Franchising, retail, business
26/07/2016
L’ex avvocato spendeva l’immagine dello storico Caffé Platti per aumentare la propria credibilità e chiedere di non incassare assegni poi risultati scoperti
Abiti di sartoria, calze e cravatte sempre studiate, scarpe su misura. Lo stile innanzi tutto. Certo, l’azienda era andata a catafascio e aveva trascinato nel fallimento la storica insegna «Platti». Ma che vuol dire? Ci sono abitudini che diventano esigenze. Irrinunciabili. Questione di stile, appunto. Poco importa se l’avvocato Alfredo Cardigliano, 49 anni, aveva il portafogli vuoto. Lui voleva continuare a vivere come ai bei tempi, quando parcheggiava la fuoriserie davanti al caffè inaugurato nel 1870, con specchi e stucchi ammirati da personaggi come Cesare Pavese, Luigi Einaudi Mario Soldati. L’immagine del locale era diventata un po’ anche la sua. E ne ha approfittato finché ha potuto. Anche dopo la sentenza di fallimento, che a gennaio del 2015 ha fatto abbassare la saracinesca del caffè vicino alla panchina dove fu presa la decisione di fondare la Juventus, nel 1897. Poi, il locale è finito nelle mani di Andrea Long, già proprietario della «Jet Hotel». Ma questa è un’altra storia.
Il debito
Già, Cardigliano continuava a entrare in un piccolo tempio dello stile come «Sir Wilson» in via Roma per «rinfrescare» il guardaroba. Viveva di reputazione. Per questo, nessuno ha fatto questioni quando ha pagato con assegni posdatati. Dicembre 2015, gennaio e febbraio 2016. Acquisti per 10 mila e 800 euro. Imprenditore, avvocato. Non poteva essere un truffatore. Ma qualche dubbio è sorto dopo gli inviti a posticipare l’incasso degli assegni ben oltre le date riportate sui documenti bancari.
E così, il titolare di «Sir Wilson» ha deciso di rivolgersi all’avvocato Claudio Strata. Ma il gioco delle tre carte è andato avanti lo stesso, ancora per un po’. Da buon avvocato, ha proposto una transazione. Via mail, tutto nero su bianco. Balle. Serviva soltanto a guadagnare tempo. Scoperto l’inganno, l’avvocato Strata ha inviato un esposto in procura per valutare l’ipotesi di truffa. «Siamo rimasti molto sorpresi dall’atteggiamento di questo ex collega, perché quando abbiamo ipotizzato una sua scorrettezza si è mostrato molto offeso. La realtà era molto peggiore, un vero e proprio raggiro fatto approfittando della fiducia che il mio cliente riponeva in lui», dice l’avvocato.
Il passato
Ma Cardigliano ha ben altre grane. È finito sotto processo a Lecce per aver raggirato una quarantina di clienti del proprio studio legale: prospettava conseguenze giudiziarie, che potevano essere scongiurate con il pagamento di qualche migliaio di euro. Fandonie. Di qui, le accuse di truffa e patrocinio infedele. L’ordine degli avvocati lo ha cancellato dall’albo, lui non ha nemmeno fatto ricorso.
Nulla che possa impensierire un personaggio come Cardigliano, conosciuto in Puglia per aver difeso in aula alcuni fiancheggiatori del boss brindisino Vito Di Emidio per la strage della Grottella (tre guardie giurate trucidate nel 1999). Tanto per capirci, in quel processo proprio Di Emidio lo accusò di avergli spillato 100 mila euro. Un affronto che gli costò un attentato nel 2002 e lo mise nel mirino della criminalità organizzata qualche tempo dopo. In confronto, una truffa è acqua fresca.