Franchising, retail, business
15/11/2016
Dopo la Fondazione Mast per la cultura manifatturiera, la Fondazione Golinelli per la cultura scientifica e artistica e la Fondazione Fashion research Italy per la cultura stilistica, nasce a Bologna la Fondazione Fico per la cultura alimentare.
Frutto dell’alleanza tra Caab (il centro agroalimentare di Bologna) e tre soci investitori del progetto Fico-EatalyWorld attraverso il Fondo Pai (CoopFond, il fondo per la promozione cooperativa di Legacoop, Enpav ed Enpam i due fondi di previdenza di veterinari e medici), la Fondazione sarà la regia delle attività formative del grande parco del cibo in costruzione alla periferia di Bologna. E ha già raccolto l’adesione dell’Alma Mater studiorum, dell’Università delle Scienze gastronomiche di Pollenzo promossa da Slow Food e del Future Food Institute.
A guidare la “Fondazione FICO per l’educazione alimentare e alla sostenibilità” è l’agroeconomista Andrea Segré e il debutto operativo avverrà il prossimo settembre, in concomitanza con l’inaugurazione della “Disneyland del cibo”: 80mila metri quadrati tra campi, fattorie, laboratori, ristoranti, botteghe dove sono attesi 6 milioni di turisti l’anno (2 milioni stranieri). E dove ogni anno si organizzeranno 5mila attività per le scuole con l’obiettivo di coinvolgere circa 100 mila studenti italiani e stranieri e i loro insegnanti. «Abbiamo già iniziato a lavorare con le scuole di Emilia-Romagna e Campania – anticipa il neopresidente Segré – e abbiamo presentato numerose domande con i bandi Ue per portare qui studenti di tutta Europa attraverso il programma Erasmus».
Un palcoscenico per la dieta mediterranea
La Fondazione dà dunque forma alla seconda gamba, quella scientifica, culturale e divulgativa legata all’educazione alimentare e ai saperi del cibo, del consumo consapevole, della produzione sostenibile. Rispetto alla prima gamba commerciale e di business che Fico deve necessariamente avere per poter sopravvivere sul mercato e che è affidata invece a Eataly World (il piano industriale stima 80 milioni l’anno di ricavi a regime tra ticket di ingresso e vendite al dettaglio). «Opereremo su tre aree: formazione e didattica per la scuola, ricerca scientifica, promozione. Vogliamo scommettere sulla possibilità – sottolinea Segéè – di invertire la tendenza planetaria verso diete di scarsissima qualità nutrizionale e altissimo valore calorico. Secondo l’OMS la scorretta nutrizione minaccia un abitante del pianeta su tre. La Fondazione promuoverà la dieta mediterranea, i modelli di produzione agricola e consumo alimentare sostenibili dal punto di vista economico, ambientale, energetico e social».
Un acceleratore per le startup agroalimentari
La Fondazione ha già attivato i primi progetti, a cominciare dal Protocollo che sarà a breve siglato con il ministero dell’Ambiente guidato da Gian Luca Galletti per collaborare in tema di educazione alimentare e ambientale, lotta allo spreco del cibo e sostenibilità all’interno della filiera agroalimentare, studiando e promuovendo best practices.
A fianco della Fondazione muoverà i primi passi, a partire dal 2017, anche il primo acceleratore di start-up dell’agroalimentare. L’annuncio, pochi giorni fa, è stato dato sempre a Bologna dal colosso cooperativo Granarolo che ha dato vita ad “ Agrifood Business Innovation Center”, mettendo insieme diverse eccellenze emiliano-romagnole: aziende agroalimentari, biomedicali, logistiche di packaging e dell’agrimeccanica. Affiancate da Regione Emilia-Romagna, Aster e Alma Mater le aziende offriranno nell’incubatore formazione, ricerca, contributi economici ma anche impianti pilota e competenze manageriali a 12 giovani neoimprenditori dell’agrifood che saranno selezionati ogni anno.