranieri!). Certo che comunque è spiacevole.
Altra cosa importante per i liberi professionisti: ti aprono un conto aziendale in banca solo se hai aperto la ditta, e il conto privato solo se hai il permesso di residenza e lavoro, a meno che tu non versi CHF 8000 sul tuo conto privato quando lo apri, allora te lo aprono senza permesso.
Sempre in termini di incartamenti e registrazioni, permesso di soggiorno a parte, fortunatamente abbiamo trovato impiegati comunali e altri addetti (cassa malati, assicurazione pensionistica, ufficio assegni familiari ecc.) che invece sono stati rapidissimi, spesso ci hanno rassicurati e ci hanno fatto sentire parte di un “tutto”, una sensazione che in Italia non abbiamo mai avuto!
In che film ti scrive il sindaco insieme al direttore del plesso scolastico, firmando a mano la lettera, per dirti che la bambina viene accettata con piacere all’asilo e che sarebbe carino se la bambina venisse portata all’asilo a piedi, vista la vicinanza, sia per motivi ecologici, sia perché la passeggiata è più stimolante per la bambina.
Ma neanche nei comuni di montagna italiani, semi disabitati con forse 200 anime dove un bambino è un miracolo!
Dove si è mai visto che l’impiegata comunale ti dica “signora non si preoccupi, la richiesta l’ha fatta, il permesso arriverà, noi comunque registriamo tutta la famiglia” e ci emette in quattro e quattr’otto un certificato di residenza per permetterci di stipulare l’assicurazione sanitaria (che altrimenti, senza permesso non ti danno! Un gran pasticcio specie per la bambina), e tante altre piccole cose, che ti fanno capire che, a partire dal comune fino agli enti statali che in Italia sarebbero semplicemente irraggiungibili, non sei un numero o un pecorone, ma un contribuente e come tale rispettato.
Comunque si, è vero che la burocrazia svizzera è inquadratissima a volte in modo contraddittorio, tanto che pare spesso che il cane si morda la coda, ma una volta sbrogliata la matassa (basta fargli capire che uovo e gallina non vengono mai insieme uno dei due deve necessariamente arrivare per primo) tutto funziona e quando tutto funziona in poco tempo si risolve tutto, nella più assoluta precisione.
Nelle prime settimane, per distrarci dalle tipiche novità quotidiane italiane abbacchianti, leggevamo i giornali locali e guardavamo i telegiornali delle varie aree linguistiche.
A parte le polemiche di cui sopra, i crimini più efferati e preoccupanti in Ticino erano furtarelli.
Addirittura nel caso di due furti in villette, i criminali sono stati identificati grazie alle segnalazioni degli stessi cittadini. In Italia se chiami perché hai visto qualcuno appostato per qualche tempo vicino alla villetta derubata, ti ridono in faccia.
Qui non comunicarlo è irresponsabilità sociale.
Oppure noi con la targa italiana che buttiamo la nostra pattumiera nell’eco-area di fianco a casa (comodissime mini piattaforme ecologiche per la differenziata mai viste altrimenti) e un ticinese che ci chiede perché buttiamo la pattumiera lì, essendo un servizio per residenti.
“Pedante” direbbero in molti “si facesse gli affari propri”.
Qui invece la gente lo chiama “tutela dei propri diritti”: gli abusivi fanno salire il prezzo della gestione dell’eco-area con un danno economico per tutti i residenti.
O ancora un autista di camioncino che scende dal proprio mezzo per redarguire il furbo (con targa ticinese) di turno infilatoglisi davanti in malo modo scavalcando la coda.
Bussa al finestrino e una volta abbassato gli dice “Non si fa!”.
Anche lui avrebbe potuto farsi gli affari suoi.
In Italia rischiava botte o una coltellata da parte del furbastro, qui in Svizzera il furbastro si è reso conto di aver fatto una brutta figura (anche perché tutti quelli in coda hanno visto la scena) e ha cambiato proprio strada appena ha potuto.
Ci sono scandali anche qui (spesso purtroppo lasciti di aziende italiane per lo più – incredibile!), gravosi per gli Svizzeri, ma di entità per noi ridicola, visto ciò a cui siamo abituati.
E se vai in giro per la Svizzera alla scoperta dei suoi tesori, sono ben poche le persone che incontri per strada che – nei piccoli comuni – non ti augurano buon giorno o che non sorridono.
Novità quotidiane della natura di cui sopra? Nessuna!
Call Center aggressivi che ti chiamano ogni due minuti? Nessuno!
Se ti vogliono proporre un servizio, prima ti mandano una lettera personale! Meraviglioso.
Solo il fatto di sapere che abbiamo alle spalle un Paese solido, che, a livello sociale e sanitario non lascia indietro nessuno, ci dà tranquillità.
Ci è chiaro che – come liberi professionisti – se nel primo anno perdessimo tutti i nostri clienti ed entro sei mesi non ricominciassimo a guadagnare – ci butterebbero fuori (almeno così ci hanno detto, se fossimo impiegati il discorso sarebbe diverso, lo sanno bene gli italiani e altri stranieri che si sono ben approfittati di questa cosa negli scorsi anni e continuano a farlo), ma beneficiamo comunque di servizi e infrastrutture di un valore ben superiore a quello che il Paese ci chiede tramite contributi e tasse (comunque irrisori! C’è da sognare rispetto all’Italia e – a dirla tutta – anche rispetto ad altri Paesi dell’Europa continentale).
Addirittura riceviamo gli assegni familiari (mai visti in Italia) e come liberi professionisti scarichiamo un importo forfettario annuale a cinque cifre per nostra figlia, on top degli assegni familiari, altro che i cento euro al mese e spese mediche al 18% solo se si supera la somma di “franchigia”!!
L’asilo e la scuola sono gratuiti (certo ci sono quelli privati come in Italia) ma non solo: tutto il materiale didattico (libri, quaderni, addirittura gli accessori per l’astuccio tra cui matita, temperino, colori!) viene fornito gratuitamente dalla scuola!
La pubblica amministrazione non ti guarda dall’alto in basso con la supponenza tipica dell’italianissimo “tu non sai chi sono io”, stranamente invece lo fanno gli italiani immigrati magari da 10 anni o addirittura di seconda generazione, che si sentono evidentemente “migliori” e ti guardano dall’alto in basso (poverini! Fortunatamente non sono tutti così).
Ridicolmente per un Paese infrastrutturalmente così avanti, in Ticino l’architettura sembra essersi fermata agli anni 80, a parte nuove costruzioni un po’ più moderne, lo stesso dicasi per i ristoranti (carissimi!! Ma comunque commisurati al livello degli stipendi locali), che come preparazione sono molto orientati ai gusti tedeschi (salse molto pannose / formaggiose, piatti molto ricchi) e per i tagli di capelli o – per le signore – le cure estetiche.
Nella gastronomia in generale manca il “senso del servizio”, i supermercati svizzeri costano come da noi le farmacie, e non parliamo delle farmacie!
Non ti danno neanche i comuni farmaci da banco senza ricetta o senza minaccia di morte (nel nostro caso l’ampolla di acqua fisiologica con cui puliamo il naso alla bambina se è raffreddata).
Ma quando si supera la dogana di Chiasso, in primavera / estate, l’autostrada profuma, in generale non c’è una carta per terra, se c’è un parco o un’area verde è curatissima, e mantenuta tale anche dai residenti, perché è un bene di tutti.
Niente cacche di cane e pochissime cicche di sigaretta per terra (specie in Svizzera interna), soprattutto niente passaggi o sottopassaggi puzzolenti di urina umana, muri con evidenti tracce di pipì animale, pochissimi graffiti, in generale pochi stabili “sgarrupati”, strade super curate (anche fin troppo ahhahha) e nel 2017 l’apertura della TAV con cui fare Lugano-Zurigo in un’ora, al posto delle 2,5 o 3 in macchina a seconda del traffico. Grandi!
Fuori da qui si parla tanto della rigidità Svizzera (di cui comunque non abbiamo ancora fatto le spese, né ne abbiamo chissà che riscontro).
E’ vero che se una cosa è così, tale resta e c’è poco da fare, ma in questo modo uno Stato risulta anche affidabile e non una banderuola al vento! Da quando siamo qui (ormai 8 mesi) abbiamo la convinzione di aver riguadagnato anni di salute, e secoli di serenità.
Se va tutto bene, nostra figlia, finora “unica”, a gennaio p.v. avrà un fratellino o sorellina. Come per lei, anche questa gravidanza non ce la saremmo mai aspettata (e peraltro non siamo più giovanissimi!) sebbene fosse indubbiamente desiderata.
Già anche solo per averci restituito lo stato di “grazia mentale” necessario, siamo grati a questo Paese, che dista solo pochi chilometri dal nostro ma che è così inspiegabilmente diverso.
Grazie Silvia e buon proseguimento in Svizzera!
Fonte:http://www.italiansinfuga.com/2014/08/12/andiamo-a-fare-i-liberi-professionisti-in-svizzera/?awt_l=JjIis&awt_m=IoyQYpfOI9H3bG#