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La birra artigianale spiegata bene: (Belgian) Blond Ale

01blond ale

23/09/2016
Il racconto dello stile belga e i consigli per gli acquisti

Ci eravamo salutati con il Borgogna delle birre nel bicchiere (lo stile Flemish Red Ale) e un tagliere di formaggi sul tavolo.
La birra artigianale spiegata bene –rubrica che vi accompagna nello sconfinato mondo degli stili birrari e vi suggerisce cosa assaggiare– aggiunge l’ennesimo tassello al puzzle.

Dopo:

Helles
Pils
Marzen
Weizen
Bock
Kolsch
Berliner Weisse e Gose
Rauchbier
Blanche
Saison
Lambic
(Italian) Sour ale
Oud Bruin e Flemish Red Ale, ci fermiamo in Belgio (che qui si sta bene) per scoprire le blond ale.

STORIA

01StoriaDuvel

I racconti che scrivo con l’intento di portare del sano brio disfattista alla vostra dieta sono, in questo caso, parte di una storia recentissima.

Le blond ale (o blonde) rappresentano, in sintesi, la risposta belga all’avvento delle lager tedesche.

Contrattacco che oggi si esprime nel bicchiere con aromi caratterizzati (anche) dal contributo dei luppoli, da sorsi con maggiore secchezza e toni amari per nulla timidi.

Sono state proprio le blond ale, o meglio l’evoluzione di questo stile, a porre l’accento sul luppolo, sdoganando talvolta il suo ruolo di attore principale. E se questo è il presente, nel recente passato si trovano testimonial noti per inquadrare meglio lo stile e le odierne variazioni sul tema.

Sono gli anni ’70 e a Breedonk (nord di Bruxelles) Moortgat produce da tempo una belgian (strong, data la percentuale di alcol) ale ambrata.

Non era ancora consuetudine ricorrere a malti chiari base (così detti perché utilizzati da soli o comunque predominanti nella ricetta) per ottenere diversi risultati nel bicchiere, almeno fino a quel momento, quando appunto le aggressioni del mercato tedesco iniziano a modificare i consumi.

Lavorano quindi sul loro prodotto di punta, la Duvel, l’archetipo di blond ale (oggi definite strong belgian ale).

Una birra chiara, corposa e alcolica, dall’ampio bagaglio aromatico e dall’amaro contenuto.

Alle versioni più alcoliche si aggiunsero quelle con minor alcolicità e corpo (Bink di Brouwerij kerkom per esempio), sino ad arrivare al presente più secco e amaro di De Ranke e De la Senne, sempre per citare esempi noti.

I due mondi (strong e non) hanno oggi identità separate.

COSA CARATTERIZZA LO STILE

Provo a descrivervi le versioni odierne, semplificando come sempre, con il mal celato intento di farvi venire sete. Nel bicchiere troverete qualcosa di simile a questo:

ASPETTO: schiuma abbondante e cremosa, di colore tra il bianco e l’avorio, con buona persistenza. Birra solitamente abbastanza limpida, di colore dorato (da chiaro a intenso);

AL NASO: l’apporto dei luppoli si esprime con note speziate (potrebbe ricordarvi il pepe) e terrose.

La componente maltata e l’essenziale lavoro dei lieviti completano il set aromatico con sentori fruttati (agrumi, frutta a pasta bianca e gialla) e che possono ricordare il miele, la crosta di pane, ecc.

Aromaticità che può variare nelle versioni più luppolate, maggiormente caratterizzate dai luppoli utilizzati con generosità.

IN BOCCA: l’ingresso palesa un accenno di dolcezza, ma lascia immediatamente spazio a un sorso che risulta abbastanza secco e tutto sommato snello.

Merito anche della buona carbonazione (le bolle, sempre loro) e del finale che, nelle versioni più attuali, non lesina sull’amaro. Alcolicità contenuta (4,4 -5,5 % vol.).

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

01maltus faber blond

La selezione italiana è un fulgido esempio di come l’evoluzione dello stile strizzi l’occhio ai luppoli, non mancano però esempi più vicini alla tradizione. I prezzi, riferiti alla vendita al dettaglio e online, esclusa la somministrazione, si aggirano sui 3.50 € per il formato da 0,33 cl.

Blond – Extraomnes

Naso complesso dominato da note fruttate (agrumate) completati da sentori speziati. Secca ed elegantemente amara. Un bell’esemplare insomma, di quelli che ti fanno desiderare la seconda pinta mentre stai finendo la prima.

San Dalmazzo – Menaresta

Retaggi nostalgici nel nome (ricordando giornate bucoliche vicino a chiese per raccogliere luppoli) in questa interpretazione dove troneggia, appunto, il loertis.

Cassa d’Amante – Birrificio del Forte

Si scende ulteriormente con l’alcolicità nella golosa versione proposta dal birrificio del Forte.

Blonde – Maltus Faber

Ce ne andiamo a Genova, per assaggiare la birra bandiera di Massimo Versaci.

Cavallina – Birrificio Valcavallina

L’idea di blonde di Renato Carro, una delle sue prime creazioni prodotte a Endine Gaiano, gaudente paesello della Val Camonica in provincia di Bergamo, dove ha sede il birrificio. Naso erbaceo fresco e fruttato, corpo snello e finale moderatamente amaro. Si beve facendo il paio.

La Runa – Montegioco

Me la stavo quasi dimenticando, e invece senza di lei la Quarta (..Runa, versione per cui ho sviluppato dipendenza con le pesche di Volpedo), non sarebbe certo quella cosa meravigliosa che è. Si onora il Belgio della ‘tradizione’, meno luppolato ma goloso assai. La birra di casa Montegioco.

Belgian Blonde Ale – Eders

Interpretazioni più vicine alla tradizione (quindi meno spinte sui luppoli), anche in questa bionda foggiana.

Attendo assetata i vostri suggerimenti. Mi sono persa qualche chicca in versione tricolore ispirata allo stile?

Fonte:http://www.dissapore.com/bere/birra-artigianale-guida-completa-belgian-blond-ale/

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